Cultura
Meno guerre meno affamati
Il Programma alimentare dellOnu assiste milioni di denutriti in 84 Paesi. Ma i conflitti assorbono il 70 per cento del suo bilancio.
Uno spettro si aggira per l?Europa (e per l?Asia, e per l?Africa, e per le Americhe, e financo per l?Oceania). Potete chiamarlo fame, penuria alimentare, inedia, denutrizione: il risultato non cambia. Al suo servizio, sette cavalieri dell?Apocalisse girano instancabili per il globo. I loro nomi? C?è il cavaliere delle alluvioni, e ci sono i suoi fratelli che portano frane, uragani, siccità, incendi, guerre, e persino malattie legate al clima e ai suoi preoccupanti mutamenti.
Un mondo alla fame, dunque. Per cause naturali, ma anche per l?intervento dissennato dell?uomo, che aggrava l?effetto devastante dei fenomeni naturali. Le cifre parlano chiaro: su una popolazione globale di 5,8 miliardi, ci sono ben 840 milioni di persone sottoalimentate nei Paesi in via di sviluppo. Che cosa accadrà allorché, nel 2050, saremo 9,4 miliardi? Investire cifre ed energie sempre maggiori sull?agricoltura potrebbe non bastare. Soprattutto se non si porrà rimedio alle altre grandi minacce che mettono a repentaglio l?umanità.
Quali sono queste minacce? In primis, gli sconvolgimenti climatici che stanno cambiando il volto del pianeta e che, secondo molti meteorologi, sono causati dall?irresponsabilità umana. E poi anche le guerre e l?azione di regimi dittatoriali, che usano cinicamente l?arma del cibo o che l?ideologia rende incapaci di sfamare le proprie popolazioni. Come ha notato l?economista indiano Amartya Sen, le carestie avvengono solo nei Paesi governati da un regime tirannico, mai nelle democrazie. La prova più clamorosa di ciò è che l?India, da 50 anni divenuta ?la più grande democrazia del pianeta?, ha sconfitto la fame. Anche se le alluvioni dei suoi fiumi e la desertificazione del Rajasthan la mettono a dura prova. Intanto però su tutto il resto del Sudest asiatico aleggia l?incubo di un nuovo tipo di fame: quella provocata dal crollo delle illusioni di ricchezza alimentate e poi prostrate dall?andamento dei mercati finanziari. Così, se la poverissima Africa subsahariana produce ora meno cibo pro capite di trent?anni fa, anche nei Paesi che cominciavano a familiarizzarsi con gli indici borsistici non si sta molto bene (vedi Indonesia, vedi Russia).
Il Programma alimentare mondiale è l?agenzia Onu in prima linea nella lotta contro la fame: una piaga che nel mondo affligge una persona su sette. Il Pam, la più grande organizzazione internazionale al mondo per gli aiuti alimentari, avviò la sua attività dalla sede centrale di Roma nel gennaio 1963. Nel 1997, con un bilancio di 1,2 miliardi di dollari, i suoi 4 mila dipendenti hanno diretto operazioni di emergenza e di sviluppo a beneficio di 53 milioni di persone in 84 Paesi.
Proprio nella sede di Roma incontriamo Pablo Recalde, ecuadoriano, 42 anni, responsabile della unità di analisi e rilevamento della vulnerabilità (Vam), speciale sezione del Pam istituita a Roma appena quattro anni fa (il Vam collabora con il Global information early warning system della Fao, con il Famine Early Warning System dell?Usaid e con molte ong). E subito Recalde ci accoglie con una domanda che non lascia scappatoie di sorta: «Se in Cina e in India accadesse qualcosa di analogo a quanto sta avvenendo in questo momento nel Bangladesh, la comunità internazionale saprebbe oggi reagire efficacemente?»
Infatti, come venire incontro alla necessità di cibo di cui avrebbero bisogno due Paesi con una popolazione totale superiore ai due miliardi di persone? Impossibile, semplicemente per mancanza di risorse. La risposta è quindi ?no?.
Eccone allora un?altra, di domanda: il mondo occidentale, Europa in testa, si rende ben conto del disastro che un così drammatico evento potrebbe comportare, a iniziare dalle ripercussioni sui suoi stessi mercati finanziari fino all?innesco di improvvisi moti di emigrazione diretti verso il ?ricco Nord?? Su questo Recalde ha i suoi dubbi.
Perciò l?obbiettivo suo e del suo staff è battere la fame sul tempo. O almeno di provarci. Studiando i comportamenti della natura e degli uomini e cercando di prevedere le situazioni di crisi almeno in tempo utile per far scattare la macchina degli aiuti alimentari. È più facile prevedere l’uomo o la natura? Difficile dirlo. Ciò che è invece sicuro è che l?uomo è sicuramente molto più cattivo verso i suoi simili di quanto, con lui, non lo sia la natura. Con le guerre, organizzate a tavolino dagli uomini, esplode anche la fame che spesso degenera in pesantissime carestie: può sembrare incredibile ma i conflitti assorbono oltre il 70% delle risorse del Programma alimentare mondiale delle Nazioni unite. Un?assurdità su cui riflettere: se non ci fosse l’uomo, forse l’uomo potrebbe sconfiggere la fame e la povertà dovuta a cause naturali.
Dottor Recalde, esiste una parte del globo che si sta sottraendo alla morsa della fame? O che almeno, in futuro, abbia buone possibilità di successo In tal senso?
«Sì, è l’America latina. ?EI Niño? ha sicuramente colpito duro sulla costa dell’Ecuador e del Perù e, nei Caraibi, Cuba, Honduras e Haiti stanno tuttora soffrendo moltissimo. Tuttavia il sottosviluppo è in questa parte del mondo più facilmente controllabile, perché si tratta comunque di zone meno povere rispetto a quelle, ad esempio, dell?Africa subsahariana e che godono anche di una maggiore coesione dei governi e stabilità dei mercati».
Nell?immediato, quale continente o quali stati vi preoccupano di più in questo momento e perché?
«Quanto al continente bisogna rispondere ancora Africa. In particolare, ci preoccupa il fatto che ogni forma di società civile, di legge, ?di democrazia? sta scomparendo senza che esistano nuove strutture di mantenimento della coesione sociale. Aiutare queste aree, specie in situzioni di emergenza, sarà sempre più complicato. E rischioso. Ma anche in Afghanistan siamo costretti ad evuacuare il nostro personale. C’è poi la Corea del Nord dove, come Nazioni unite, tentiamo di mantenere le distanze dai giochi politici in corso nel Paese per supportare al meglio la gente. Il nostro aiuto continua pertanto ad arrivare a destinazione e, da parte del governo nordcoreano, ci sono stati anche incoraggianti segnali di apertura. fra cui un ingresso facilitato per chi di noi monitorizza sul posto l?evolversi della crisi».
Come funziona il vostro lavoro di previsione e analisi di una crisi? E come vi muovete sul campo per anticipare una carestia?
Per ogni situazione di emergenza facciamo un?analisi della base produttiva. sociale ed economica del Paese dove opereremo. Utilizziamo dati secondari, presi cioè da altre agenzie Onu o ong, oppure dati satellitari e informazioni che ci provengono direttamente dal campo. Con esse realizziamo mappe molto dettagliate, che ci consentono di prendere decisioni immediate. Ma la nostra vera forza è soprattutto nella capacità logistica di distribuzionc degli alimcnti, grazie all?ottantina di uffici territoriali dislocati in tutto il mondo. Per noi, inoltre, sono sempre operative 25 navi commerciali, pronte a cambiar rotta e a portar cibo là dove serve. In genere, comunque, preferiamo acquistare generi alimentari destinati a Paesi del Sud del mondo in altri Paesi dello stesso Sud del mondo. Inoltre, per fare bene il nostro lavoro, dobbiamo conoscere a fondo anche la disponibilità di reti stradali e ferroviarie: spesso, in tal senso, siamo costretti ad aiutare direttamente i governi locali ?per guadagnarci? le vie lungo cui far correre i viveri».
È una scommessa, ma al Pam ci stanno provando. Con grande passione. Perché in gioco, in questo pianeta dove tutto è ormai strettamente interconnesso (dalle crisi politiche a quelle finanziarie, per arrivare a quelle sociali e umanitarie), è la sopravvivenza di tutti. No, davvero in un mondo in cui 200 milioni di bambini sotto i cinque anni crescono rachitici per carenza di cibo, dove un milione di bambini muore ogni anno per mancanza di vitamina A, nessuno ha il diritto di chiamarsi fuori.
Le cifre della fame…
Bambini sotto i cinque anni
che crescono rachitici
per carenza di cibo 200 milioni
Bambini che nascono
ogni anno sotto peso
per denutrizione materna 20 milioni
Bambini che presentano
deficienze di vitamina A 40 milioni
Bambini che muoiono
ogni anno per
mancanza di vitamina A 1 milione
Bambini che diventano
ciechi per mancanza di vitamina A 500 mila
Persone che soffrono di anemia
per deficienza di ferro 1,6 miliardi
Persone a rischio di ritardo mentale
o con scarse capacità lavorative
per deficienza di iodio 1 miliardo
…e i Paesi
- AFRICA
- Angola, Burkina Faso, Burundi, Camerun, Ciad, Congo, Eritrea, Etiopia, Gambia, Guinea Bissau, Liberia, Malawi, Mauritania, Mozambico, Niger, Ruanda, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sudan, Uganda e Zambia.
- AMERICA LATINA
- Brasile, Cuba, Ecuador, Messico, Nicaragua, Perù
- ASIA
- Afghanistan, Azerbaigian, Bangladesh, Cambogia, Corea del Nord, Filippine, Indonesia, Iran, Iraq, Yemen, Laos, Nepal, Pakistan, Sri Lanka, Tagikistan, Thailandia
- EUROPA
- Albania, Armenia, Georgia, Paesi dell?ex Jugoslavia.
Fonte : World Food Programme
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