Famiglia

L’Umanesimo italiano

Speciale: Lezioni di economia civile. Seconda puntata

di Stefano Zamagni e Luigino Bruni

Introduzione

La storia dell?economia civile non inizia né con la Grecia né con Roma. Inizia nella Firenze della prima metà del 1400, quando
grandi cervelli scoprirono la natura sociale dell?uomo in risposta al mito della vita solitaria. Il filosofare diventa uno strumento per rendere migliore la vita. Come scrisse Leonardo Bruni, l?uomo raggiunge la perfezione «solo nella civile società». In questa puntata della nostra storia, ripercorriamo i primi passi di un?affascinante avventura, che la modernità ha in parte tradito.

Seconda Lezione E l?individuo uscì dal guscio

Perché far iniziare la storia dell?economia civile dall?umanesimo? Perché non dal medioevo, in cui troviamo i semi dell?umanesimo e della modernità? Perché non dal mondo greco-romano, con la sua enfasi sulle virtù civili? O dall?illuminismo? La risposta è semplice: l?umanesimo civile fu un particolarissimo, breve periodo della storia italiana che esercita ancora oggi il suo fascino, e continua a rappresentare un decisivo punto di riferimento culturale, perché fu il risultato di una felice alchimia tra i valori dell?antichità, classica e cristiana, e le nuove esigenze politiche, culturali ed economiche che in quegli anni irrompono sulla scena dell?Occidente. Oggi sappiamo che non è possibile comprendere la genesi dell?economia civile, e più in generale dell?economia politica, senza fare i conti con l?umanesimo civile italiano e la sua civiltà cittadina. Ripartire idealmente nella ricostruzione della tradizione dell?economia civile dall?umanesimo significa allora cercare di raccordare l?economia contemporanea con la sua storia millenaria: significa mostrare che la riflessione sull?economico non è un fungo che spunta all?improvviso nella stagione della modernità, ma una nuova fioritura di un albero secolare che può, ancora, rifiorire.

L’ETÀ DELL’ ORO LA TOSCANA DI METÀ 1400
L??età dell?oro? dell?umanesimo civile è senza dubbio la Toscana della prima metà del Quattrocento. I suoi maggiori esponenti e interpreti sono Coluccio Salutati, Poggio Bracciolini, Leonardo Bruni, Leon Battista Alberti e Matteo Palmieri. è un?età che vede a Firenze una concentrazione straordinaria di artisti, da Brunelleschi, Masaccio e Donatello a Botticelli, Della Robbia, Beato Angelico.
All?umanesimo sono normalmente associati due elementi base: la riscoperta della cultura classica (greca e latina) e la necessità, per una vita pienamente umana, della vita civile. Il secondo elemento, che ovviamente è strettamente interrelato con il primo, costituisce dunque più tipicamente l?umanesimo civile. La stagione dell?umanesimo civile non coincide con tutto l?umanesimo, poiché solo il suo primo momento merita l?aggettivo civile, prima che verso la fine del Quattrocento prendesse il sopravvento l?anima individualista, platonica, contemplativa, solitaria e magica (di un Pico della Mirandola o di un Ficino), chiudendo di fatto la stagione del primo umanesimo civile, con l?affermazione dell?idea di individuo, cioè di un soggetto ?separato? dagli altri individui e a fortiori dalla comunità.
Le due anime dell?umanesimo (quella civile-aristotelica e quella individualista-platonica) daranno vita a tradizioni diverse nelle scienze sociali moderne: quella individualista, che sfocerà nell?edonismo e nel sensismo del Settecento (ripreso poi dalla scienza economica neoclassica di fine Ottocento); quella dell?economia civile che, pure nel Settecento, avrà in Hutcheson, Paolo Mattia Doria, Genovesi, Beccaria, Verri e Adam Smith i suoi principali rappresentanti, e che oggi, come un fiume carsico, sta di nuovo riemergendo.
Con l?umanesimo civile, anche grazie alla riscoperta delle opere etiche e politiche di Aristotele e la sua visione della vita civile centrata sulla natura socievole dell?essere umano (Leonardo Bruni ne tradusse e introdusse l?Etica Nichomachea e la Politica), si ebbe una straordinaria rivalutazione della dimensione terrena e relazionale dell?essere umano, dalla famiglia alla città, allo Stato: sono molti i trattati sulla vita civile, in risposta ai trattati sulla vita solitaria (Petrarca) dei secoli passati: «Le due cose in terra più dolci sono la patria e gli amici ? Provvedendo, servendo, preoccupandoti della famiglia, dei figli, dei parenti, degli amici, della patria che tutto riabbraccia, non puoi non elevare il tuo cuore al cielo e non piacere a Dio» (Poggio Bracciolini).
Si riscoprono i classici del pensiero antico, Cicerone e Aristotele su tutti, ma l?atteggiamento degli umanisti civili nei confronti della cultura è attraversata dall?esigenza di un filosofare che sia scuola di vita, meditazione seria e profonda dei problemi di vita, proprio come sarà, quasi quattro secoli dopo, con Genovesi e l?economia civile. Su questo tema così scrive Matteo Palmieri nella sua Vita Civile: «Governatrice di tutte queste et principalissima di tutte le doctrine et atti humani è poi la philosophia. Questa ha due parti degnissime: la prima è posta nella investigazione de? segreti della natura, la quale certo è parte sublime et excellente, ma alla vita nostra molto minore utilità tribuisce che non fa la parte seconda, la quale ministra i costumi et approvato vivere degli uomini virtuosi? Questa altra parte della philosophia è tutta nostra, guida degl?huomini, maestra delle virtù, scacciatrice de? vitii, amica del bene vivere» (Matteo Palmieri). Il ?bene vivere? diventa la nota caratteristica dell?economia intesa come umanesimo civile, come vedremo nelle prossime lezioni.
Per questi umanisti, anche in reazione al pensiero dominante nell?epoca dalla quale stavano uscendo, la sola vera virtù è virtù civile, la sola vita veramente umana è la vita activa: «La virtù è a disposizione di tutti» (P. Bracciolini). Non c?è quindi virtù nella vita solitaria, ma sono nella città: l?uomo, «debole animale, per sé insufficiente, raggiunge la sua perfezione solo nella civile società» (Leonardo Bruni, introduzione alla traduzione italiana della Politica di Aristotele).

DA INTERESSE PERSONALE A PATRIMONIO COMUNE
Non deve quindi stupire che Bruni, Alberti, Bernardino da Siena o Poggio Bracciolini si scaglino contro i detrattori della vita economica e delle ricchezze, proponendo tesi sull?utilità sociale delle ricchezze che solo nel Settecento diventeranno di dominio comune. Resta comunque molto chiaro a questi autori che la ricerca dell?interesse personale non si trasforma automaticamente e magicamente in bene comune: la ricerca degli obiettivi privati si trasforma in ben-vivere sociale solo all?interno della civitas. Non c?è economia civile senza leggi, istituzioni e virtù civili: è questo uno dei principali messaggi della tradizione italiana, nella quale gli economisti erano anche giuristi e viceversa (si pensi, in età moderna, ai milanesi Beccaria o Romagnosi). è la civiltà cittadina che rende possibile che la ricerca del tornaconto individuale non inneschi meccanismi distruttivi del tessuto civile, e che i mercati, custoditi e alimentati dalle altre forme della vita civile e spirituale, siano pro e non contro la comunità. (Ci sarebbe molto da dire sull?essenziale ruolo del cristianesimo nel primo umanesimo, ma ci manca lo spazio).
La stagione dell?umanesimo civile fu breve, troppo breve. L?esperienza della libertà e della repubblica cedette il passo alle Signorie e alle monarchie assolute, che subito si tradussero in un?epoca di autoritarismi ben lontani dalla libertas florentina della prima metà del Quattrocento, e da quella cultura cittadina. Infatti non è un caso che con la fine del Quattrocento la riflessione sulla vita civile subisce un arresto, e lo stesso umanista non è più l?uomo politico e impegnato come lo erano stati Bruni o Palmieri, ma un free lance, non più inserito né in universitas né in città, ma individuo solitario, girovago da una corte europea a una altra. Anche la riflessione sulla felicità diventa ora una ricerca sulla felicità individualista ed epicurea, come i vari trattati di questo periodo sulla felicità stanno ad indicare: Marsilio Ficino, Filippo Beroaldo, Piero Valeriano, Lorenzo de? Medici o Pico della Mirandola, tutti, seppur in modo diverso, scrivono che la felicità va cercata nella fuga dalle creature e dalla città, e che la vita in comune non può portare che sofferenze.
Il dualismo vita attiva/vita contemplativa, Platone/Aristotele, felicità sociale/felicità individuale prosegue nella letteratura sulle ?utopie? e sull??ottimo stato? tra Cinque e Seicento, un periodo di delusione, pessimismo, che portò quindi a sognare Stati e società ideali come fuga dalle realtà politiche tutt?altro che ideali, e come reazione al pensiero individualista e a-sociale della seconda anima dell?umanesimo.

LA MODERNITÀ,UNA LINEA DI FRATTURA
La ?città felice? è un?espressione che compare nei titoli di alcune opere di questi autori (Doni, 1552; Patrizi, 1553), ma ormai quelle descrizioni sono di realtà lontane, immaginate, esperimenti intellettuali che al più ispirano la nascita di ?isole felici?, lontane dai vizi della vita civile. Questi scritti, benché centrati su ideali di comunità umane, sono molto vicine alle teorie individualiste moderne e oramai lontane dall?umanesimo civile.
Possiamo così affermare che tra l?umanesimo civile e la modernità si è consumata una rottura: l?esperienza della vita civile si è fermata alle soglie della filosofia moderna. Nella quale, come è noto, la concezione della dinamica intersoggettiva acquista un ruolo centrale: la socialità, la vita civile, è qualcosa di estrinseco, di transitorio, di accidentale. «Studiando le grandi correnti del pensiero filosofico europeo riguardo la definizione di ciò che è umano, si giunge a una conclusione inaspettata: la dimensione sociale, l?elemento della vita in comune, non è generalmente considerato necessario per l?uomo» (Tzvetan Todorov).
Quali sono le ragioni del mancato incontro tra vita civile e modernità? Perché quest?ultima ha posto il proprio fondamento nell?individualismo? Nella prossima lezione cercheremo di dare una risposta a questa domanda, e vedremo che l?economia politica, almeno ai suoi albori come disciplina scientifica autonoma, rappresenta un importante tentativo, solo parzialmente riuscito, di rivalutare la tradizione dell?umanesimo civile.

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