Formazione

Ritardatari in Europa. Per troppa energia

La responsabilità sociale d’impresa delle nostre aziende, misurata su base continentale, ci classifica al di sotto della media. colpa di alcuni settori arretrati

di Francesco Maggio

La sostenibilità delle aziende italiane oggi? Buona, nel complesso, se riferita alla gestione delle risorse umane. Piuttosto scarsa, in fatto di questioni ambientali. Discreta, se sotto la lente finiscono i rapporti con gli stakeholder esterni. Ma decisamente carente, sempre al riguardo, se l?analisi concerne settori come quello dell?energia che, a causa del suo rilevante impatto socio-ambientale, dovrebbe dare ben più rilievo, nei processi decisionali, all?integrazione dei diversi portatori di interesse. Quanto al cosiddetto Public reporting (trasparenza), l?Italia rimane in media molto indietro rispetto ai principali Paesi europei. Soprattutto perché risulta ancora piuttosto esiguo il numero di imprese che utilizzano il bilancio sociale e ambientale come mezzo sistematico di comunicazione con la comunità. Un gap, quello con l?Europa, che si riduce a proposito di corporate governance, ma qui il tasto dolens è un altro: la media italiana è ancora molto lontana dal miglior risultato europeo. A valutare le performance di sostenibilità delle principali aziende italiane rispetto al contesto Ue e a mettere in evidenza punti di forza e criticità delle stesse ci hanno pensato Sam (Sustainable Asset management), società svizzera leader nel campo della ricerca sulla sostenibilità d?impresa e l?associazione Humanity, diretta emanazione dell?Università Luiss di Roma. Sam e Humanity, infatti, hanno effettuato uno studio di benchmarking (ancora in fase di ultimazione, ma che Vita è in grado di anticipare) del contesto italiano, partendo dalla seguente definizione di sostenibilità: “La creazione di valore aggiunto dovuta all?anticipazione e gestione di rischi e opportunità legate a sviluppi a lungo termine in campo economico, sociale e ambientale”. Allo scopo, è stato definito un universo di analisi rappresentativo del mercato finanziario italiano composto dalle aziende comprese nel Mib30 e nel Mibtel (25), cui sono state aggiunte alcune società quotate al Nuovo mercato e al Mibtel, in modo da individuare 75 aziende, suddivise in 10 settori (almeno 5 per settore): energia, finanziari, industriali, media, tessile, tecnologici, telecomunicazioni, utilities, salute, beni non ciclici. Sette, quindi, i principali criteri sociali valutati (attraverso questionari ad hoc, contatti diretti, analisi dei media): la gestione delle risorse umane, il sistema di formazione degli impiegati, i rapporti con gli stakeholder esterni, la remunerazione del personale, la valutazione delle capacità e del grado di soddisfazione del personale, la protezione dei diritti umani e le strategie e la pianificazione strategica. Ebbene, il quadro complessivo che ne emerge è quello di un Paese che solo da poco tempo ha iniziato a introdurre il concetto di sostenibilità nelle politiche aziendali e che si trova al di sotto della media europea, ad eccezione di alcuni settori (e, in particolare, delle loro aziende leader) quali quelli dei finanziari, degli industriali, delle telecomunicazioni e delle utilities. La maglia nera spetta al comparto dell?energia, dove la media di sostenibilità in Europa è tra le più alte ma l?Italia rimane molto indietro: non sono stabiliti obiettivi ambientali nel medio-lungo termine e vi è una scarsa trasparenza nella comunicazione esterna. Anche nell?Health care (salute) si registrano risultati molto bassi nella dimensione ambientale e ciò, in parte, è dovuto alla dimensione più ridotta delle società italiane. Diverso, invece, il discorso per quanto riguarda il livello di gestione delle risorse umane che supera, in quasi tutti i settori, il livello europeo, dimostrando che il sistema imprenditoriale italiano riconosce le opportunità che, da un punto di vista strategico, offre una gestione accurata del capitale umano e sociale. Buona anche la partecipazione attiva all?analisi di Sam-Umanity, pari a un 40% di adesione che rappresenta una delle percentuali più elevate che si registrano in questo tipo di indagini. Ma la vera sfida rimane quella di comunicare apertamente con il mercato finanziario e gli stakeholkder e pubblicare informazioni sulle performance di sostenibilità. Su questo fronte le imprese italiane sono appena all?inizio.


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