Politica

Servizio civile, una riforma a rischio imboscata

Si accende il confronto dopo il disco verde del Consiglio dei ministri al progetto Giovanardi

di Stefano Arduini

Il disegno del sottosegretario punta al cofinanziamento di enti e Regioni, ma anche a riportare i volontari al Nord. Le stesse Regioni però
si metteranno di traverso. Mentre il Carroccio ha già depositato in parlamento
un testo alternativo.
Licio Palazzini, presidente della Consulta:
«Troppe incognite»
Ottobre 2010, il servizio civile cambia pelle. Almeno nelle previsioni del governo che lo scorso 3 settembre ha approvato lo schema del disegno di legge che delega l’esecutivo alla redazione di un testo unico in materia. Il testo Giovanardi prevede che la riforma «a mezzo di uno o più decreti legislativi», sarà emanata entro 12 mesi dalla conversione in legge del provvedimento rilasciato dal Consiglio dei ministri. Se tutto dovesse filare liscio, la 64/2001 (l’attuale “Costituzione” del servizio civile) dovrebbe andare in pensione nell’autunno del prossimo anno. Difficile che accada. Ma andiamo per ordine. I contenuti della riforma innanzitutto.
Sono tre gli assi portanti. La partecipazione economica delle Regioni e degli enti. La rimodulazione della durata e dell’orario del servizio. Il riequilibrio territoriale della presenza dei volontari. Punto primo: «Le Regioni, sulla base di appositi accordi bilaterali, concorrono all’attuazione di specifici interventi vincolando risorse proprie allo sviluppo del servizio civile nazionale in aree territoriali specifiche». Secondo alcune interpretazioni, questo significherebbe il superamento dell’attuale ripartizione del Fondo nazionale (il 54% all’Ufficio nazionale, il resto alle Regioni). In altri termini, l’intero ammontare del Fondo sarebbe amministrato da Roma, mentre agli enti locali spetterebbe esclusivamente la gestione di risorse proprie da impegnare su progetti regionali.
Se così fosse, è altamente probabile che la Lega Nord (che con la deputata Erica Rivolta ha già depositato in parlamento un progetto di riforma di forte ispirazione federalista) alzi le barricate. Non va dimenticato, fra l’altro, che proprio il ministro Calderoli, nell’ultimo Consiglio dei ministri prima della pausa estiva, si era opposto in un primo momento al licenziamento del testo. Scontato anche l’altolà delle Regioni che già in Consulta, nell’esame preliminare, hanno votato contro il testo Giovanardi. E che si apprestano a fare altrettanto in Conferenza Stato-Regioni (il cui parere è obbligatorio, ma non vincolante).
Il sottosegretario introduce anche «l’obbligo per gli enti proponenti di contribuire alle spese complessive di realizzazione dei progetti presentati». «Bisogna capire che cosa significa», interviene Licio Palazzini, presidente di Arci Servizio civile e numero uno della Consulta, «perché gli enti, almeno quelli più impegnati, investono già risorse proprie sul versante del coordinamento e della formazione». Cosa diversa sarebbe il cofinanziamento dei progetti in sé. «Ci potremmo anche pensare, ma a diverse condizioni», fa sapere Palazzini. Il riferimento è alla mancanza di una quota minima di avvii annuali (gli enti avevano chiesto almeno 40mila volontari, oltre al semaforo verde all’ingresso degli stranieri nel servizio civile, richieste entrambe rimandate al mittente) e al ruolo marginale che la riforma riserva ai progetti pluriennali. «Senza un minimo di programmazione, non credo che nessuno sia disposto ad accogliere la richiesta di Giovanardi». Per questo le associazioni stanno già in queste ore sensibilizzando il parlamento sulla necessità di mettere mano al progetto di riforma. Che, vale la pena ricordarlo, prevede che «l’adozione dei decreti attuativi della delega non comporti nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Ad oggi la Finanziaria prevede un esborso di 171 milioni per il 2010 e di appena 127 milioni per il 2011.
Capitolo volontari. Saranno rivisti i limiti di durata del servizio, non inferiore a 9 mesi e non superiore a 12, e l’orario di servizio che conterà un minimo di 20 ore settimanali e un massimo di 36, per almeno 4 giorni. La diaria di 433 euro al mese sarà ridotta in proporzione.
Quanto alla ripartizione territoriale (attualmente il 48% svolge il servizio nel Mezzogiorno, e al Nord il 22% abbandona o rinuncia prima dell’avvio), il progetto governativo punta a «forme di mobilità interregionali con oneri a carico degli enti».


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