Economia

Nuvole di crisi sul solare tedesco

Conti in rosso e titoli in caduta per le green economy di Berlino

di Christian Benna

Dopo anni di incentivi e crescita a due zeri, la recessione mette in seria difficoltà un settore su cui in Germania si era investito molto. E gli obiettivi di riduzione del carbonio di Angela Merkel si allontanano Non scalda più il sole sopra Berlino. L’industria tedesca dell’energia solare, la più importante in Europa, sta scivolando verso una lunga notte dalla quale riemergeranno sani e salvi solo pochissimi produttori. Brutto tempo, tantissimi pannelli e un prezzo salato da pagare per i contribuenti. Intanto si è acceso l’allarme sui conti: in profondo rosso. Tanto che le presentazioni dei bilanci semestrali delle società tedesche di pannelli fotovoltaici hanno gettato nel panico i mercati. Q-Cell, leader globale nella realizzazione di moduli solari, ha registrato una perdita di 119 milioni di euro, contro l’utile di 47 milioni dell’esercizio precedente. Un tracollo che ha costretto l’azienda a tagliare oltre 500 posti di lavoro. A picco anche Ersol, la sussidiaria verde di Bosh, sotto di 15 milioni. E per il futuro la situazione è ancora più grigia.
Lo hanno rivelato gli analisti di Ubs in un articolo pubblicato dal Financial Times Deutschland. «La maggior parte dei produttori non sopravviverà a questa crisi», ha detto Patrick Hummel di Ubs. L’astro più luminoso, il più citato e il più invidiato dagli ambientalisti di mezzo mondo viaggia verso la bancarotta? Il mercato più promettente, che proprio quest’anno scalzerà la Spagna dal podio del Paese numero uno per potenza installata, ha le ore contate? La Borsa pensa al peggio e penalizza pesantemente i titoli delle società tedesche con cadute, da inizio anno, di oltre il 30% sul valore dell’azione.
La crisi morde anche in casa della locomotiva tedesca, quella che più aveva investito – incentivando i consumi – nell’industria del solare. Il mercato, già in contrazione e appesantito dalla sforbiciata governativa dei contributi al fotovoltaico, sembra preferire i produttori low cost cinesi come Suntech Power, Yingli Solar o Trina Solar. Negli ultimi due anni, in Germania, la quota di mercato delle compagnie del Celeste Impero, particolarmente aggressive e inondate di yuan da parte del governo di Pechino, è balzata dall’1 al 30%. I pannelli orientali, grazie a un costo del lavoro irrisorio rispetto ai canoni europei, costano fino a due terzi in meno rispetto a quelli tedeschi. «La competizione uccide, chiosa senza pietà Peter Beller, esperto di green economy sulle colonne di Forbes. «Inevitabile. Soprattutto in un settore nascente come quello dell’energia solare, che è stato sostenuto negli ultimi anni da cospicui sussidi statali, dagli alti prezzi del petrolio e dai ripetuti allarmi sul riscaldamento del pianeta». Anche Vishal Shah, analista di Barclays, invita a puntare sulle società di Pechino evitando quelle claudicanti europee. Ma con prudenza. I prezzi dei titoli solari scendono in fretta: del 50% lo scorso anno, con un’attesa di caduta del 30 per il 2009. I produttori sono riusciti finora ad ottenere prezzi bassi del silicio. Ma la grande richiesta di materia prima sta spingendo in alto i costi.
Anche Deutsche Bank vede nero. Il più grande mercato solare al mondo, appunto quello tedesco, che solo nel 2008 ha installato una potenza pari a 1,35 Gigawatt, sembra destinato a una brusca frenata. Berlino del resto ha chiuso i rubinetti dei finanziamenti: nel 2009 incentivi ridotti del 10% e già di un altro 7% nel 2010. E non mancano le proposte politiche per strette ancora più severe nell’uso di incentivi. Oltre Reno la polemica divampa. I pannelli installati nel 2009 in Germania generano energia pari allo 0,3% del fabbisogno nazionale. Praticamente nulla. Ma abbastanza da appesantire i contribuenti tedeschi con una “green tax” da 20 miliardi. A tanto ammonta il sostegno pubblico al settore. Un salasso che potrebbe salire, secondo i calcoli fatti da Die Zeit sulla base delle stime di crescita dell’Associazione europea dei produttori di pannelli fotovoltaici, a 77 miliardi di euro versati nel solare tedesco. L’obiettivo di Angela Merkel di raggiungere la quota di 25% di energia rinnovabile sul totale della produzione interna sembra per il momento messo da parte. E i produttori del sole in salsa tedesca oggi hanno solo due alternative: delocalizzare in Asia le proprie fabbriche, oppure tagliare i costi all’osso e puntare su tecnologie sempre più avanzate.


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