Non profit
Ordine pubblico e sicurezza la differenza è sostanziale
Gregorio Arena: «Il primo spetta allo Stato. Per la seconda vale il principio di sussidiarietà»
di Redazione
«Temere le ronde significa rifiutare il principio che
i cittadini possano avere
un ruolo attivo nella cura
dei beni comuni».
La sicurezza infatti si caratterizza come un bene comune. Al contrario dell’ordine pubblico,
che è un servizio pubblicoGrazie al principio di sussidiarietà i cittadini possono avere un ruolo attivo non solo nella cura di beni comuni come la salute, l’istruzione, l’ambiente, etc., ma anche del bene comune “sicurezza”. Non possono invece averlo nel mantenimento dell’ordine pubblico, che non è un bene comune bensì un servizio che deve essere fornito dai soggetti pubblici. Come la pace non è mera assenza di guerra, così anche la sicurezza non è mera assenza di pericoli, bensì è una condizione generale di tranquillità nella vita quotidiana, grazie alla quale ciascuno può realizzare il proprio progetto di vita. Si potrebbe dire che la sicurezza è la pace declinata nella quotidianità. La sicurezza è un bene comune “strumentale” al pieno sviluppo ed al bene-essere delle persone, quindi garantire la sicurezza di una comunità significa adottare misure che consentono a tale comunità di poter attendere serenamente alle proprie occupazioni.
Tuttavia se è vero che sentirsi sicuri è essenziale per poter vivere civilmente e sviluppare le proprie potenzialità, è anche vero che la sicurezza non è una situazione che, una volta raggiunta, possa essere data per acquisita. Come la libertà, anch’essa non può mai essere data per scontata. Troppi sono i fattori che possono tramutare uno stato d’animo di sicurezza nel suo opposto, la paura. Per questo la sicurezza ha bisogno che tutti se ne prendano cura, come l’aria, l’acqua, l’ambiente che devono essere curati da tutti, non solo dai soggetti pubblici. L’art. 118 ultimo comma della Costituzione legittima i cittadini, applicando il principio di sussidiarietà, ad attivarsi per prendersi cura del bene comune sicurezza nel proprio territorio.
Perché allora l’intervento normativo che disciplina tale forma di impegno civico ha suscitato tante e così violente reazioni? Probabilmente i problemi sono derivati innanzitutto dalla politicizzazione di queste forme di “sicurezza partecipata” che, combinata con la scarsa conoscenza del principio di sussidiarietà, hanno prodotto una drastica reazione di rifiuto da parte di tutti coloro che non riescono ad accettare che i cittadini possano avere un ruolo attivo nella cura dei beni comuni.
Vi è poi il problema posto dal particolare tipo di bene comune oggetto dell’intervento dei cittadini. Sia l’uso del termine del tutto improprio di “ronde”, sia la confusione fra “ordine pubblico” e “sicurezza” hanno suscitato il comprensibile timore che i poteri pubblici potessero perdere il controllo di un settore delicatissimo dal punto di vista delle libertà fondamentali, qual è appunto l’ordine pubblico. Il mantenimento dell’ordine pubblico è prerogativa dei poteri pubblici e i cittadini non debbono intervenire nelle questioni che lo riguardano. Possono invece prendersi cura del bene comune sicurezza, che è un concetto più ampio perché ricomprende, per esempio, il controllo del territorio in forme che non comportano l’uso della forza, ma solo una presenza vigile in zone a rischio. In sostanza la vicenda delle cosiddette “ronde”, al netto delle strumentalizzazioni ideologiche, può anche essere vista come il risultato di una situazione in cui da un lato c’è scarso senso civico individuale, dall’altro la sensazione di non essere abbastanza protetti dalle forze dell’ordine. Ciò ha portato gruppi di cittadini a fare in forma organizzata quello che i singoli cittadini dovrebbero normalmente fare, cioè sentirsi responsabili di ciò che accade sul territorio in cui si vive, senza delegare sempre alle istituzioni.
Ora c’è un decreto del ministro degli Interni che disciplina dettagliatamente queste forme di intervento. Il decreto ingabbia l’impegno civico dei cittadini con una serie di vincoli, mentre la Costituzione afferma che i soggetti pubblici devono “favorire” i cittadini attivi, non irreggimentarli. Ma probabilmente questo è il prezzo da pagare alla necessità di correggere l’impostazione tutta ideologica che è stata data fin dall’inizio a questa forma di impegno civico, a cominciare dal termine “ronde”.
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