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Friuli Venezia Giulia – Normativa organica in materia di attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande. Modifica alla LR 2/02 «Disciplina organica del turismo» (B.U.R 9/12/2005 n. 25)

di Redazione

TITOLO I DISPOSIZIONI COMUNI CAPO I Principi generali, definizioni e ambito di applicazione Art. 1 (Principi generali e finalita’) 1. La Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, ai sensi dell’articolo 4, primo comma, n. 6), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli – Venezia Giulia), disciplina il settore delle attivita’ commerciali e della somministrazione di alimenti e bevande in base ai seguenti principi: a) liberta’ di impresa, libera circolazione delle merci, libera concorrenza e trasparenza del mercato; b) tutela dei consumatori nell’ambito del servizio sul territorio, della correttezza dell’informazione, del rapporto tra qualita’ e prezzo delle merci, della sicurezza e genuinita’ dei prodotti e del contenimento dei prezzi; c) sviluppo e modernizzazione della rete distributiva regionale secondo criteri di efficienza, attraverso l’evoluzione dell’offerta secondo le esigenze dei consumatori; d) pluralismo ed equilibrio tra le tipologie delle strutture distributive e le differenti forme di vendita, e compatibilita’ in relazione all’impatto territoriale degli insediamenti, con particolare riguardo a fattori quali la mobilita’, il traffico e l’inquinamento acustico e ambientale; e) riconoscimento del ruolo imprenditoriale con particolare riguardo alle microimprese, alle piccole e medie imprese; f) tutela e promozione del servizio commerciale nelle aree montane, rurali e urbane, con particolare riferimento alle aree a minore dotazione del servizio; g) valorizzazione del territorio e delle produzioni locali, tradizionali e di qualita’ e salvaguardia dei locali storici. 2. In attuazione dei principi di cui al comma 1, sono perseguite le seguenti finalita’: a) armonizzazione dell’evoluzione del settore distributivo con gli obiettivi generali della Regione in materia di commercio e di turismo; b) coordinamento della disciplina del commercio con le norme concernenti le altre attivita’ produttive al fine di favorire lo sviluppo del sistema economico regionale; c) valorizzazione del commercio con la promozione della capacita’ di competere con i sistemi distributivi delle regioni e degli Stati contermini; d) contrasto dei fenomeni di saturazione commerciale e dei processi di depauperamento delle aree territoriali piu’ deboli; e) protezione del lavoro dipendente con riguardo anche alla sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori; f) garanzia di una equilibrata presenza di esercizi di vendita al dettaglio nei distinti settori merceologici, con particolare riguardo a quelli alimentari, all’interno dei centri storici; g) valorizzazione del lavoro in tutte le sue forme, salvaguardia e sviluppo qualificato delle attivita’ imprenditoriali, con particolare riguardo allo sviluppo e all’aggiornamento professionale degli operatori; h) salvaguardia e sviluppo qualificato dei livelli occupazionali con particolare riguardo al rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro e degli accordi integrativi territoriali; i) promozione e sviluppo della concertazione come metodo di relazione e di collaborazione tra gli Enti locali, le categorie economiche, le organizzazioni dei lavoratori e le associazioni dei consumatori, anche ai fini delle diverse articolazioni e funzioni del sistema distributivo. 3. La presente legge e’ la legge regionale organica delle attivita’ commerciali e della somministrazione di alimenti e bevande, e come tale non puo’ essere abrogata, derogata, sospesa o comunque modificata da altre norme di legge regionali, se non in modo esplicito, mediante l’indicazione precisa delle disposizioni da abrogare, derogare, sospendere o modificare. Art. 2 (Definizioni) 1. Ai fini della presente legge si intende per: a) commercio all’ingrosso: l’attivita’ svolta da chiunque professionalmente acquisti merci in nome e per conto proprio e le rivenda ad altri commercianti all’ingrosso o al dettaglio, o a utilizzatori professionali e a grandi consumatori; b) commercio al dettaglio: l’attivita’ svolta da chiunque professionalmente acquisti merci in nome e per conto proprio e le rivenda al consumatore finale; c) vendita di generi alimentari: la vendita di prodotti destinati alla nutrizione; d) vendita di generi non alimentari: la vendita di ogni altro prodotto diverso da quelli di cui alla lettera c); e) generi non alimentari a basso impatto: i materiali dell’edilizia, dell’agricoltura e della zootecnia, la ferramenta, i legnami, i mobili e gli articoli di arredamento, i veicoli, incluse le imbarcazioni, e i prodotti a questi similari che richiedono ampie superfici di esposizione e di vendita in rapporto al numero di visitatori e acquirenti; f) generi speciali: i prodotti ricompresi nei settori merceologici alimentari e non, posti in vendita nelle farmacie, nelle rivendite di generi di monopolio e presso i distributori di carburante, secondo le specifiche tabelle di cui all’allegato A; g) forme speciali di commercio al dettaglio: 1) la vendita da parte di soggetti, pubblici o privati, a favore di dipendenti, di soci di cooperative di consumo, di aderenti a circoli privati, nonche’ la vendita nelle scuole, negli ospedali, nelle strutture militari e nelle comunita’, esclusivamente a favore di coloro che hanno titolo ad accedervi; 2) la vendita per mezzo di apparecchi automatici; 3) la vendita per corrispondenza o tramite altri sistemi di comunicazione; 4) la vendita a domicilio; h) esercizi di vendita al dettaglio di vicinato: gli esercizi con superficie di vendita fino a metri quadrati 250; i) esercizi di vendita al dettaglio di media struttura: gli esercizi con superficie di vendita superiore a metri quadrati 250 e fino a metri quadrati 1.500; j) esercizi di vendita al dettaglio di grande struttura: gli esercizi aventi superficie di vendita superiore a metri quadrati 1.500; k) centro commerciale al dettaglio: un insieme di piu’ esercizi al dettaglio, realizzati secondo un progetto unitario, con infrastrutture e servizi gestiti unitariamente, la cui superficie complessiva di vendita sia superiore a metri quadrati 1.500 e la cui prevalente destinazione commerciale possa essere integrata da servizi all’utenza diversi da quelli esclusivamente commerciali, incluse le attivita’ di intrattenimento e svago, con esclusione delle attivita’ di vendita all’ingrosso; l) complesso commerciale: un insieme di piu’ esercizi sia di vicinato, che di media o grande struttura, insediati in uno o piu’ edifici, funzionalmente o fisicamente integrati tra loro, o che facciano parte di un unico Piano attuativo la cui superficie complessiva di vendita sia superiore a metri quadrati 1.500 e la cui prevalente destinazione commerciale possa essere integrata da servizi all’utenza diversi da quelli esclusivamente commerciali, incluse le attivita’ di intrattenimento e svago; m) outlet: la vendita al dettaglio da parte di produttori titolari del marchio o di imprese commerciali, di prodotti non alimentari identificati da un unico marchio, che siano fuori produzione, di fine serie, in eccedenza di magazzino, prototipi o difettati, effettuata in insediamenti commerciali a cio’ appositamente destinati; n) mercati agroalimentari all’ingrosso: le strutture gestite in modo unitario e destinate alla conservazione, alla commercializzazione all’ingrosso e all’esportazione di prodotti agroalimentari freschi, trasformati o conservati, compresi i prodotti ortofrutticoli e floricoli, piante e sementi, carni e prodotti della pesca; o) superficie di vendita di un esercizio al dettaglio: l’area alla quale ha accesso il pubblico, compresa quella occupata dai banchi, dalle scaffalature o quella comunque destinata a mostra o esposizione di merce, con esclusione dell’area destinata ai magazzini o ai depositi, ai locali di lavorazione o agli uffici e ai servizi, nonche’ dell’area interna adibita a deposito dei carrelli; p) superficie di vendita di un centro commerciale al dettaglio o di un complesso commerciale o di un outlet: quella risultante dalla somma delle superfici di vendita degli esercizi al dettaglio appartenenti al centro, al complesso commerciale o all’outlet; q) superficie coperta di un edificio: la sua proiezione ortogonale sul lotto di pertinenza, escluse le pensiline, gli sporti di gronda e gli aggetti a tutela del fabbricato e delle vetrine, a protezione dell’ingresso, e comunque non utilizzate per l’esposizione di merci; r) superficie coperta complessiva: la superficie coperta destinata ad attivita’ commerciale, inclusi uffici, depositi, locali di lavorazione e servizi; qualora l’attivita’ si svolga in un edificio su piu’ piani, la superficie coperta complessiva corrisponde alla somma delle superfici dei singoli piani destinate agli usi anzidetti; s) denuncia di inizio attivita’: la dichiarazione ai sensi dell’articolo 27 della legge regionale 20 marzo 2000, n. 7 (Testo unico delle norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso), e successive modifiche, con la quale l’operatore attesta in particolare di essere in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla normativa vigente e di aver rispettato le norme igienico-sanitarie, urbanistiche e relative alla destinazione d’uso con riferimento all’attivita’ che si intende esercitare, pena il divieto di prosecuzione dell’attivita’ medesima; t) attivita’ stagionale: l’attivita’ svolta per uno o piu’ periodi, anche frazionati, nel complesso non inferiori a sessanta giorni e non superiori a duecentoquaranta giorni per ciascun anno solare, come definiti dai Comuni con proprio regolamento; u) attivita’ temporanea: l’attivita’ svolta per un periodo non superiore a cinquantanove giorni nel corso dell’anno; v) silenzio assenso: il silenzio dell’Amministrazione competente che equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, qualora entro i termini stabiliti dalla legge non intervenga un provvedimento di diniego da parte della pubblica Amministrazione; w) gestione di reparto: l’affidamento da parte del titolare di esercizio di vendita al dettaglio, a favore di un soggetto che sia in possesso dei medesimi requisiti soggettivi del titolare, di uno o alcuni reparti da gestire in proprio per il tempo convenuto; la gestione di reparto deve essere comunicata al Comune da parte del titolare dell’esercizio e non costituisce subingresso; alla gestione di reparto si applicano le disposizioni del capo V del titolo II, purche’ la vendita di liquidazione avvenga unicamente per l’ipotesi di cessazione dell’attivita’ di gestione di reparto; ad essa non si applicano le disposizioni dell’articolo 33, comma 7, lettera a), e comma 13; il titolare rimane soggetto alle sanzioni di cui al capo I del titolo VI. Art. 3 (Settori merceologici) 1. Gli esercizi di vendita al dettaglio sono distinti nei seguenti settori merceologici: a) generi alimentari; b) generi non alimentari; c) stampa quotidiana e periodica; d) generi non alimentari a basso impatto; e) generi speciali. 2. I Comuni classificati montani per il totale della propria superficie censuaria e i Comuni inseriti in zone a svantaggio socio-economico di cui all’allegato B possono prevedere la facolta’ di svolgere congiuntamente in un’unica sede l’attivita’ di vendita per tutti i settori merceologici e altri servizi di particolare interesse per la collettivita’ e quelli di somministrazione e intrattenimento, eventualmente in convenzione con soggetti pubblici o privati, salva l’osservanza delle norme igienico-sanitarie. 3. Con regolamento regionale sono adottati i criteri per l’individuazione dei Comuni classificati montani per il totale della propria superficie censuaria, nonche’ dei Comuni inseriti in zone a svantaggio socio-economico. Art. 4 (Esclusioni) 1. La presente legge non si applica nei confronti delle seguenti categorie: a) titolari di farmacie e direttori di farmacie delle quali i Comuni assumono l’impianto e l’esercizio, qualora pongano in vendita esclusivamente prodotti farmaceutici, specialita’ medicinali, dispositivi medici e presidi medico-chirurgici, nonche’ medici veterinari qualora pongano in vendita in forma diretta, con divieto di pubblicizzazione e di esposizione, prodotti attinenti alla salute e al benessere degli animali in cura; b) titolari di rivendite di generi di monopolio, qualora vendano esclusivamente generi di monopolio; c) associazioni dei produttori ortofrutticoli costituite ai sensi della legge 27 luglio 1967, n. 622 (Organizzazione del mercato nel settore dei prodotti ortofrutticoli), e successive modifiche; d) imprenditori agricoli, singoli o associati, i quali esercitino attivita’ di vendita dei prodotti agricoli ai sensi dell’articolo 2135 del codice civile e del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57), e successive modifiche; e) titolari degli esercizi per la vendita di carburanti nonche’ degli oli minerali di cui all’articolo 1 del regolamento approvato con regio decreto 20 luglio 1934, n. 1303 (Approvazione del regolamento per l’esecuzione del regio decreto-legge 2 novembre 1933, n. 1741, che disciplina l’importazione, la lavorazione, il deposito e la distribuzione degli oli minerali e dei loro residui), e successive modifiche; per vendita di carburanti si intende la vendita dei prodotti per uso di autotrazione, compresi i lubrificanti, effettuata negli impianti di distribuzione automatica di cui all’articolo 2 della legge regionale 6 marzo 2002, n. 8 (Nuove norme per la programmazione, razionalizzazione e liberalizzazione della rete regionale di distribuzione dei carburanti e per l’esercizio delle funzioni amministrative), e all’articolo 1, comma 2, della legge regionale 23 aprile 1990, n. 17 (Criteri per la fissazione degli orari di apertura e chiusura degli impianti stradali di distribuzione dei carburanti ai sensi dell’articolo 54, lettera d), del DPR 24 luglio 1977, n. 616), e successive modifiche; f) artigiani, iscritti nell’apposito albo, nonche’ loro consorzi, e industriali, e loro consorzi, per la vendita, nei locali di produzione o in locali a questi adiacenti, dei beni di produzione propria, ovvero per la fornitura al committente dei beni accessori all’esecuzione delle opere o alla prestazione del servizio; per gli industriali e loro consorzi e’ consentita la vendita di beni di propria produzione, sia prodotti in sito che in sede delocalizzata, di beni soggetti a lavorazione parziale o finitura e di beni, anche di diversa produzione, similari e accessori a quelli di propria produzione; g) pescatori e cooperative di pescatori, nonche’ cacciatori, singoli o associati, che vendano al pubblico, al dettaglio, i prodotti ittici e la cacciagione provenienti esclusivamente dall’esercizio della loro attivita’, e coloro che esercitino la vendita dei prodotti da essi direttamente raccolti su terreni soggetti a usi civici nell’esercizio dei diritti di raccolta; h) chi vende o espone per la vendita le proprie opere d’arte, nonche’ quelle dell’ingegno a carattere creativo, comprese le proprie pubblicazioni di natura scientifica o informativa, realizzate anche mediante supporto informatico; i) chi cura il fallimento per la vendita dei beni del fallito nell’ambito delle procedure fallimentari; j) espositori a mostre e fiere campionarie per la vendita dei prodotti esposti ai visitatori e per la durata delle manifestazioni espositive; k) enti pubblici, fondazioni, organizzazioni non lucrative di utilita’ sociale (ONLUS), associazioni e soggetti promotori di manifestazioni politiche, religiose, culturali, turistiche e sportive per la vendita al pubblico effettuata nelle proprie sedi o nell’ambito delle rispettive funzioni o attivita’ istituzionali; l) titolari o gestori di esercizi ricettivi per la vendita di merci effettuata agli alloggiati nelle proprie strutture; m) parrucchieri ed estetisti per la vendita di prodotti connessi alla loro attivita’; n) gestori di teatri, cinematografi e promotori di manifestazioni culturali, sportive, politiche, religiose e similari, per le vendite effettuate in occasione di tali rappresentazioni o manifestazioni; o) gestori di musei pubblici e privati per la vendita di merci effettuata in tali luoghi. CAPO II Esercizio dell’attivita’ Art. 5 (Requisiti morali e professionali) 1. Ai fini della tutela del consumatore, l’esercizio, in qualsiasi forma, dell’attivita’ commerciale e di somministrazione di alimenti e bevande, e’ consentito solo a chi sia in possesso dei requisiti morali e professionali previsti dalla presente legge. 2. L’esercizio dell’attivita’ di somministrazione di alimenti e bevande e’ subordinato all’iscrizione al registro degli esercenti il commercio (REC), di cui all’articolo 1 della legge 11 giugno 1971, n. 426 (Disciplina del commercio), e successive modifiche, e all’articolo 2 della legge 25 agosto 1991, n. 287 (Aggiornamento della normativa sull’insediamento e sull’attivita’ dei pubblici esercizi), e successive modifiche. Con riferimento ai requisiti morali per l’esercizio dell’attivita’ di somministrazione di alimenti e bevande trova applicazione la citata legge 287/1991. 3. L’accertamento dei requisiti e’ effettuato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), e successive modifiche. 4. La verifica dei requisiti soggettivi relativi alle attivita’ di commercio all’ingrosso e’ di competenza delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Art. 6 (Requisiti morali e condizioni ostative concernenti l’esercizio dell’attivita’ commerciale) 1. Non possono esercitare l’attivita’ commerciale in sede fissa o sulle aree pubbliche: a) coloro che siano stati dichiarati falliti, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione; b) coloro che abbiano riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato anche emessa in esecuzione dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per delitto non colposo, per il quale sia prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata, in concreto, una pena superiore al minimo edittale; c) coloro che abbiano riportato una condanna a pena detentiva, con sentenza passata in giudicato anche emessa in esecuzione dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui ai Titoli II e VIII del Libro II del codice penale, ovvero di ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, sequestro di persona a scopo di estorsione, rapina; d) coloro che abbiano riportato nell’ultimo quinquennio, due o piu’ condanne a pena detentiva o a pena pecuniaria, con sentenza passata in giudicato anche emessa in esecuzione dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti agli articoli 442, 444, 513, 513 bis, 515, 516 e 517 del codice penale, o per delitti di frode nella preparazione o nel commercio degli alimenti, previsti da leggi speciali; e) coloro che siano sottoposti a una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 (Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralita’), o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la mafia), ovvero siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza. 2. Il divieto di esercizio dell’attivita’ commerciale in caso di condanna permane per la durata di cinque anni a decorrere dal giorno in cui la pena sia stata scontata o si sia in altro modo estinta. Il divieto non si applica, ai sensi dell’articolo 166 del codice penale, qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena e sempre che non intervengano circostanze idonee a incidere sulla revoca della sospensione stessa. Art. 7 (Requisiti professionali) 1. L’esercizio dell’attivita’ commerciale in sede fissa o sulle aree pubbliche di prodotti non alimentari e’ subordinato al possesso di uno dei seguenti requisiti: a) essere in possesso di un attestato di frequenza ai corsi professionali per il commercio istituiti o riconosciuti dalla Regione con le modalita’ di cui all’articolo 8; b) avere esercitato in proprio, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, l’attivita’ di vendita all’ingrosso o al dettaglio, o aver prestato la propria opera, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, presso imprese esercenti l’attivita’ nel medesimo settore, in qualita’ di dipendente qualificato addetto alla vendita o all’amministrazione o, qualora trattasi di coniuge o parente o affine, entro il terzo grado dell’imprenditore, in qualita’ di coadiutore familiare comprovata dall’iscrizione all’INPS; c) essere in possesso di una laurea o di un diploma di scuola media di secondo grado ovvero di titoli equivalenti. 2. L’autorizzazione all’esercizio dell’attivita’ commerciale in sede fissa o sulle aree pubbliche di prodotti alimentari, nonche’ l’iscrizione al REC ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande, sono subordinate al possesso di uno dei seguenti requisiti: a) avere frequentato i corsi di cui all’articolo 8 e aver superato positivamente l’esame di cui all’articolo 9; b) avere esercitato in proprio, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, l’attivita’ di vendita di prodotti alimentari all’ingrosso o al dettaglio, ovvero l’attivita’ di somministrazione di alimenti e bevande, o aver prestato la propria opera, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, presso imprese esercenti l’attivita’ nel medesimo settore, in qualita’ di dipendente qualificato addetto alla vendita o all’amministrazione o, qualora trattasi di coniuge o parente o affine, entro il terzo grado dell’imprenditore, in qualita’ di coadiutore familiare comprovata dall’iscrizione all’INPS; c) essere in possesso di una laurea, ovvero di un diploma di scuola media di secondo grado, ovvero di un diploma di scuola alberghiera, ovvero di diplomi o titoli equivalenti. 3. L’equivalenza viene certificata, su richiesta dell’interessato, dall’istituto che ha rilasciato il titolo di studio. 4. Con regolamento regionale vengono fissate le norme ai fini dell’adeguamento dell’ordinamento delle altre Regioni alla presente legge in materia di corsi professionali. Art. 8 (Corsi professionali) 1. I corsi professionali di cui all’articolo 7 vengono organizzati dai Centri di assistenza tecnica (CAT), di cui all’articolo 85, direttamente dalla propria struttura organizzativa senza delega ad altri soggetti. 2. Con regolamento regionale, da emanarsi entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, vengono stabilite le modalita’ di organizzazione, la durata e le singole materie dei corsi di cui all’articolo 7. 3. I CAT possono inoltre organizzare e gestire corsi facoltativi di aggiornamento. Art. 9 (Commissione d’esame) 1. A conclusione del corso previsto all’articolo 8, comma 1, l’idoneita’ dei candidati e’ accertata da una commissione provinciale costituita presso la Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nominata dalla giunta camerale per una durata di cinque anni, e composta da: a) il Segretario generale camerale o un suo sostituto, con funzioni di presidente; b) un funzionario della Regione o un suo sostituto; c) un rappresentante del CAT che ha organizzato il corso o un suo sostituto; d) un esperto in materia igienico-sanitaria degli alimenti o un suo sostituto; e) un esperto in merceologia o un suo sostituto; f) un rappresentante delle associazioni di tutela dei consumatori. Art. 10 (Titolarita’ dei requisiti) 1. I requisiti di cui all’articolo 6 devono essere posseduti dal titolare, dal legale rappresentante e da ogni altra persona specificatamente preposta all’attivita’ commerciale. I requisiti di cui all’articolo 7 devono essere posseduti dal titolare, ovvero, in caso di societa’, dal legale rappresentante o da altra persona specificatamente preposta all’attivita’ commerciale. Il possesso dei requisiti e’ parimenti richiesto per tutti i preposti all’attivita’ commerciale anche al di fuori della fattispecie di societa’. Qualora l’attivita’ commerciale non sia esercitata direttamente dal titolare o dal legale rappresentante, il preposto deve essere in ogni caso nominato. TITOLO II COMMERCIO IN SEDE FISSA CAPO I Tipologia degli esercizi di vendita Art. 11 (Esercizi di vicinato) 1. L’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento e la concentrazione degli esercizi di vicinato entro i limiti stabiliti all’articolo 2, comma 1, lettera h), sono soggetti a denuncia di inizio attivita’ al Comune. 2. La denuncia di inizio attivita’ deve contenere tutti i dati di cui all’articolo 2, comma 1, lettera s), con particolare riferimento all’ubicazione dell’esercizio e agli estremi del titolo abilitativo edilizio. 3. Al fine di salvaguardare il mantenimento di una rete distributiva nelle aree comprendenti i Comuni classificati montani per il totale della propria superficie censuaria e i Comuni inseriti in zone a svantaggio socio-economico di cui all’allegato B, gli esercizi di vicinato ubicati nelle aree suddette non possono essere oggetto di trasferimento per concentrazione in grandi strutture di vendita. Art. 12 (Medie strutture di vendita) 1. L’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento e la concentrazione delle medie strutture aventi superficie di vendita non superiore a metri quadrati 400 sono soggetti a denuncia di inizio attivita’ al Comune e non sono assoggettati ai parametri di cui al comma 3, lettera b). 2. L’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento e la concentrazione delle medie strutture aventi superficie di vendita superiore a metri quadrati 400, sono soggetti ad autorizzazione del Comune per la quale e’ previsto il silenzio assenso, subordinato al possesso del titolo abilitativo edilizio e all’osservanza delle disposizioni di cui ai commi 3 e 4. 3. Con regolamento regionale, consultate le organizzazioni di categoria degli imprenditori commerciali, le associazioni di tutela dei consumatori, le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, nonche’ le associazioni dei Comuni, delle Province e delle Comunita’ montane, sentita la Commissione consiliare competente e l’Assemblea delle Autonomie locali, previo parere dell’Osservatorio regionale del commercio di cui all’articolo 84, sono emanate disposizioni in materia di urbanistica commerciale e di programmazione per le medie strutture di vendita al fine di: a) definire un modello territoriale generale della rete commerciale al dettaglio nella regione, finalizzato all’individuazione delle aree metropolitane e urbane omogenee, dei bacini sovracomunali di utenza e delle aree di minore consistenza demografica e socio-economica; b) determinare i parametri, soggetti a revisione biennale, da utilizzarsi da parte dei Comuni per valutare l’evoluzione del rapporto tra domanda potenziale relativa ai consumi della popolazione residente, turistica e di passaggio e l’offerta di esercizi commerciali al dettaglio. 4. I Comuni, in conformita’ al regolamento di cui al comma 3, sentite le organizzazioni di categoria degli imprenditori commerciali e le associazioni di tutela dei consumatori, disciplinano il rilascio delle autorizzazioni amministrative per medie strutture di vendita. Tali criteri e modalita’ devono contenere in particolare i seguenti elementi: a) urbanistici, in ordine alla delimitazione delle aree edificate, delle aree dei centri storici, e di quelle soggette a interventi di recupero e riqualificazione urbanistica, anche ai fini commerciali, nonche’ all’individuazione degli edifici soggetti a regime vincolistico; b) commerciali, in ordine alla valutazione del rapporto tra l’evolversi della domanda potenziale di consumi della popolazione residente, turistica e di passaggio, e l’offerta di esercizi al dettaglio, con riguardo ai diversi settori merceologici, secondo i parametri di cui al comma 3, lettera b); c) numerici, in ordine al numero delle nuove autorizzazioni amministrative rilasciabili per medie strutture di vendita nei diversi settori merceologici. 5. Il trasferimento di sede delle medie strutture puo’ avvenire soltanto nell’ambito del territorio comunale. 6. Fatto salvo quanto prescritto al comma 1, l’ampliamento della superficie di vendita delle medie strutture, e comunque entro il limite massimo stabilito all’articolo 2, comma 1, lettera i), non puo’ eccedere il 50 per cento della superficie originaria. Art. 13 (Grandi strutture di vendita) 1. L’apertura, l’ampliamento, il trasferimento di sede e la concentrazione delle grandi strutture di vendita, costituite da singoli esercizi o centri commerciali al dettaglio o complessi commerciali o outlet, sono soggetti ad autorizzazione del Comune in conformita’ a quanto previsto dal Piano comunale di settore del commercio. Art. 14 (Condizioni per il rilascio dell’autorizzazione commerciale) 1. L’autorizzazione commerciale puo’ essere rilasciata a chi sia in possesso di ido-neo titolo abilitativo edilizio con esclusivo riferimento ai locali indicati per l’esercizio dell’attivita’. L’esercizio e’ attivabile subordinatamente all’osservanza delle norme in materia urbanistica ed edilizia, igienico-sanitarie e relative alla prevenzione di incendi e infortuni. CAPO II Urbanistica commerciale Art. 15 (Strumenti di pianificazione commerciale) 1. La pianificazione commerciale regionale e’ attuata mediante il Piano per la grande distribuzione, tenendo conto delle esigenze di equilibrato e armonico sviluppo del sistema distributivo regionale, di salvaguardia e sviluppo sostenibile del territorio, nonche’ dell’interesse dei consumatori. Il Piano per la grande distribuzione: a) individua i Comuni nei quali e’ consentito l’insediamento di strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a metri quadrati 15.000; b) determina le superfici di vendita massime disponibili per tali strutture; c) stabilisce i limiti minimi delle quote di mercato per il vicinato e i limiti minimi e massimi delle quote di mercato per la media e la grande struttura; d) definisce le modalita’ di utilizzo delle superfici incrementali e ne disciplina il monitoraggio; e) individua le eventuali aree limitrofe ai confini destinate agli insediamenti di grandi strutture di vendita, con capacita’ di attrazione internazionale che presentano interesse strategico a tutela della rete distributiva regionale. 2. Il Comune che intende collocare sul proprio territorio esercizi di vendita di grande struttura deve preventivamente approvare, ai sensi della normativa urbanistica vigente, un Piano di settore del commercio in conformita’ alle previsioni contenute nel Piano per la grande distribuzione. 3. Con regolamento regionale contenente disposizioni in materia di urbanistica commerciale e di programmazione per le grandi strutture di vendita, la Giunta regionale, previo parere dell’Osservatorio regionale del commercio di cui all’articolo 84, consultate le organizzazioni di categoria degli operatori commerciali, le associazioni di tutela dei consumatori, le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, nonche’ le associazioni dei Comuni e delle Province, sentita la Commissione consiliare competente e l’Assemblea delle Autonomie locali: a) elabora un modello territoriale generale della rete commerciale al dettaglio nella regione, con l’individuazione delle aree metropolitane e urbane omogenee, dei bacini sovracomunali di utenza e delle aree di minore consistenza demografica e socio-economica; b) definisce i contenuti del Piano comunale di settore del commercio riguardanti in particolare: la delimitazione delle aree edificate, delle aree dei centri storici, di quelle soggette a interventi di recupero e riqualificazione urbanistica e commerciale; l’individuazione degli edifici soggetti a regime vincolistico e delle zone omogenee destinate all’allocazione delle grandi strutture di vendita, nell’osservanza dei criteri di cui al comma 7; la determinazione delle superfici destinabili alle grandi strutture di vendita per singola zona omogenea, nel rispetto dei limiti di disponibilita’ di superfici di cui al comma 1 per le grandi strutture di vendita con superficie coperta superiore a metri quadrati 15.000 e di cui alla lettera d) per le grandi strutture di vendita con superficie coperta non superiore a metri quadrati 15.000; c) stabilisce la dotazione di parcheggi a servizio degli insediamenti commerciali anche in deroga alle vigenti procedure per la revisione degli strumenti urbanistici regionali; d) determina parametri e indici numerici, soggetti a revisione quadriennale, per l’individuazione delle aree e delle condizioni per la disponibilita’ di superfici destinabili alle grandi strutture di vendita con superficie coperta non superiore a metri quadrati 15.000; e) individua le condizioni di ammissibilita’ dei trasferimenti e delle concentrazioni di preesistenti esercizi di vicinato e di medie strutture per l’apertura di grandi strutture di vendita in singoli esercizi, centri commerciali al dettaglio e complessi commerciali nel rispetto delle previsioni del Piano comunale di settore del commercio di cui alla lettera b); f) individua le condizioni di ammissibilita’ dei trasferimenti, degli ampliamenti e delle concentrazioni delle grandi strutture di vendita nel rispetto delle previsioni del Piano comunale di settore del commercio di cui alla lettera b); g) determina il rapporto percentuale tra piccole, medie e grandi strutture di vendita all’interno di centri commerciali al dettaglio e complessi commerciali. 4. Il Piano per la grande distribuzione e’ approvato e aggiornato dal Presidente della Regione, ai sensi dell’articolo 42 dello Statuto speciale della Regione Friuli Venezia Giulia, su conforme deliberazione della Giunta regionale, previo parere della competente Commissione consiliare, dell’Assemblea delle Autonomie locali e dell’Osservatorio regionale del commercio, di cui all’articolo 84. 5. I Comuni possono procedere alla formazione del Piano di settore del commercio anche in forma associata. In tale ipotesi, il Piano di settore del commercio una volta approvato dai singoli Consigli comunali e’ trasmesso alla Regione la quale, entro novanta giorni dal ricevimento, puo’ esprimere riserve vincolanti nel solo caso in cui verifichi contrasti con le norme vigenti o le previsioni infrastrutturali dello strumento di programmazione urbanistica regionale vigente. Fatta eccezione per i Comuni montani di cui all’allegato B, la base demografica minima da raggiungere fra i Comuni che intendono formare il Piano di settore del commercio in forma associata, e’ fissata nel limite di 30.000 abitanti. 6. Nella scelta della localizzazione degli esercizi di vendita di grande struttura sono privilegiate le aree con elevato livello di accessibilita’ agli assi viari primari e secondari esistenti, con forte livello relazionale e di comunicazione con le aree urbane centrali e con rilevante interconnessione con altri servizi e poli di attrazione rivolti all’utenza commerciale. 7. I criteri di indirizzo per la scelta di localizzazione devono essere informati: a) alla salvaguardia e alla razionalizzazione della funzionalita’ della rete viaria primaria e secondaria; b) alla congruenza ambientale dell’intervento previsto con l’osservanza dei valori storico-architettonici, culturali, paesaggistici, naturalistici e insediativi del contesto, nel rispetto delle norme vigenti nei singoli settori. 8. Per le finalita’ di cui al comma 7, lettera a), non e’ ammissibile la localizzazione lungo assi viari non ancora interessati da consistenti insediamenti commerciali o produttivi, ovvero ove esistano condizioni di difficile accessibilita’, qualora non siano previste espressamente soluzioni tecniche atte a rimuovere i fenomeni di congestione gia’ esistenti, nel rispetto dell’armonia con le caratteristiche del contorno insediativo. Le opere di raccordo con la viabilita’ relative alle grandi strutture di vendita devono essere completate antecedentemente all’attivazione dell’attivita’ commerciale. Tali opere devono in ogni caso assicurare scorrevolezza negli accessi in entrata e uscita, garantendo piste di decelerazione e arretramenti dell’edificato tali da consentire la realizzazione di corsie laterali di servizio. 9. L’apertura, l’ampliamento, il trasferimento di sede e la concentrazione relativi agli esercizi di vendita di grande struttura con superficie coperta complessiva superiore a metri quadrati 15.000 sono subordinati alla preventiva approvazione del Piano di settore del commercio da parte dei Comuni, in conformita’ alle previsioni del Piano per la grande distribuzione. 10. L’insediamento degli esercizi di vendita di grande struttura deve tendere all’equilibrio tra le aree urbane centrali e il contesto insediativo urbano complessivo, nel mantenimento della pluralita’ e della interconnessione tra le diverse funzioni del territorio, le destinazioni urbanistiche e le attrezzature infrastrutturali. Art. 16 (Localizzazione degli esercizi commerciali) 1. Gli esercizi di vicinato possono essere allocati in ogni zona urbanisticamente compatibile. 2. Gli esercizi di media struttura possono essere allocati: a) senza vincolo di destinazione di zona omogenea propria a destinazione commerciale, solo nell’ambito delle aree di cui all’articolo 12, comma 4, lettera a); b) con vincolo di individuazione di zona omogenea propria a destinazione commerciale in tutte le altre aree. 3. Gli esercizi di vendita di grande struttura possono essere insediati nelle zone previste dal Piano comunale di settore del commercio, nel rispetto dei criteri individuati all’articolo 15, commi 6, 7 e 8. 4. La previsione degli esercizi di vendita di grande struttura con superficie coperta complessiva superiore a metri quadrati 15.000 e’ ammessa nei limiti previsti dal Piano regionale per la grande distribuzione 5. Gli esercizi di vendita dei generi non alimentari a basso impatto, considerati la contenuta frequenza di acquisto e il limitato impatto viabilistico, possono essere allocati anche nelle zone urbanistiche omogenee a destinazione industriale o artigianale. Art. 17 (Strumenti attuativi previsti per grandi strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a metri quadrati 15.000) 1. Le previsioni urbanistiche del Piano comunale di settore del commercio per insediamenti di grandi strutture di vendita con superficie coperta complessiva superiore a metri quadrati 15.000, sono attuate mediante apposito Piano regolatore particolareggiato di iniziativa privata. 2. Il Piano regolatore particolareggiato, di cui al comma 1, e’ sottoposto a parere vincolante della Regione, che si esprime in relazione ai criteri di localizzazione di cui all’articolo 15, comma 7, entro il termine di settantacinque giorni. 3. I proprietari di immobili che, in base all’imponibile catastale, rappresentano almeno i due terzi del valore delle aree e degli edifici interessati alle procedure di cui ai commi 1 e 2, possono predisporre e presentare al Comune proposte di Piano regolatore particolareggiato comunale (PRPC), da adottare e approvare con le modalita’ disciplinate dalle vigenti norme urbanistiche. Art. 18 (Modalita’ di applicazione degli standard urbanistici per le aree da riservare a parcheggio per gli esercizi commerciali) 1. Gli standard urbanistici delle aree da riservare a parcheggio per gli esercizi commerciali sono stabiliti dagli strumenti urbanistici comunali, nel rispetto della normativa vigente, salvo quanto stabilito al comma 2. 2. E’ ammesso reperire le aree da destinare a parcheggio alle distanze indicate negli strumenti urbanistici o, in assenza di tali disposizioni, dalla vigente normativa urbanistica o di settore. E’ ammesso rendere disponibili tali aree anche in regime di convenzionamento con i proprietari o gestori di parcheggi pubblici o privati, fermo restando il rispetto del numero minimo di posti auto previsti dagli standard urbanistici. 3. Nelle zone destinate all’insediamento di esercizi di grande distribuzione la consistenza dei parcheggi deve essere progettata complessivamente per tutta la relativa superficie, mediante la previsione e realizzazione di aree verdi attrezzate, alberature, percorsi pedonali e ciclabili che migliorino la qualita’ dell’insediamento assicurando continuita’ con le eventuali zone limitrofe commerciali, produttive o di servizio. 4. I titolari di grandi strutture di vendita gia’ insediate devono uniformarsi alle prescrizioni di cui al comma 3, relativamente alle aree destinate a parcheggio, nel caso in cui chiedano ampliamenti della superficie di vendita esistente alla data di entrata in vigore della presente legge. Tale prescrizione non si applica agli ampliamenti della superficie di vendita esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, operati dai titolari di grandi strutture di vendita gia’ insediate, ubicate in aree pedonali o in zone soggette a traffico limitato o in centro storico. 5. Per i nuovi insediamenti di medie strutture di vendita localizzati all’interno dei centri storici, gli standard urbanistici delle aree da riservare a parcheggio possono essere ridotti del 50 per cento dall’Amministrazione comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti. 6. Per gli esercizi di vendita al dettaglio di generi non alimentari a basso impatto, gli standard di cui al comma 1 possono essere ridotti fino a un massimo del 70 per cento, fermo restando l’obbligo di ripristinarne l’osservanza, ovvero di attuare una corrispondente riduzione della superficie di vendita in caso di mutamento di settore merceologico. CAPO III Altre forme di vendita Art. 19 (Insediamenti outlet di grande distribuzione) 1. I produttori o le imprese commerciali di cui all’articolo 2, comma 1, lettera m), effettuano le vendite in outlet in appositi insediamenti di grande distribuzione costituiti da piu’ esercizi di vicinato, di media o di grande struttura, realizzati secondo un progetto unitario. 2. Entro il 31 dicembre 2009, in armonia con quanto previsto dal Piano per la grande distribuzione, nel rispetto dei limiti complessivi regionali delle relative quote di mercato e a integrazione delle superfici incrementali idonee all’insediamento di strutture commerciali con superficie coperta complessiva superiore a metri quadrati 15.000, in deroga ai Piani di settore del commercio, puo’ essere autorizzata l’apertura di outlet fino a un totale massimo sul territorio regionale di metri quadrati 30.000 di superficie coperta complessiva, relativamente alla vendita di generi non alimentari a basso impatto. 3. Le autorizzazioni di cui al comma 2 non possono essere convertite in attivita’ di grande distribuzione o di outlet che trattino generi diversi da quelli non alimentari a basso impatto. 4. Gli outlet di cui al comma 2 sono insediati in aree a specifica destinazione commerciale all’interno di zone di interesse strategico a tutela della rete distributiva regionale, ovvero in aree localizzate in prossimita’ di caselli autostradali, individuate dal Piano per la grande distribuzione. 5. Le autorizzazioni di cui al comma 2 vengono rilasciate dalla Giunta regionale, previo parere dell’Osservatorio regionale del commercio di cui all’articolo 84 e sentita la Commissione consiliare competente, in esito a procedure selettive espletate secondo i criteri previsti da apposito bando deliberati dalla Giunta stessa. 6. I criteri di cui al comma 5 privilegiano le produzioni industriali e artigianali del Friuli Venezia Giulia di alta qualita’. Art. 20 (Disciplina dei mercati agroalimentari all’ingrosso) 1. I mercati agroalimentari all’ingrosso sono gestiti come servizi di interesse pubblico in modo da assicurare la libera formazione del prezzo delle merci, nell’osservanza delle norme vigenti in materia di commercializzazione e in materia igienico-sanitaria. 2. I mercati agroalimentari all’ingrosso possono essere istituiti o gestiti dai Comuni o da altri enti pubblici territoriali, nonche’ da societa’ per azioni o da societa’ consortili per azioni. 3. I mercati agroalimentari all’ingrosso sono caratterizzati da: a) posizione baricentrica rispetto alle vie di comunicazione e ai centri di servizi; b) adiacenza ad aree idonee all’insediamento di attivita’ connesse integrative e funzionali all’attivita’ dei mercati stessi; c) dotazione di aree riservate alle produzioni agroalimentari locali. 4. La realizzazione dei mercati agroalimentari all’ingrosso e’ subordinata al rispetto delle norme di generale applicazione con riferimento agli insediamenti e all’edificazione di immobili destinati ad attivita’ commerciali. 5. Con regolamento regionale sono disciplinate le modalita’ di costituzione e l’attivita’ dei mercati agroalimentari all’ingrosso, con particolare riguardo a: a) requisiti strutturali e organizzativi minimi; b) modalita’ per l’adeguamento ai requisiti di cui alla lettera a) da parte delle strutture gia’ operative; c) criteri per l’assegnazione degli spazi di vendita; d) modalita’ di adozione del regolamento del mercato e materie oggetto del regolamento medesimo; e) categorie di venditori e acquirenti ammessi alle negoziazioni; f) modalita’ di vendita all’asta e disciplina delle borse merci. Art. 21 (Spacci interni) 1. Le amministrazioni pubbliche, le imprese e i circoli privati, le cooperative di consumo e i loro consorzi, le associazioni di volontariato, le ONLUS, le associazioni e le cooperative senza fini di lucro, possono esercitare la vendita al dettaglio a favore rispettivamente dei propri dipendenti, dei propri soci e dei familiari, in locali non aperti al pubblico, di superficie non superiore a metri quadrati 250 e privi di accesso diretto dalla pubblica via. 2. L’attivazione dell’esercizio e’ soggetta a denuncia di inizio attivita’, nella quale devono essere dichiarati la sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 5 in capo alla persona preposta alla gestione dello spaccio, il rispetto delle norme igienico-sanitarie relativamente ai locali, il settore merceologico, l’ubicazione e la superficie di vendita. 3. Ai soggetti ammessi all’acquisto nei locali di cui al comma 1 deve essere rilasciata apposita tessera e i loro nominativi devono essere annotati in un apposito registro. 4. Il requisito del mancato accesso diretto dalla pubblica via e’ richiesto solo per i locali operanti successivamente al 31 dicembre 1998. Art. 22 (Distribuzione automatica) 1. La vendita al dettaglio a mezzo di apparecchi automatici, nel caso in cui non sia effettuata direttamente dall’esercente all’interno dell’esercizio di vendita o nelle sue immediate adiacenze, e’ soggetta alla denuncia di inizio attivita’. 2. Nella denuncia di inizio attivita’ devono essere dichiarati la sussistenza, per il richiedente, dei requisiti di cui all’articolo 5, il settore merceologico e l’ubicazione, nonche’, qualora l’apparecchio automatico venga installato su area pubblica, l’osservanza delle norme sull’occupazione del suolo pubblico. 3. La vendita al dettaglio mediante apparecchi automatici in apposito locale a essa adibito in modo esclusivo e’ considerata come apertura di un esercizio di vendita al dettaglio ed e’ soggetta alle norme di cui agli articoli 11, 12 e 13. 4. La vendita di alimenti e bevande a mezzo apparecchi automatici deve essere esercitata in conformita’ alla vigente normativa igienico-sanitaria. 5. La vendita al dettaglio a mezzo di apparecchi automatici esercitata dalle farmacie deve riguardare esclusivamente i generi speciali compresi nella specifica tabella di cui all’allegato A, con esclusione dei medicinali, e deve essere effettuata esclusivamente all’interno della farmacia o nelle sue immediate adiacenze. Art. 23 (Vendita per corrispondenza o altri sistemi di comunicazione) 1. La vendita al dettaglio per corrispondenza, inclusa la vendita per corrispondenza su catalogo, o tramite televisione o altri sistemi di comunicazione e’ soggetta alla denuncia di inizio attivita’ al Comune nel quale il titolare ha la residenza, se persona fisica, o la sede legale. 2. Alle vendite di cui al comma 1 si applica l’articolo 18 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), e successive modifiche. Art. 24 (Vendita diretta al domicilio dei consumatori o mediante contratti negoziati fuori dai locali commerciali) 1. La vendita al dettaglio o la raccolta di ordinativi di acquisto presso il domicilio dei consumatori e’ soggetta a denuncia di inizio attivita’ al Comune nel quale il titolare ha la residenza o la sede legale. 2. Alle vendite di cui al comma 1 si applica l’articolo 19 del decreto legislativo 114/1998, e successive modifiche. Art. 25 (Esercizi che effettuano la vendita a soggetti diversi dal consumatore finale) 1. Gli esercizi commerciali all’ingrosso, inclusi i > e le tipologie similari, svolgono la loro attivita’ di vendita esclusivamente nei confronti di commercianti, di comunita’, di utilizzatori professionali e di grandi consumatori. 2. La limitazione di cui al comma 1 deve essere esposta in forma visibile all’ingresso degli esercizi ed esplicitata in tutte le informazioni promozionali e pubblicitarie. Art. 26 (Disposizioni concernenti il commercio equo e solidale) 1. Per commercio equo e solidale si intende la vendita al dettaglio dei beni di cui all’articolo 2, comma 1, lettere c) e d), provenienti esclusivamente dai Paesi in via di sviluppo, secondo i criteri contenuti nella risoluzione del Parlamento europeo del 19 gennaio 1994 (Risoluzione sulla promozione del commercio equo e solidale fra Nord e Sud), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunita’ Europee n. C 044 del 14 febbraio 1994. 2. Le attivita’ del commercio equo e solidale possono essere svolte esclusivamente da associazioni di volontariato, ONLUS, associazioni e cooperative senza fine di lucro e altri enti non commerciali, con l’osservanza delle disposizioni concernenti gli esercizi di vicinato e di quelle relative al possesso dei requisiti soggettivi di cui agli articoli 5, 6, 7 e 10. Le attivita’ del commercio equo e solidale non possono essere svolte da imprese individuali e societa’. 3. Ai soggetti individuati al comma 2 e’ consentita la vendita dei beni commercializzati anche non in sede fissa in occasione di manifestazioni, fiere e altre iniziative promozionali, in deroga alle disposizioni sul commercio sulle aree pubbliche, fermo restando che tali soggetti sottostanno alla medesima disciplina prevista per gli altri operatori nelle fiere, qualora compatibile. Nella determinazione delle aree destinate alle fiere di cui all’articolo 50, i Comuni riservano una parte delle aree medesime per i soggetti di cui al comma 2, che siano in possesso del decreto di cui al comma 4, in deroga ai criteri di priorita’ per l’assegnazione delle aree predette di cui all’articolo 50, commi 4 e 5. 4. Agli esercizi ove si effettui la vendita al dettaglio di beni che, almeno per l’80 per cento del volume d’affari, facciano parte del circuito del commercio equo e solidale, e’ conferita la denominazione di > con decreto del Direttore centrale attivita’ produttive, previa verifica dei requisiti previsti. 5. La domanda di conferimento della denominazione di > va presentata alla Direzione centrale attivita’ produttive, completa di tutti i dati identificativi del soggetto di cui al comma 2, incluso il possesso dei requisiti morali e professionali, nonche’ di tutti i dati identificativi dell’esercizio per il quale si intende ottenere la denominazione. Alla domanda vanno allegati, in particolare, copia dell’atto costitutivo e dello statuto, nonche’ dichiarazione sostitutiva di atto notorio, dove si attesta di essere a conoscenza delle prescrizioni regionali vigenti in materia di commercio equo e solidale. La domanda si considera accolta per silenzio assenso, se il provvedimento negativo non viene comunicato entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrente dalla data di presentazione della domanda stessa. In caso di accertamento definitivo della non conformita’ degli atti presentati alle disposizioni contenute nel presente articolo, la Direzione centrale attivita’ produttive provvede con atto motivato di diniego, da comunicarsi al soggetto che ha inoltrato la domanda. Art. 27 (Commercio elettronico e certificazione di qualita’) 1. Per commercio elettronico si intendono le operazioni commerciali disciplinate dal decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70 (Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della societa’ dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico). 2. La Regione promuove la certificazione di qualita’, nonche’ lo sviluppo del commercio elettronico, organizzato da piccole e medie imprese commerciali, turistiche e di servizi anche in associazione tra loro. 3. Ai fini della protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza si applica il decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185 (Attuazione della direttiva 97/7/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza), e successive modifiche. CAPO IV Orari Art. 28 (Orari degli esercizi) 1. Gli orari di apertura e di chiusura degli esercizi di vendita al dettaglio e degli altri punti fissi della rete distributiva, di cui all’articolo 21, comma 1, inclusi quelli gestiti da artigiani o da industrie agroalimentari per la vendita al pubblico dei prodotti alimentari di propria produzione, escluse le amministrazioni pubbliche, sono fissati dagli operatori responsabili delle relative imprese, nell’osservanza dei limiti stabiliti ai commi 2, 3 e 4. 2. Gli esercizi di cui al comma 1 possono restare aperti dalle ore cinque alle ore ventitre per un massimo di tredici ore giornaliere. 3. Per motivate esigenze di pubblico interesse relative all’ordine pubblico, alla viabilita’, all’igiene ambientale, al decoro urbano e alla tutela della concorrenza, sentite le associazioni dei consumatori e le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori dipendenti, i Comuni, con regolamento, possono modificare la fascia oraria di apertura prevista al comma 2, nonche’ autorizzare gli esercizi di vicinato nei centri storici all’apertura per ventiquattro ore consecutive, anche con riferimento a specifiche tipologie di esercizi. 4. I responsabili degli esercizi e degli altri punti fissi della rete distributiva indicati nel comma 1 devono comunicare gli orari giornalieri di effettiva apertura mediante cartelli o altri adeguati supporti informativi ben visibili al pubblico, collocati all’interno e all’esterno dei propri locali. Art. 29 (Giornate di chiusura degli esercizi) 1. Ogni operatore commerciale puo’ effettuare fino a due giornate di chiusura per riposo, nel corso della settimana. 2. Gli esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa osservano comunque la chiusura nelle seguenti festivita’: 1 gennaio, Pasqua, lunedi’ dell’Angelo, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, 15 agosto, 25 e 26 dicembre. 3. All’interno di ciascun ambito di cui all’allegato C un’apposita Conferenza dei Comuni delibera entro il 30 novembre di ogni anno il programma delle eventuali chiusure obbligatorie degli esercizi di vendita al dettaglio di generi non alimentari nelle domeniche e negli altri giorni festivi, secondo criteri uniformi, che comunque consentano la concomitante apertura in tutti i Comuni interessati per almeno otto domeniche all’anno oltre a quelle nel mese di dicembre. 4. La Conferenza dei Comuni di cui all’allegato C e’ convocata dalla Regione ed e’ estesa senza diritto di voto al Comune capoluogo di provincia. Al fine di acquisire i relativi pareri e gli eventuali accordi intervenuti tra le parti, la Conferenza deve preventivamente attivare un tavolo di concertazione con le organizzazioni di categoria degli operatori commerciali, artigiani, turistici e dei servizi, le associazioni di tutela dei consumatori e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative. 5. La Conferenza e’ validamente costituita con l’intervento di almeno un quarto dei Comuni aventi diritto, purche’ la popolazione complessiva dei Comuni intervenuti corrisponda ad almeno un terzo di quella complessiva dei Comuni convocati. 6. Le deliberazioni della Conferenza sono approvate con il voto favorevole della meta’ piu’ uno dei Comuni votanti, purche’ la popolazione complessiva dei Comuni che hanno espresso voto favorevole corrisponda ad almeno la meta’ della popolazione complessiva dei Comuni intervenuti. 7. Ai fini della validita’ delle deliberazioni di cui al comma 6, la popolazione di ciascun Comune viene calcolata secondo i dati dell’ultimo censimento. 8. Le deliberazioni di cui al comma 6 sono vincolanti per tutti i Comuni dell’ambito, a esclusione di quelli classificati come localita’ turistiche e non possono essere revocate o modificate prima che sia trascorso almeno un anno dalla loro adozione. 9. Fermo restando quanto prescritto al comma 3, per motivate esigenze di pubblico interesse relative allo sviluppo economico e turistico del territorio e alla residenzialita’ dei centri storici, i Sindaci, sentite le organizzazioni di categoria degli operatori commerciali, artigiani, turistici e dei servizi, le associazioni di tutela dei consumatori e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti maggiormente rappresentative, possono, in particolari occasioni che comportino afflussi straordinari di popolazione residenziale e non, disporre l’apertura obbligatoria delle attivita’ di vendita e di somministrazione di alimenti e bevande in determinati giorni, anche festivi e secondo orari prestabiliti. 10. Per comprovate esigenze di pubblico interesse ovvero qualora ne ricorra l’esigenza, i Comuni hanno facolta’ di derogare alla chiusura obbligatoria di cui al comma 2. 11. Con regolamento regionale sono individuate le ulteriori modalita’ di convocazione e funzionamento della Conferenza. Art. 30 (Deroghe per le localita’ turistiche) 1. Nei Comuni classificati come localita’ turistiche gli esercenti determinano liberamente l’orario di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali sia nei giorni feriali sia in quelli domenicali e festivi, in deroga a quanto disposto agli articoli 28 e 29. 2. Per le finalita’ di cui all’articolo 1, comma 2, i Sindaci dei Comuni classificati come localita’ turistiche, in deroga a quanto prescritto dall’articolo 29, comma 8, possono stabilire, con provvedimento motivato, che le deliberazioni della Conferenza dei Comuni non turistici della provincia di appartenenza o, nel caso di territorio classificato interamente turistico, di quella confinante si applicano in tutto o in parte delimitata del territorio comunale. 3. Le localita’ turistiche sono individuate nell’allegato D. 4. Con regolamento regionale sono adottati i criteri per l’individuazione dei Comuni quali localita’ turistiche. Art. 31 (Esclusioni) 1. La disciplina di cui al presente capo non si applica alle seguenti categorie di esercizi: a) le farmacie; b) le rivendite di generi di monopolio; c) gli esercizi interni alle strutture ricettive; d) gli esercizi commerciali situati nelle aree di servizio lungo le autostrade e nelle stazioni ferroviarie, marittime e aeroportuali; e) i punti vendita della stampa quotidiana e periodica; f) gli esercizi commerciali che vendono prevalentemente mobili e articoli di arredamento; g) gli esercizi commerciali che vendono prevalentemente libri; h) gli impianti di distribuzione carburante; i) le imprese artigiane o industriali non rientranti nell’articolo 28, comma 1, quando esercitano l’attivita’ di vendita dei propri prodotti nei locali di produzione o in locali a questi adiacenti; j) gli esercizi commerciali che vendono autoveicoli in occasione di campagne dimostrative promosse direttamente dalle case produttrici; k) le rivendite di fiori. 2. Si considerano prevalenti le attivita’ esercitate su oltre meta’ della superficie di vendita o riguardanti oltre la meta’ del volume d’affari. La prevalenza viene accertata dal Comune. CAPO V Pubblicita’ dei prezzi e vendite straordinarie Art. 32 (Pubblicita’ dei prezzi) 1. I prodotti esposti per la vendita al dettaglio, ovunque collocati, devono indicare in modo ben leggibile il prezzo di vendita al pubblico, mediante la collocazione di un cartello o di altre modalita’ idonee allo scopo. Il prezzo dei gioielli, degli oggetti d’arte e di antiquariato e degli altri prodotti di notevole valore economico puo’ essere esposto solo all’interno dell’esercizio. 2. Qualora prodotti identici dello stesso valore siano esposti insieme, e’ sufficiente l’uso di un unico cartello; negli esercizi commerciali, organizzati con il sistema di vendita del libero servizio, l’obbligo dell’indicazione del prezzo deve essere osservato in ogni caso per tutte le merci comunque offerte al pubblico. 3. I prodotti dei quali il prezzo di vendita al dettaglio si trovi gia’ impresso con caratteri ben leggibili sulla confezione, sono esclusi dall’applicazione del comma 2. 4. Restano salve le disposizioni vigenti circa l’obbligo dell’indicazione del prezzo di vendita al dettaglio per unita’ di misura. 5. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 trovano applicazione anche con riferimento ai prodotti appartenenti ai generi speciali. Art. 33 (Disciplina delle vendite di liquidazione) 1. Le vendite di liquidazione sono effettuate al fine di vendere in breve tempo le merci, presentando al consumatore l’acquisto come occasione particolarmente favorevole, a seguito di cessazione dell’attivita’ commerciale, cessione dell’azienda, trasferimento di sede dell’azienda, trasformazione o rinnovo dei locali, trasformazione o rinnovo delle attrezzature. 2. L’effettuazione della vendita di liquidazione va comunicata al Comune ove ha sede l’esercizio, non meno di quindici giorni prima della data di inizio della vendita medesima, mediante lettera protocollata presso il Comune o inviata tramite raccomandata con ricevuta di ritorno. La comunicazione deve in particolare indicare l’ubicazione dei locali in cui viene effettuata la vendita, la data di inizio e la sua durata. Non meno di cinque giorni prima della data di inizio della vendita di liquidazione, deve pervenire al Comune, pena l’impossibilita’ di effettuare la vendita medesima, analitico elenco delle merci poste in vendita, distinte per articoli, con l’indicazione del prezzo praticato ordinariamente e dello sconto o ribasso espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita, che si intende praticare nel corso della liquidazione. 3. La cessione dell’azienda ricomprende tutte le fattispecie di trasferimento dell’azienda in proprieta’ o in gestione per atto tra vivi. Qualora la vendita di liquidazione sia stata comunicata per la cessazione dell’attivita’, e’ consentito, entro il termine di conclusione della vendita medesima, modificare il presupposto della cessazione in cessione; in tale ipotesi trova applicazione il comma 7, lettera b). 4. La trasfo

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