Volontariato

Quei silenzi sul sinodo africano. Una vergogna per l’informazione

Zanotelli: «Malati di provincialismo»

di Giuseppe Frangi

Come  scrive Lucio Brunelli nella sua rubrica Pani e pesci sul numero di Vita Magazine in edicola questa settimana, il discorso di Benedetto XVI di apertura del Sinodo della chiesa africana, ha meritato un editoriale di Le Monde e neppure una riga sulla grande stampa italiana. Eppure il papa aveva usato categorie semplici e destinate a fare breccia anche nella sonnolenta opinione pubblica (perché questa è la scusa che i giornali prendono: non interessa ai lettori….): aveva parlato di una nuova colonizzazione da parte del mondo ricco, di segno culturale e anche materiale.

Un silenzio che è stato denunciato ieri da padre Alex Zanotelli (nella foto): «È urgente combattere il provincialismo della stampa italiana nei confronti dell’Africa» ha detto  durante un incontro dell’Osservatorio sul Sinodo Africano promosso dalla CIMI, la Conferenza degli Istituti Missionari e dall’Ucsi Lazio.  

Martedì, durante i lavoro del Sinodo, si è registrato un episodio drammatico ed emblematico che è stato un’altra volta silenziato dai media: la violenza e il terrore sono entrati drammaticamente nell’aula del Sinodo, attraverso la denuncia di mons. Francois Xavier Maroy Rusengo, Arcivescovo di Bukavu, nella Repubblica democratica del Congo, che ha annunciato di dover lasciare i lavori dell’assemblea per tornare al fianco delle sue comunità minacciate. «Mentre prendiamo la parola in queste riunioni, gli agenti pastorali nella nostra arcidiocesi vengono attaccati dai nemici della pace». «Una parrocchia è stata incendiata lo scorso 2 ottobre – ha raccontato il presule –, i sacerdoti sono stati maltrattati, altri presi in ostaggio da uomini in uniforme che hanno preteso un grosso riscatto che siamo stati costretti a pagare per risparmiare la vita dei nostri sacerdoti. La Chiesa», ha affermato Rusengo, «è rimasta l’unico sostegno di un popolo terrorizzato, umiliato, sfruttato, dominato che si vorrebbe ridurre al silenzio». Una Chiesa che lavora attivamente per la riconciliazione dopo le guerre e le violenze che hanno sconvolto la parte orientale del Paese con la consapevolezza che «la riconciliazione non possa più limitarsi semplicemente ad armonizzare le relazioni interpersonali».

Una testimonianza drammatica, che in presa diretta ha fatto toccare con mano quale è la condizione in cui vive una parte del continente nero. Eppure non è stata ritenuta una notizia degna di spazio da parte dei media. Non è questione che dovrebbe entrare nel dibattito sulla libertà di stampa? Non  dovrebbe soillevare domande sulla deontologia del giornalista? Ma purtroppo quel dibattito è un dibattito buono per i salotti dei poteri e finalizzato ai loro particolarissimi interessi. La realtà come sempre resta fuori dalla porta.

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