Non profit

Fondi in pole position

La crisi ha fatto emergere ancor di più le ottime performance dei fondi etici. Che convengono e convincono

di Maurizio Regosa

Evidentemente stanchi di sentirsi ripetere la solita domanda («ma davvero conviene investire in fondi etici»), Banca Popolare Etica ed Etica sgr hanno organizzato a Roma, presso la sede di rappresentanza del Banco popolare un seminario dedicato a Efficacia ed efficienza dell’azione dell’investitore etico (cui hanno partecipato fra gli altri Fabio Salviato, presidente di Banca Etica, e Alessandra Viscovi, direttore generale di Etica sgr).

Ottimi risultati

Un’occasione per confrontarsi con una platea qualificata di investitori istituzionali e responsabili del collocamento dei fondi e rendere noti non solo i risultati davvero ottimi dell’ultimo anno (con la raccolta in crescita del 10%, con un tasso di crescita del credito che si attesta sul 5%, superiore al sistema bancario, con quasi un milione di soci e circa 200mila nuovi clienti nel sol 2008), ma anche per condurre un ragionamento sulle opportunità di crescita collettiva legate a una prospettiva etica degli investimenti.

Ragionamento solo in apparenza lontano dalla realtà: in assenza di riferimenti teorici, nelle scuole di formazione dei quadri bancari e poi nella pratica quotidiana, si finisce con il percorrere sempre le stesse strade. Che magari ti fanno inciampare in costruttori di armi, in società che non rispettano i diritti umani e via dicendo… (raggiungendo così l’efficienza dei mezzi ma non l’efficacia, che comprende anche i fini).

Dunque la mattina è stata ripartita secondo queste due direttrici: i modelli teorici di riferimento (con due interventi assai interessanti, di suor Helen Alford, preside di Scienze sociali presso la Pontificia Università Tommaso d’Aquino, e di Leonardo Becchetti, docente di economia politica sempre a Roma) e alcuni casi concreti.

Alcuni spunti teorici

Definire la teorica della responsabilità sociale d’impresa (e dunque, conseguentemente, il paradigma concettuale entro cui definire l’eticità di un fondo o di un investimento) non è faccenda di poco conto. Nei secoli molti vi hanno provato – ha spiegato suor Helen – riuscendo però a dare risposte parziali già al tempo in cui furono elaborate. Figuriamoci oggi con la post-modernità che ci caratterizza: quelle risposte sono diventate oltre che parziali, obsolete. Non per questo hanno perso la fecondità: dalla teoria kantiana, ad esempio, si può estrapolare il concetto di contratto sociale e farlo “esplodere” attraverso una concezione più contemporanea dell’identità della persona umana. Che è sì individuo ma anche relazione. Sino a fare incontrare questa visione con l’idea di bene comune. Dall’altro lato, è Becchetti, si è sottolinea la portata sociale di comportamenti più responsabili, in termini anche di soddisfazione e di felicità. È il famoso voto con il portafogli, quello che sta caratterizzando sempre più il cittadino-consumatore, sempre più desideroso di incidere sulle scelte della aziende che premia (lo sanno bene in Gran Bretagna dove grazie a una sorta di contagio positivo, Fairtrade è riuscita a conquistare il 30% del mercato delle banane, spingendo anche le multinazionali concorrenti a scelte più etiche). Sullo sfondo di entrambe queste riflessioni, la recente Caritas in Veritate.

Qualche caso empirico

Nella seconda parte della mattinata, il tavolo è diventato concreto e ha riferito alcuni esempi particolarmente interessanti. Quello di Etica sgr, anzitutto: ne ha parlato Daniela Carosio dando conto di alcune ricerche sulle performances dei fondi etici (risultati meno rischiosi, con minor volatilità e più convenienti di 50 punti base rispetto ai loro omologhi non etici). In particolare Carosio ha descritto il processo di selezione dell’universo investibile: con quali criteri, cioè, si decide quali azioni entreranno e quali no nell’offerta di investimento di etica sgr (la scelta all’interno di questo universo è poi condotta da un gestore, che in autonomia  decide in base ad altri criteri più economico-finanziari). Per le aziende ad esempio sono 70 i criteri da superare e riguardano l’ambiente, il sociale e la governance (40 per gli Stati, nel caso appunto di titoli di stato: sono escluse a priori le nazioni che applicano la pena di morte, ad esempio). Accanto all’esempio di Etica sgr (che di recente è intervenuta con una scelta di azionariato attivo nei confronti di Indesit, unica società italiana nel suo universo investibile, per comprendere quali scelte strategiche stesse facendo l’impresa), le esperienze della londinese Eiris e di Cooperative Asset Management di Manchester: rispettivamente Nadia Laine e Abigail Herron hanno spiegato le modalità di intervento delle loro società. Modalità che sia pure in contesti differenti si richiamano ai criteri condivisi di un movimento, quello della finanza etica, che sta acquistando sempre più attenzione e che attira un crescente numero di investitori.


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