Welfare

Se anche i detenuti diventano volontari

Anche i detenuti diventano volontari!!!

di Cristina Giudici

Chi le scrive è un detenuto del reparto Area Verde del carcere di Secondigliano di cui avrà già sentito parlare. Nella nostra sezione i detenuti sono seguiti da quattro comunità. Con i loro operatori abbiamo formato dei gruppi settimanali . Inoltre ci sono degli educatori e psicologi e diversi volontari di associazioni che lavorano al progetto Girasole. Il nostro è infatti diventato un reparto modello, ma purtroppo lo sappiamo solo noi perché nessuno ci conosce e quindi tutti i nostri sacrifici rimangono un segreto all?interno di queste mura, sconosciuto ai più, anche perché il magistrato di sorveglianza di Napoli non vuole avere nessun dialogo con noi e non riconosce la nostra struttura, che opera nel campo del reinserimento e recupero dei tossicodipendenti. Faccio parte del gruppo di lavoro della sezione Girasole e dalla mia esperienza ho capito quanto sia necessario l?appoggio di tutti per promuovere le nostre idee. Visto che lo Stato usa il carcere come sacca di contenimento, noi vorremmo proporre delle alternative al sistema detentivo, ormai prossimo al collasso, e realizzare iniziative concrete per favorire il reinserimento di persone che altrimenti, una volta fuori, verrebbero riassorbite dal sistema criminale Noi pensiamo che si possano utilizzare risorse umane che, con un?accurata valutazione messa a punto dagli operatori presenti all?interno degli istituti contribuirebbero in parte a ridurre il tessuto della microcriminalità. Perciò riteniamo che un? assemblea di associazioni pubbliche e private, laiche e cattoliche, con la partecipazione di esponenti del comune di Napoli e della magistratura di sorveglianza, potrebbero creare la necessaria sinergia per intervenire sulla devianza e l?esclusione sociale che produce continuamente nuovi detenuti. Bisogna stimolare la cultura del lavoro all?interno del carcere attraverso le attività formative, borse di studio, corsi di formazione professionale Inoltre la nostra sezione non naviga nell?oro e vorremmo, se possibile, avere delle copie omaggio di Vita. Qui siamo tutti tossicodipendenti perciò capirà la nostra situazione economica. La ringrazio. Giuseppe de Pasquale, Napoli Il progetto Girasole ci è noto, anche perché recentemente abbiamo pubblicato la lettera di Nunzio Miranda in cui raccontava come ha potuto modificare il corso della sua detenzione anche grazie alla vostra attività . La documentazione che lei mi ha inviato è disponibile per i lettori o associazioni interessati a lavorare nel campo del reinserimento dei detenuti. Se ho capito bene, inoltre, il vostro lavoro è molto significativo in quanto avviene all?interno di un carcere ?duro?, dove la parola reinserimento è una parola speso gettata al vento. Nel frattempo le faccio molti auguri e le prometto che le manderemo copie di Vita. Sarà il suo sorriso raffigurato nella rubrica di Vita o il fatto che il suo settimanale ci dia accesso per esprimere e per scrivere qualcosa di pur non ancora ben definito da questo osservatorio di esclusi…beh è per questo che oggi le scrivo. Il 27 agosto ?98 ho trovato su un quotidiano economico un bel sondaggio sui giovani d?oggi. Si descrivono i trentenni del Duemila come una generazione senza ideali, identità, appartenenza politica. Si afferma che essi identificano il male con la politica, il bene con la magistratura e le forze dell?ordine, ma, allo stesso tempo, si slanciano verso estremismi politici solo perché essi riflettono una rottura con le istituzioni. Io sono di questa generazione e, sebbene mi trovi in carcere da qualche anno per dei reati di grave allarme sociale, sono comunque contento di scriverle ed essere legittimato a pensare e ad esprimermi nella sua rubrica.Qui dentro ho sentito parlare di cose come essere buoni, accettare quello che ci circonda rassegnandoci a essere sempre dei mediocri e a pensare che, una volta rimessi in libertà, dovremo vivere magari sotto la protezione di quelli che si occupano delle categorie deboli. Io sono refrattario alla condizione di ?minorato? da tutelare per la vita. La realtà carceraria è un concentrato dei peggiori squilibri, una realtà quotidiana che sostituisce quella normale. A salvarmi da questa catacomba ci sono stati solo dei brevi interventi saltuari di persone appartenenti ad altre sfere della società: l?università, i rapporti personali con chi sta fuori e soprattutto un po? di ironia. Oggi, leggendo che i miei coetanei hanno una visone del tutto pessimistica, penso che abbiano un?interiorità sterile. Sono una persona che ha aspettato in carcere una legittimazione che non è mai arrivata. Scrivo questo sulla base della mia esperienza , il carcere, dove sostenere un rapporto pari con il mondo esterno o una relazione con l?amministrazione penitenziaria fatta anche di diritti sia sinonimo di arroganza. Qui lo scambio avviene sulla base della carità cristiana o sulla discriminazione nei confronti del detenuto. Perciò credo che nonostante il carcere, vivere serva a reinserirsi. Luigi Fontana, Voghera


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