Economia

Nestlè fa affari con Mugabe

La multinazionale tratta con un'azienda confiscata ai legittimi proprietari dalla moglie del presidente

di Redazione

A cura di Chiara Caprio

Questa volta la scena si svolge in Zimbabwe. Nella nazione africana governata per anni con il pugno di ferro dal presidente in odor di dittatura Robert Mugabe, la multinazionale leader nel settore alimentare è accusata di fare affari proprio con la moglie del presidente, acquistando latte da una fattoria confiscata ai bianchi e ora di proprietà di Grace Mugabe. Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico Sunday Telegraph, Nestlè acquista più di un milione di litri di latte da questa azienda agricola, con cui però afferma di non avere alcun contratto. L’acquisto avviene con pagamento alla consegna, sostiene Nestlè, invocando anche l’abbandono del business del latte da parte di molti fornitori precedenti e, soprattutto, le necessità alimentari degli abitanti dello Zimbabwe.

Benefattori o meno, rimane che la signora Grace Mugabe è soggetta alle sanzioni emanate da Stati Uniti e Unione Europea, insieme al marito e a numerosi alti funzionari e ufficiali dello Zimbabwe. Tuttavia, e non si tratta di un dettaglio irrilevante, Nestlè ha sede in Svizzera, quindi in uno stato che, di fatto, non ha aderito alle sanzioni contro l’establishment della nazione africana. A partire dal 2002, secondo quanto riporta il giornale inglese, la signora Mugabe è riuscita ad impossessarsi di almeno sei delle più efficienti e ricche aziende di proprietà di bianchi, inclusa la Gushungo Dairy Estate in Mazowe, a nord della capitale Harare, la fattoria produttrice del latte incriminato.

In una dichiarazione scritta che Nestlè ha inviato al network britannico BBC, la multinazionale afferma che a causa della crisi che ha investito il settore caseario in Zimbabwe si è trovata costretta ad acquistare i prodotti sul mercato «da diversi produttori con cui non avevamo firmato alcun contratto» per rifornire lo stabilimento di proprietà Nestlè di Harare. «Questo include anche latte proveniente dalla Gushungo Dairy Estate, che oggi produce tra il 10 e il 15% delle nostre scorte» si legge nella dichiarazione. «Se avessimo deciso di chiudere la nostra attività in Zimbabwe, avremmo provocato un aumento della scarsità di cibo e la perdita di centinaia di posti di lavoro, oltre a lasciare i fornitori di latte in una situazione molto difficile». Da molti anni infatti lo Zimbabwe è il maggiore produttore di tabacco e fornitore di cibo alle nazioni confinanti, ma la confisca forzata di quasi tutte le aziende di proprietà di bianchi, con l’obiettivo dichiarato di favorire gli abitanti di colore, ha portato al collasso di un’economia basata proprio sull’agricoltura. Inoltre, il paese soffre di un tasso di inflazione galoppante e di continue e sempre più critiche ristrettezze alimentari e di carburante.


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