Non profit

Associazioni di disabili, l’entusiasmo dov’è?

di Redazione

Che fatica lavorare e impegnarsi per un’associazione che si occupa di diritti delle persone con disabilità. Si rischia la frustrazione da insuccesso, la scarsità di proseliti, le picconate dei battitori liberi che chiedono a gran voce risultati immediati e monetari, a partire dall’aumento delle pensioni di invalidità, ferme alla ridicola cifra di 240 euro al mese. Tutto questo e molto di più nella lunga e intelligente intervista a Pietro Barbieri, presidente della Fish, la Federazione italiana superamento handicap, nel portale www.superando.it.
Barbieri cerca da sempre di portare la Fish, assieme alle associazioni del terzo settore, ai tavoli di confronto con il governo di turno, nella convinzione, giusta, che occorre dialogare positivamente con tutti, ponendosi dal punto di vista dei diritti delle persone. Peccato che questi siano tempi grami, e dunque i tavoli non ci sono, e perfino la «Terza conferenza nazionale sulle politiche per la disabilità», in programma a Torino dall’1 al 3 ottobre nasce in sordina, destinata solo a tavoli tecnici per addetti ai lavori, senza il parterre politico delle grandi occasioni (la prima, per ricordo personale, nel 1999, vide la partecipazione dell’allora presidente del Consiglio, D’Alema, nel giorno delle sue dimissioni?).
Barbieri propone una trasformazione delle associazioni da fornitrici di servizi in moderni organismi di tutela collettiva dei diritti, pensa a vere e proprie class action, sul modello consumeristico, anche tenendo conto della nuova scena istituzionale, con il federalismo e le competenze spalmate sul territorio. Giusto, ma le truppe scarseggiano, e l’entusiasmo anche. È cresciuta, secondo me, una generazione di persone con disabilità che non ha dovuto combattere per vedere garantiti i diritti minimi (scuola, lavoro, mobilità, assistenza). E oggi che il welfare vacilla, anche in questo mondo la tentazione del “fai da te”, fra populismo e individualismo, è forte. Ne riparleremo.

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