Non profit
Montezemolo: la Ferrari per far correre Telethon
Parla numero uno della "rossa", neo presidente della fondazione
«Telethon va considerata come un’azienda, il cui profitto sono i soldi che riesce ad investire nella ricerca». Il marchio Ferrari? «Lo useremo per la raccolta fondi» Sono passati poco più di due mesi da quando, era il 7 luglio, Luca Cordero di Montezemolo si è seduto al volante di Telethon. Due mesi che sono serviti a mettere a punto la nuova macchina e le nuove strategie, che come annuncia lo stesso presidente in questo dialogo con Vita, realizzato a ridosso del Gran Premio di Monza, presto coinvolgeranno anche la Ferrari. Ma l’intervista non può che partire dal ricordo della “mamma” di Telethon, Susanna Agnelli.
Vita: Non è facile raccogliere l’eredità di Susanna Agnelli, che di Telethon è stata per quasi vent’anni l’anima. Si sente pronto per la sfida?
Luca Cordero di Montezemolo: Sono molto onorato di poter raccoglierne il testimone e di prendere il suo posto al timone della Fondazione Telethon. Per lei, soprattutto negli ultimi anni di vita, Telethon è stata l’attività più importante. Sicuramente quella che le ha dato maggiori soddisfazioni. Non passava giorno senza che la signora Agnelli si occupasse della sua “creatura”: telefonando per coinvolgere qualche suo conoscente illustre, parlando con uno scienziato per conoscere l’andamento di un certo progetto di ricerca, informandosi con i suoi collaboratori sulle iniziative di raccolta fondi in programma. E tanto impegno veniva premiato, anno dopo anno, dagli straordinari risultati della ricerca, dalla solidarietà di milioni di italiani e dalla grande popolarità di Telethon. Il mio spirito, nel sostituirla alla guida di questa straordinaria iniziativa, è fatto quindi di grande orgoglio e responsabilità. Eredito un’esperienza vincente, di assoluto valore. Ed ho la responsabilità di farla continuare a vincere, puntando sempre dritto verso il traguardo finale: la cura delle malattie genetiche rare.
Vita: Quali saranno gli aspetti caratterizzanti della sua presidenza?
Montezemolo: Telethon va considerata come un’azienda. Un’azienda che non distribuisce utili agli azionisti, ma pur sempre un’azienda. Il cui profitto è rappresentato dai soldi che riesce ad investire nella ricerca. In questo senso metterò a disposizione la mia esperienza di uomo d’azienda. E mi impegnerò perché la macchina funzioni alla perfezione. I donatori devono essere sicuri che i loro soldi vengono utilizzati nel migliore dei modi, che si finanzia la migliore ricerca possibile e che nemmeno un euro viene sprecato.
Vita: Come si immagina Telethon fra dieci anni?
Montezemolo: Le sfide legate alla fase terapeutica, il passaggio, già cominciato per alcune malattie, dalla fase di studio in laboratorio al trial clinico su pazienti, comportano costi enormemente più grandi, che richiedono l’apertura di fonti di finanziamento aggiuntive rispetto alla “storica” maratona televisiva: se non si riuscisse a farlo si annullerebbe uno straordinario patrimonio di conoscenze, acquisite negli anni, proprio nel momento decisivo dell’applicazione terapeutica. Fra dieci anni mi piacerebbe che Telethon fosse molto più radicata sul territorio italiano, che avesse in piedi importanti sinergie ed alleanze con partner internazionali e che sviluppasse progetti comuni anche con le principali istituzioni del sistema sanitario nazionale.
Vita: Con Susanna Agnelli in vita aveva avuto modo di parlare della successione?
Montezemolo: È stata lei a chiedermelo, circa un anno fa. Dopo avermi coinvolto come testimonial nella campagna per il 5 per mille, dopo avermi quasi costretto a partecipare alla maratona tv di due anni fa con Pippo Baudo che mi fece cantare «Sapore di mare» in diretta tv, a settembre dello scorso anno mi propose di entrare nel consiglio di amministrazione della fondazione. Io, chiaramente, accettai. E alla fine dell’ultima maratona televisiva, nel dicembre dello scorso anno, dopo aver battuto il record della raccolta nonostante la crisi economica, Susanna Agnelli dichiarò al Tg1 che avrei preso io il suo posto, quando lei non ci sarebbe più stata. Chi le era vicino mi ha raccontato che era molto commossa, mentre lo diceva. Forse sentiva che sarebbe stato il suo ultimo Telethon.
Vita: Dopo la nomina di Francesca Pasinelli a direttore generale ci saranno novità nella struttura della fondazione nei prossimi mesi?
Montezemolo: Oltre al sottoscritto, come presidente, e alla conferma di Omero Toso come vicepresidente, è entrato in consiglio di amministrazione Alberto Fontana, già presidente dell’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare. Poi, come ha ricordato lei, abbiamo nominato dg la Pasinelli, la persona che, da direttore scientifico, aveva messo in piedi il sistema di valutazione della ricerca che fa di Telethon un’eccellenza a livello mondiale.
Vita: Telethon vive di fundraising. Il suo è un nome che ha un certo peso fra gli industriali italiani: è un fatto che favorirà la raccolta fondi?
Montezemolo: Me lo auguro vivamente. Le malattie genetiche sono bruttissime bestie. Sono tante, oltre seimila, sono maledettamente difficili da battere e nell’80% dei casi colpiscono bambini. Se vogliamo sconfiggerle dobbiamo darci da fare. Noi, i nostri amici e gli amici dei nostri amici.
Vita: Userà il marchio Ferrari per trascinare le raccolte fondi di Telethon?
Montezemolo: Perché no? Lo dicevamo anche con Susanna Agnelli: Telethon può essere considerata la Ferrari della ricerca italiana. Speriamo vincano insieme.
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