Welfare

In carcere mai così tanti suicidi

Nel 2009 48 morti in soli otto mesi. Un record. L'ultima vittima? Un tunisino che si è lasciato morire di fame

di Daniele Biella

Non ce l’ha fatta Stefano, 50 anni, artigiano incensurato di Rovereto, che lo scorso luglio, dopo l’arresto per detenzione di hascisc (l’uomo era stato fermato per strada dai Carabinieri per una manovra azzardata in bicicletta) non è sopravvissuto alla prima notte in cella, impiccandosi con le lenzuola a Rovereto. Non ce l’ha fatta Nabruka, 44 anni, tunisina: fermata a maggio mentre era in coda per il rinnovo del permesso di soggiorno (era da 20 anni Italia, con marito e un figlio), alla notizia dell’imminente espulsione dall’Italia, s’è tolta la vita nel Centro d’identificazione ed espulsione (Cie) di Ponte galeria. E l’orrore del binomio carceri-suicidi non conosce sosta: è di martedì 8 settembre la notizia che non ce l’ha fatta nemmeno Sami, il detenuto tunisino di 42 anni che è morto per le complicazioni sopraggiunte al suo fisico dopo un mese di sciopero della fame nel penitenziario di Pavia.

Vite spezzate, che diventano un triste e altissimo grido d’allarme per la situazione che le persone, con le loro sttrie di vita, le emozioni, i sensi di colpa, vivono dietro le sbarre. Sono ben 48 i detenuti che si sono uccisi nei primi otto mesi del 2009: il dato è della rivista online Ristretti orizzonti, che ogni anno, da tempo, compila quello che che viene chiamato Dossier ‘Morire di carcere e che chiunque, a questo link sul sito web, può leggere: dietro ogni gesto estremo, tante vicende, e chissà quante cose non dette.

Il numero dei suicidi in carcere del 2009 deve anche far riflettere: si tratta in fatti di un’aumento di quasi il 50% rispetto al 2008, quando, nello stesso periodo, erano state 30 le morti, 18 in meno quindi. Addirittura, nel 2007 erano state ‘solo’ 28. “Di questo passo”, segnala Ristretti orizzonti, “a fine anno arriveremo a un numero di suicidi superiore a 70, un triste primato, mai registrato nelle nostre galere.

Scorrendo la lista delle morti del 2009, si scopre che il più giovane dei detenuti suicidi di quest’anno era un 19nne tunisino, ma ben 17 avevano tra i 20 e i 30 anni. “A riconferma che i giovani sono i soggetti più a rischio in carcere, a differenza del ‘mondo libero’, dove sono maggiormente le persone mature o anziane ad uccidersi”, commenta Ristretti orizzonti. 28 dei suicidi erano italiani e 20 stranieri, 2 le donne.

Quanti di questi atti estremi potevano essere evitati? Non c’è risposta a questa domanda. Gli agenti penitenziari fanno il possibile, ma non riescono a controllare più di una volta ogni ora e mezza o due le singole celle. Gli psicologi per prevenire ci sono, ma non la prima notte, la più lunga, nel caso di molti, oltre a Stefano di Rovereto. Quello che è certo è che alcune situazioni potrebbero essere gestite meglio, come quella finita tragicamente oggi a Pavia, una vicenda che ricorda da vicino quella di Ali, 40enne iracheno deceduto nell’agosto 2008, dopo ben 80 giorni di digiuno nel carcere di L’Aquila. “Entrambi stranieri, entrambi senza famiglia in Italia e senza denaro per garantirsi una adeguata difesa (Juburi era in carcere perché accusato del furto di un telefonino), entrambi protestavano la loro innocenza rifiutando di nutrirsi”, riporta Ristretti orizzonti, “chissà se l’Amministrazione Penitenziaria classificherà la loro morte come ‘suicidio’. Noi preferiamo scrivere vicino ai loro nomi ‘morti per fame'”.

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