Politica

Volontariato, quasi un mandato da Napolitano

Editoriale

di Giuseppe Frangi

C’è una bella consonanza tra le parole che leggiamo di Guido Bertolaso e quelle pronunciate dal presidente Giorgio Napolitano, lo stesso giorno, davanti ai vertici dell’Ail, ricevuti per il quarantennale dell’associazione. Il capo della Protezione civile, nella lettera che pubblichiamo qui a fianco, dichiara con franchezza e quasi con durezza di non «prender parte al gioco inutile delle polemiche»: perché chi fa è consapevole del tanto che manca da fare. Napolitano gli ha fatto eco con un bellissimo e istintivo elogio del volontariato rappresentato dall’associazione che tanto ha fatto per aiutare i malati di leucemia nella loro lotta. «L’Italia del volontariato, dell’impegno civile non partigiano, è l’Italia migliore», ha detto il presidente. Una sottolineatura importante, giusta, che Napolitano ha voluto poi ulteriormente precisare. Il volontariato, ha detto, lavora per «l’interesse comune, senza subire condizionamenti particolari e senza dare spazio allo scontro politico».
Sono parole su cui davvero riflettere. Era da un po’ di settimane che il presidente della Repubblica mostrava un risentimento, non più camuffabile, contro la rissosità della politica italiana. A fine settembre aveva richiamato i parlamentari europei a non ridurre quell’assise continentale a «cassa di risonanza delle polemiche della politica interna». Poi aveva ripreso seccamente Berlusconi per il suo ingiustificato attacco all’opposizione sull’Afghanistan. Alle polemiche di uno sbraitante Di Pietro ha voluto dare una risposta secca ma defilata: «Certe affermazioni che arrivano da forze politiche organizzate lasciano di stucco (…). Che senso ha continuare ad agitare certe richieste, qual è lo scopo?». Di fronte alla tragedia di Messina non ha ceduto alla retorica: «Non si possono coprire le responsabilità di quanti si sono nel corso di lunghi anni avvicendati nella guida delle regioni meridionali». Per poi concludere: «I meridionali devono governare meglio il Sud».
C’è un filo conduttore importante in queste dichiarazioni. È la presa di distanza dall’Italia rissosa, malata di partigianeria, condizionata dalla politica e dai suoi cavalier serventi dell’informazione. Napolitano avverte il pericolo che questo veleno contamini l’azione di chi costruisce e lavora nel sociale. La ferocia dello scontro tra i poteri bipolari ha infatti superato i livelli di guardia. Per questo l’unica garanzia è dare un mandato a quell’Italia capace di «un impegno civile non partigiano».
Per il volontariato è un grande riconoscimento. Ma che comporta anche un’enorme responsabilità. Quella che è stata etichettata sempre come un’Italia generosa ma marginale, viene chiamata a un compito di “ricivilizzazione” del Paese. In questo senso la lettera di Bertolaso è la testimonianza, anche umanamente toccante, di un uomo che avrebbe potuto essere assorbito dalla logica dello scontro politico e che invece nel dolore incontrato, nei bisogni immensi a cui ha dovuto trovare risposte, ha trovato un’altra dimensione per se stesso. «Sono aquilano per scelta», ha scritto. Ed è quasi una dichiarazione di una nuova appartenenza. Dalla parte della realtà e non della politica.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA