Salute

Al vento vent’anni di esperienza

La Camera esamina la nuova legge. E scoppia la polemica per il mancato riconoscimento delle professionalità maturate sul campo. Cioè nel non profit

di Sara De Carli

Polemica accesa ieri, nell’Aula alla Camera, sulla nuova figura professionale del palliativista. Paola Binetti, prima proponente della legge e con Livia Turco impegnaitissima nella discussione prima in Commissione e ora in Aula, ha usato parole fortissime: «con il naufragio dell’articolo 8 noi – e domani bisognerà avere il coraggio di dirlo a tutte le associazioni, a tutti gli hospice presenti sul territorio e a tutti gli operatori – abbiamo detto di no alla loro esperienza, al loro lavoro e al loro riconoscimento. […] Mi creda, sul piano nazionale tutti coloro che da vent’anni si occupano di cura palliative dovranno sapere che del loro lavoro ci si è limitati a dire: “Grazie, adesso fatevi da parte perché nasce una nuova stagione”».

IL PALLIATIVISTA, CHI E’?

La polemica si è accesa attorno all’articolo 8, quello dedicato specificamente alla formazione dei palliativisti (da farsi «senza oneri aggiuntivi, perlatro»). L’Aula ha approvato l’emendamento 5.52 dell’onorevole Barani, che di fatto riconosce genericamente una specializzazione “sul campo” ai medici «con esperienza almeno triennale» nel campo delle cure palliative e delle terapie del dolore, ma poi ha bocciato gli emendamenti all’articolo 8 che prevedevano esplicitamente il riconoscimeto del titolo di «palliativista al dirigente medico che alla data del 31 dicembre 2009 possieda un’esperienza certificata e documentata in cure palliative, pari ad almeno 4 anni di attività prevalente in cure palliative presso una struttura del Servizio sanitario nazionale o in struttura del settore non-profit dedicata alle cure palliative e accreditata o convenzionata dal Servizio sanitario nazionale» o che «la partecipazione a master in cure palliative di cui al comma 1 è titolo preferenziale per ricoprire incarichi dirigenziali nella rete».

«Abbiamo votato all’unanimità l’emendamento Barani che riconosce competenze a chi da tre anni è impegnato, al fine di concedergli l’accesso al coordinamento. Se è vero che prima il Ministro aveva ritenuto di concedere l’accesso al master, che essendo titolo di secondo livello prevede il titolo di specializzazione, anche a chi non aveva tale specializzazione, non si capisce perché in questo momento l’emendamento in esame, che collega tre punti su cui abbiamo lavorato finora, non debba essere preso in considerazione», ha sbottato la Binetti. «L’unico obiettivo è garantire alle persone realmente competenti la possibilità di svolgere il ruolo di coordinamento. È un criterio totalmente ed esclusivamente meritocratico: noi vogliamo che chi sa faccia e chi sa faccia fare, e vogliamo evitare quelle che possono essere le improvvisazioni dell’ultima ora. Questo è l’unico senso di tale obiettivo: garantire i profili di competenza già acquisiti, nella prospettiva dei nuovi modelli organizzativi a cui la legge in esame darà luogo».

NON PROFIT: SE NON CI FOSSE, NON CI SAREBBE LA LEGGE

E anche Livia Turco ha avuto parole molto pesanti: «Mi pare che foste d’accordo, nella discussione che abbiamo svolto in Commissione, e non potete che essere d’accordo, perché è questa è la realtà: in tutte le audizioni che abbiamo fatto, ci hanno detto che c’è un problema di personale che si è formato nelle strutture dedicate alle cure palliative, di una professionalità che deve essere riconosciuta e formata. Anche con questo emendamento proponiamo che per acquisire il titolo di palliativista conti l’esperienza. Siamo di fronte ad un profilo professionale particolare e nuovo che, come è stato detto, non ha una specialità: perché negare che l’esperienza fatta nelle strutture dedicate costituisca titolo, da un lato, per diventare dirigente delle strutture dedicate alle cure palliative e, dall’altro, per chi è medico generale che si forma e che professa la sua attività nelle strutture di cure palliative per diventare palliativista? Francamente continuo a non capire perché vogliate negare l’esperienza acquisita sul campo: proprio voi che avete sempre valorizzato ed esaltato il volontariato e il non-profit negate questo dato di realtà così diffuso nel nostro Paese?

Se non ci fossero medici, infermieri e volontari che ci credono, ci hanno creduto e che da più di venti anni sono lì che lavorano, oggi non saremmo in grado di fare questa legge! Il fatto che voi continuiate ad opporvi a questi emendamenti è anche un modo per negare la generosità, la competenza e il valore di coloro che hanno costruito queste strutture e mettete un po’ in ombra anche il valore di questa stessa proposta di legge, che sta in piedi e che abbiamo costruito non perché siamo bravi e competenti noi, ma perché vi sono medici, infermieri e volontari che da più di venti anni hanno inventato le cure palliative ed hanno costruito una professionalità che adesso la legge dovrebbe in qualche modo riconoscere. Non capisco questa sordità che inficia il valore di questa proposta di legge: proprio non la capisco».

 LA REPLICA: NIENTE SCORCIATOIE

Questa la replica di Giuseppe Palumbo, presidente della Commissione Affari Sociali da cui è uascita la legge e relatore in aula per la stessa. «Nessuno di noi ha mai messo in dubbio la valenza, la validità e la competenza di coloro i quali lavorano nelle strutture che finora si occupano delle cure palliative e delle terapie del dolore. Abbiamo definito all’inizio che chi si occupava di cure palliative era una équipe multidisciplinare composta da pediatri oncologi, fisioterapisti, anestesisti e rianimatori e di tutto ciò siamo convinti, ma istituire per legge qui, questa sera, con un emendamento, gli esperti in cure palliative e poi i palliativisti non lo possiamo fare! È come se questo Parlamento decidesse domani di creare dall’oggi al domani una qualunque specializzazione, travalicando il Ministero ed il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Sul fatto che occorra aiutare – aiutare, ma non favorire all’estremo – quelle persone che lavorano e che sono competenti in questo campo siamo pienamente d’accordo, ma è impensabile creare delle corsie preferenziali. Aiutiamoli, facciano un percorso validissimo, e io sono pienamente d’accordo, ma queste vie, queste scorciatoie non le ho mai concepite e non le voglio concepire e adottare neanche in questa situazione. Tutti quanti siamo rispettosi di queste persone e siamo convinti della loro professionalità, ma non c’è con bisogno di creare delle scorciatoie».

Leggi qui l’intero resoconto della seduta dell’Aula.


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