Politica

In Puglia primarie sotto forma di tragedia

Una regione decisiva, lacerata dalle divisioni

di Ettore Colombo

Emiliano contro D’Alema. La giovane promessa Boccia che non obbedisce alla sua mozione di riferimento. Franceschini che corre con un signor nessuno. Vendola che sogna la riconferma.
Ecco la mappa di una sinistra finita in mille rivoli
Un ex premier, Massimo D’Alema, in loco sorta di vero “reuccio” o “ras”, che cerca sponde sia al centro, lanciando ami e abboccamenti al leader dell’Udc, Pierferdinando Casini, sia a sinistra, tornando a “parlare” persino con quella Rifondazione comunista che da poco è tornata all’opposizione.
Un sindaco di Bari, Michele Emiliano, da poco trionfalmente rieletto per il secondo mandato, ed ex giudice (dell’inchiesta Arcobaleno sui fondi illeciti usati per la ricostruzione dell’Albania, e il premier era D’Alema?), che – dovendo scegliere chi appoggiare, nella corsa a tre Bersani-Franceschini-Marino, per la leadership del Pd – decide di scegliere se stesso, autocandidandosi alla carica di segretario regionale del Pd pugliese (e mettendo a capo della sua lista per il Pd Puglia, il fratello Alessandro).
Una (ex) giovane promessa del Pd locale, l’economista Francesco Boccia. “Lettiano” (nel senso di Enrico), Boccia parla apertamente di “dopo Vendola”, ma non è d’accordo nemmeno con la scelta della sua mozione, quella che fa capo a Pierluigi Bersani e quindi al suo stesso referente Enrico Letta: la candidatura, a segreterio regionale, di Sergio De Blasi, ex sindaco di Melpignano nonché inventore della mitica «Notte della Taranta».
E non è finita qui. Perché a completare il groviglio pugliese del Pd c’è il candidato a segretario regionale di Dario Franceschini, il carneade Guglielmo Minervini, che non conta quasi nulla, in Puglia (come Franceschini, del resto), ma che ha ingaggiato una battaglia all’ultimo voto con Bersani. La ragione di tanto attivismo è presto spiegata: la Puglia, nel gioco a incastro dei voti per il congresso come per le primarie del Pd, è una delle regioni decisive, per vincere la guerra. Un Ohio di “bushiana” memoria, solo più ruspante.
La sinistra pugliese oggi è davvero un rompicapo a incastro, e dalle mille possibili combinazioni. Un rompicapo complicato dalla variante esplosiva delle due diverse inchieste aperte dalla procura di Bari. La prima è quella che vede al centro dello scandalo Giampaolo Tarantini, con la vicenda escort per Berlusconi. La seconda inchiesta – ben più grave e dolorosa, per le sorti della sinistra pugliese – ha messo nel mirino brutte e squallide storie di appalti truccati in ambito sanitario; tangenti e malversazioni di ogni tipo, ma anche di abusi sessuali, ad esempio nei confronti di povere madri di famiglia, ricattate per un lavoro.
La seconda inchiesta è stata aperta dal pm Desirée Digeronimo, pm accusata di ogni male da un Vendola che sembra arso da furori e livori anti giudici dal piglio berlusconiano. L’inchiesta della Digeronimo – che, peraltro, promette sempre nuovi e sempre più devastanti sviluppi per le sorti della giunta Vendola – ha già portato alle dimissioni di due, potenti, assessori regionali: Alberto Tedesco, di rito dalemian-socialista, e Sandro Frisullo, di rito dalemiano e basta, fino all’altro ieri due “mammasantissima” in Puglia.
In Puglia presto, troppo presto, a primavera del 2010, si torna a votare. Vendola punta ancora, tetragono a ogni critica, comprese quelle del “fuoco amico” dalemiano, a una sempre più difficile riconferma. Emiliano, per complicare le cose, è sceso in campo garantendogli il sostegno. Il Pd è a pezzi, sempre più diviso dalle lotte di potere intestine. Al contrario l’Udc è diventata il decisivo ago della bilancia, anche nei confronti di un Pdl che, capeggiato proprio da quel Fitto oggi ministro agli Affari regionali, ieri ex presidente di Regione pre Vendola, che non vede l’ora di tornare in sella. Ma è difficile che ci riesca senza accordarsi con Casini.
Per non parlare della “terza incomoda”, non nel gioco di specchi interno al Pd ma in quello interno alla Pdl, l’ex sindaco di Lecce e oggi fuoriuscita da An, Adriana Poli Bortone. Un nome su cui o il Pdl (con l’appoggio dell’Udc) o il Pd ancora dalemizzato, nonostante le inchieste, potrebbe accodarsi. Sempre con l’appoggio dell’Udc di Casini e Buttiglione, si capisce.
Come finirà il gioco a incastro della politica pugliese, ad oggi non è dato sapere. Una cosa è certa, però: la Puglia nasconde una dura, e brutta, realtà. Quella di una regione che, dopo anni di (parziale) buona amministrazione, non ha risolto nessuno dei suoi guai.


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