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La mia povera Guinea
La straordinaria testimonianza di Thierno Maadjou Sow, presidente dell'organizazione umanitaria OGDH
Guinea maledetta”. Il titolo dell’editoriale di Le Monde non poteva essere più esplicito. Per il paese africano, in pieno caos politico dopo la mattanza del 28 settembre scorso, il futuro si fa di nuovo cupo. Alla guida di una nazione martoriata per decenni dalla dittatura militare di Lansana Conté, il ‘soldato-presidente’ Dadys Camara, giunto al potere nel dicembre 2008 con un colpo di Stato senza effusione di sangue, deve ora fare i conti con un popolo poco disposto a perdonargli l’ultima follia dell’esercito guineano. Secondo l’Organizzazione della Guinea per la difesa dei diritti umani (OGDH), la repressione militare della manifestazione organizzata contro la giunta nello stadio “Ventotto Settembre” ha provocato almeno 160 vittime e oltre 1250 feriti. Le ultime violenze risalirebbero a ieri sera, quando è stata diffusa la notizia della morte di tre giovani nella periferia di Conakry. In un’intervista telefonica rilasciata a Vita dalla capitale guineana, il presidente dell’OGDH, Thierno Maadjou Sow, sostiene che “nonostante la situazione sia tornata stamane alla normalità, la tensione rimane altissima. Ieri notte, i militari hanno continuato a perquisire le case di presunti oppositori o manifestanti accusati di aver provocato i disordini del 28 settembre. In realtà, è un pretesto per procedere a furti e violenze contro dei civili già vittime di una repressione senza precedenti. Il popolo guineano è sotto shock”.
Intanto la giunta militare ha indetto due giorni di lutto nazionale dopo la strage di Lunedì nello stadio “Ventotto Settembre” e vietato “fino a nuovo ordine” ogni manifestazione “sovversiva”…
Non credo che la decisione della giunta riuscirà a calmare la furia di una parte della gioventù guineana. Molti giovani sono pronti ad andare fino in fondo per far cadere il regime del presidente Dadis Camara. Purtroppo c’è da temere il peggio. Anche l’opposizione e la società civile hanno decretato due giorni di lutto in memoria delle vittime di una repressione i cui responsabili sono chiaramente identificabili.
In un’intervista rilasciata a Radio France Internationale, il presidente Camara rigetta ogni sua responsabilità, sottolineando di non avere il controllo delll’esercito…
Come puo’ un capo di stato dichiarare che non controlla i suoi soldati. Quando è giunto al potere nel gennaio 2008, Dadis aveva dichiarato di essere stato scelto dai militari per la sua influenza sull’esercito. Oggi sostiene il contrario. E’ gravissimo! In realtà, le sue dichiarazioni destano molte perplessità. Se davvero il presidente non aveva il pieno controllo della situazione, come mai allo stadio c’erano delle personalità pubbliche a lui molto vicine ed estremamente influenti nel potere guineano.
A chi si riferisce?
Il primo è Diakité Toumba, la guardia del corpo di Camara. Di solito è sempre al fianco del presidente, ma stranamente il 28 settembre si trovava allo Stadio affianco ai berretti rossi, la guardia presidenziale. Sempre allo stadio abbiamo visto il ministro della Sicurezza presso la presidenza, ‘Tivi’, noto per essere uno dei più grandi criminali della Guinea, e Moussa Tiébgoro Camara, ministro con delega alla lotta contro la droga e il grande banditismo. Sono tre personaggi chiave del regime e fedeli alla presidenza. Come fa quindi il presidente Dadis Camara a dire che non sapeva nulla di quanto stava per accadere all stadio. In realtà, si è trattato di un massacro pianificato che aveva l’obiettivo di annientare l’opposizione. Purtroppo il rapporto tra il potere e il popolo sta raggiungendo il punto di non ritorno.
Nessuna possibilità di dialogo quindi?
Non credo. Questo paese vive da decenni sotto il giogo della repressione militare. Quando Camara ha preso il potere, ha giurato al suo popolo che avrebbe riformato il corpo militare e organizzato elezioni democratiche per consegnare le chiavi della presidenza a un civile. Il massacro del 28 settembre ha rivelato il vero volto di Camara: un demagogo pronto a tutto pur di mantenere il suo potere e quello dei militari. Ma il popolo guinenano non vuole più avere a che fare con l’esercito. Per evitare un nuovo bagno di sangue, è necessario che la Comunità internazionale intervenga con determinazione mandando una forza di interposizione. Altrimenti ci penseranno i giovani guineani a fare la rivoluzione.
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