Cultura

E’ quella più consumata in Italia. La monobanana rischia di sparire

L’allarme viene dall’Asia. In Europa ha il 99% del mercato. Ma ora questa banana è a rischio per l’aggressione di un fungo. E La Fao attacca la filosofia della monocultura

di Francesco Agresti

Nei prossimi dieci anni le banane rischiano l?estinzione. L?allarme viene dal Sud-est asiatico: la Cavendish, la varietà più diffusa nel commercio mondiale, (rappresenta il 99% delle importazioni in Europa, anche se rappresenta solo il 10% di quelle prodotte e consumate nel mondo), è stata colpita da un nuovo ceppo di fungo Fusarium, conosciuto anche come ?malattia di Panama?. Per ora il problema è stato circoscritto all?Asia sud-orientale. Tuttavia dalla Fao hanno lanciato un allarme: “Le conseguenze del problema saranno molto più gravi se questo fenomeno raggiungerà i Caraibi e l?America Latina, dove oltretutto la banana è fonte di occupazione e di reddito primaria per tante popolazioni”. E sulla Cavendish aleggia il fantasma della banana Gros Michel, che venne spazzata via da un?analoga malattia ?fungina?. “Qui alla Chiquita siamo convinti che i nostri programmi di cura delle piante permetterano ai consumatori di gradire le nostre banane ancora per molti decenni”, ci risponde da Cincinnati, Mike Mitchell, portavoce della banana ?con il bollino blu?. La Cavendish infatti è la varietà più venduta su tutti i mercati europei, quello italiano incluso L?attacco ogm “Quanto sta accadendo è l?inevitabile conseguenza della coltivazione su larga scala di un solo genotipo”, ha attaccato Eric Kueneman, capo del servizio Fao per i raccolti e i pascoli. Cioè la monocultura porta il rischio di estinzione. Con la conseguenza di aprire le porte alle aziende biotech, che già sono scese in campo proponendo di utilizzare una banana geneticamente modificata immune al fungicida. Secca la risposta dello stesso Eric Kueneman: “L?unico rimedio sostenibile è quello di favorire lo sviluppo della biodiversità”. “Concordo pienamente”, dichiara Vincenzo Vecchio, professore di Coltivazioni erbacee dei Paesi tropicali e subtropicali all?università di Firenze. “Grazie alla biodiversità, il banano oggi può contare su un gran numero di varietà che credo vadano sfruttate fino in fondo. Allora perché non esplorare le possibilità che questo germoplasma offre anche in termini di tolleranza ai parassiti?”. 10 chili a testa Nel mondo infatti vengono coltivate 200 specie diverse di banana, la produzione annuale è di circa 86 milioni di tonnellate di cui solo il 14% viene commercializzato sui mercati internazionali, mentre il resto è destinato all?autoconsumo. In alcune regioni dell?Africa centrale, in America Latina e nei Paesi caraibici rappresenta uno degli alimenti principali della dieta. Oltre la metà della produzione mondiale è concentrata in sei Paesi: nell?ordine, India, Brasile, Ecuador, Filippine, Cina e Indonesia. Ma Ecuador, Costarica e Colombia insieme rappresentano il 64% dell?export mondiale. L?Ue è il maggior importatore al mondo: ogni europeo consuma in media 10 chili di banane l?anno. “Introducendo una banana ogm”, prosegue Vecchio, “i vantaggi iniziali sarebbero accompagnati da almeno tre preoccupanti conseguenze. Aumenterebbe la pressione del parassita sul territorio e così coloro che non hanno possibilità di accesso al banano transgenico subirebbero una drastica diminuzione del prodotto. Inoltre si abbasserebbero i livelli di tolleranza di alcuni genotipi che magari presentano loro strategie naturali di difesa contro questo parassita” Infine, la prospettiva più grave: “Non percepibile nell?immediato, ma anche per questo la più rischiosa: aumenterebbe il conflitto tra agricoltura di sussistenza e l?agricoltura delle ?cash crop?. Le risorse economiche e tecniche locali verrebbero infatti dirottate a favore del banano biotech minacciando lo sviluppo della biodiversità dell?agricoltura di sussistenza che in alcune regioni soddisfa l?80% dei bisogni alimentari. Introducendo ogm nei Pvs, si rischia di produrre danni cui non c?è alcun rimedio”. Quella solidale In termini economici, quella delle banane è la quinta coltura al mondo, la prima tra i prodotti freschi. Il commercio è dominato da tre società: Chiquita, Dole e Del Monte. “Per entrare nel mercato abbiamo incontrato grossi ostacoli”, ammette Heini Grandi, responsabile acquisti prodotti freschi di Ctm Altromercato, consorzio di botteghe del commercio equo che detiene l?1% del mercato nazionale delle banane. “Acquistiamo da cooperative o da associazioni di piccoli produttori in Ecuador e in Costa Rica, garantendo prezzi stabili, equi e rapporti continuativi”. 4 chili È il consumo procapite di pesticidi del Costarica. Otto volte superiore a quello mondiale. Dove finisce tanta chimica? Nelle grandi piantagioni di banane, naturalmente. L?Earth College ha stimato che ogni anno sulle piantagioni vengono riversati 11 milioni di litri di pesticidi, che molto spesso vengono sparsi con aeroplani mentre nelle piantagioni ci sono i lavoratori. Il 15% dei fitofarmaci è disperso dal vento, il 40% finisce sul terreno invece che sulle piante, il 35% è lavato via dalla pioggia. Solo il 10%, alla fine, produce i risultati per cui è impiegato. Un bombardamento chimico che serve a ben poco e che nuoce alla salute dei contadinI. Gli scienziati ritengono che, nonostante il ricorso a prodotti chimici, ci siano oggi più insetti che 50 anni fa. Pesticide Action Network North America


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