Volontariato
Linferno a 1 km dal centro
Lorganizzazione, impegnata nei Paesi della fame, ha scelto la capitale per la sua missione. Nel campo, convivono rom, immigrati nordafricani e barboni.
I?Medici senza frontiere? evocano drammi in Paesi lontani, dell?Africa, dell?Asia o dell?America Latina, luoghi dove guerre, carestie e clima raccolgono tristi e sovente abbondanti messe di vittime. Loro, negli inferni del mondo, ricevono oboli per continuare a rimanere in quegli inferni dai quali, i ?donatori?, sono a priori lontani. Invece, a volte, l?inferno è molto più vicino di quanto si pensi.
La strada potrebbe indicarvela il dottor Francesco Caluori della sezione italiana di ?Medici senza frontiere?. In questo modo: «Arrivate in centro, a Roma. Dalla stazione Termini seguite la via Casilina, superate Porta Maggiore e dopo un chilometro o poco più, siete arrivati». Benvenuti al Campo ?Casilino 700?, girone dei nomadi, dei disgraziati, dei dannati della terra, come lo stesso Caluori scrive in una sua relazione di lavoro. È qui, fra 1000-1200 rom (la variazione di numero è dovuta alle differenti stagioni, ma soprattutto alla vita del campo, più o meno dura da sopportare), che opera il dottor Caluori, con altri quattro volontari di Msf. Poi, se aggiungete la presenza di altre associazioni di volontariato, ogni dubbio sparisce: avete trovato il vostro ?piccolo? inferno. Non terzomondiale, ma suburbano occidentale doc, classico esempio di degradazione vissuta da gruppi del sottoproletariato metropolitano: al ?Casilino 700?, oltre ai rom, vi sopravvivono anche immigrati nordafricani e barboni.
Qui collaborano con Msf-Italia, e alcune lo faranno sempre più in un futuro molto immediato, associazioni di volontariato, quali Opera Nomadi, la Casa dei diritti sociali, Villa Maraini, Magliana ?80 e Parsec. Perchè anche gli inferni ?fanno progressi?.
L?ultimo è rappresentato dalla diffusione della droga fra i giovani rom ed ecco spiegata la presenza delle ultime tre organizzazioni, specializzate nella lotta alle tossicodipendenze. Insieme, tutti questi volontari si stanno attrezzando per affrontarlo e, tra breve, apporranno l?ultima firma a un progetto comune per la lotta contro la droga fra gli zingari.
«La droga è, di per sé, un duro isolamento. Essere giovani rom e drogati, già respinti dalla società circostante perchè zingari crea un isolamento doppiamente più forte», sottolinea Caluori. Spesso, però, è anche la cultura zingara a imprigionare ancora più i ragazzi e le loro famiglie nel dramma, ad impedire loro di cercare aiuto all?esterno del nucleo dei consanguinei
«Questo della droga», spiega Caluori, «è un fenomeno sicuramente emergente nella nuova generazione rom, ma da non sottovalutare perché, anche se la struttura familiare degli zingari è fortemente patriarcale, ciò non impedisce ai giovanissimi di sfuggire sempre più al ?controllo? delle loro famiglie come fa un qualsiasi altro giovane delle nostre città». A ciò va aggiunto che le famiglie rom non sanno proprio da che parte iniziare per tentare di recuperare un figlio drogato, ignorando anche le opportunità offerte dal servizio sanitario nazionale o, comunque, altre possibili forme di aiuto. «Intanto», afferma Caluori, «l?Opera Nomadi ha stimato che almeno il 20% dei giovani rom abbia fatto, almeno una volta, uso di sostanze stupefacenti. Dall?ecstasy, al ?fumo?, alle droghe pesanti».
Ma il lavoro dei ?Medici senza frontiere? al campo nomadi ?Casilino 700? è iniziato ben due anni fa, ben prima del progetto sulle tossicodipendenze. Dalle prime visite mediche, si passò presto a un programma di vaccinazioni (i rom ne erano quasi totalmente sprovvisti), fino all?attivazione di una collaborazione con il servizio maternità della Asl Roma D. Con qualche serbatoio d?acqua, nuove latrine e bidoni per i rifiuti si iniziò a inseguire un minimo di igiene pubblica e personale.
Tuttavia, nonostante l?impegno profuso al ?Casilino 700?, Msf-Italia spera che sia possibile quanto prima offrire ai rom migliori condizioni di vita, trasferendoli in campi organizzati.
Per informazioni: Medici senza frontiere-Italia, via Ostiense 6/e, 00154 Roma. Tel. 06/57300900, fax: 06/57300902.
Saranno imprenditori
Il gruppo Cerfe di Roma, costituito da organismi di ricerca sociale senza fini di lucro, sta svolgendo due ricerche-azioni sul tema ?Immigrazione e impresa? (programma Raimi), di cui una rivolta alle donne immigrate (programma Ragi) nelle regioni Lazio, Sardegna, Umbria e Toscana. Tali programmi fanno parte dell?iniziativa comunitaria ?Occupazione-Integra?, promossa dal Fondo sociale europeo. L?obiettivo è rilevare la presenza di immigrati altamente qualificati per titolo di studio e per competenze possedute, al fine di un loro migliore reinserimento lavorativo in Italia. Si tratta, quindi, di valorizzare tutte quelle persone (dal migrante cosiddetto ?economico? al rifugiato) che per vivere in Italia occupano posti di lavoro che sviliscono sia le loro capacità intellettuali quanto il loro bagaglio culturale. «A questa prima fase di ricerca», spiega per il Cerfe Rossana di Natale, «seguirà quella di formazione che consisterà in un corso rivolto a 21 immigrati altamente qualificati e, a partire dalla primavera, un?altra di creazione di impresa, in cui sarà avviata un?impresa nelle regioni in cui stiamo già operando».
Per informazioni: Cerfe, telefono: 06/3225747.
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