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VICENZA. Don Bizzotto termina lo sciopero della fame
Il religioso, fondatore dei Beati costruttori di pace, aveva smesso di mangiare quindici giorni fa per protesta contro la costruzione della nuova base militare Usa. Ora il medico l’ha fatto desistere. “Ma ho lanciato il mio messaggio”
Due settimane senza toccare cibo per chiedere lo stop ai lavori di costruzione della seconda base militare statunitense a Vicenza. Ma al quindicesimo giorno don Albino Bizzotto, 70 anni, ha dovuto rinunciare per motivi di salute al suo digiuno e questa mattina ha ripreso lentamente a nutrirsi. “Sono convinto di avere dato un segnale”, sono stat ele prime parole del sacerdote, conosciuto in tutta Italia e non solo per aver fondato, nel 1985, l’associazione Beati costruttori di pace, basata sulla nonviolenza e sulla richiesta di un disarmo a livello mondiale.
“Il medico che mi ha visitato martedì mi ha trovato bene dopo 13 giorni in cui ho bevuto solo acqua”, ha spiegato Bizzotto, “ora iniziano a manifestarsi alcuni problemi, come carenza di sale, mentre in alcuni frangenti faccio fatica a collegare il pensiero con la parola. Quindi l’interruzione rappresenta un motivo precauzionale». Bizzotto, 70 anni, nato di Cassola (Vicenza) e residente Padova dove ha promosso la nascita della Radio, ha quindi abbandonato da poche ore la roulotte antistante l’aeroporto civile Dal Molin, sede della prossima nuova base Usa, la Ederle 2, dove aveva intrapreso il digiuno. Per far compagnia al religioso, in solidarietà con la sua azione nonviolenta, si erano recate sul luogo ogni giorno decine di cittadini: “ringrazio tutti coloro che sono venuti a trovarmi, soprattutto quelli che anche per un tempo limitato sono rimasti tutto il giorno con me, digiunando a loro volta”, ha aggiunto Bizzotto.
Il sacerdote aveva iniziato lo sciopero della fame in piena calura estiva lo scorso 18 agosto, motivando la sua azione con una lettera pubblica dal titolo ‘A nessuno piace digiunare’. Qui sotto il testo.
A nessuno piace digiunare, neanche a me. Quando ci troviamo davanti a situazioni particolarmente gravi, dobbiamo accettare anche comportamenti più impegnativi. Quanto sta avvenendo al Dal Molin è molto grave. In pieno Ferragosto, senza le normali interruzioni per ferie, nella nuova base al Dal Molin continuano a ritmo accelerato i lavori delle imprese che si sono aggiudicate gli appalti con lo scopo di produrre irreversibili fatti compiuti già prima del prossimo autunno.
Finora i cittadini di Vicenza con creatività, determinazione e continuità hanno messo in piedi una ininterrotta serie di iniziative per opporsi alla costruzione della nuova base statunitense. Ma il problema non riguarda solo Vicenza, riguarda tutti noi come italiani. Questo digiuno a sola acqua, a tempo indeterminato, desidera attirare attenzione sulla nostra responsabilità comune. Non possiamo solo rispondere ai vicentini quando ci invitano a partecipare alle loro iniziative; dobbiamo attivarci là dove ci troviamo perché il nostro impegno per la pace non si riduca a semplici parole, abbandonando gli obiettivi concreti che ci siamo dati.
Non so quanto il mio fisico regga, ma sarebbe bello riuscire a mettere in piedi una catena di solidarietà per attivare una sensibilizzazione a tutto campo, riaccendendo l’opinione pubblica.
C’è fretta nel progredire nei lavori della base perché anche a livello istituzionale c’è molto da nascondere. Stiamo vivendo un periodo di degrado aggressivo non solo nella vita pubblica, ma anche e soprattutto nella assuefazione della società.
Non è una pretesa, è una proposta. Che ne dite se riuscissimo a costruire un piccolo evento ogni giorno, dandoci appuntamento, anche in pochi, e lanciare assieme qualche messaggio sui temi attinenti al Dal Molin? Potrebbero riguardare gli insediamenti militari e le città, l’aumento della produzione e il commercio delle armi e il legame con l’attuale crisi, la risorsa acqua e gli insediamenti e le attività militari, la militarizzazione dei territori e le relazioni tra popoli…
don Albino Bizzotto
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