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Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzionedelle misure privative e limitative della libertàTitolo ITrattamento penitenziarioCapo VIMisure alternative alla detenzione e remissione del debito

di Redazione

Legge 26 luglio 1975, n. 354 (in Gazz. Uff., 9 agosto 1975, n. 212,
s.o.). — Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione
delle misure privative e limitative della libertà.

Capo VI
Misure alternative alla detenzione e remissione del debito

Art. 47.

Affidamento in prova al servizio sociale.

1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato
può essere affidato al servizio sociale fuori dell’istituto per un
periodo uguale a quello della pena da scontare .
2. Il provvedimento è adottato sulla base dei risultati della
osservazione della personalità, condotta collegialmente per almeno un
mese in istituto, nei casi in cui si può ritenere che il
provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al
comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la
prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
3. L’affidamento in prova al servizio sociale può essere disposto
senza procedere all’osservazione in istituto quando il condannato,
dopo la commissione del reato, ha serbato comportamento tale da
consentire il giudizio di cui al comma 2.
4. Se l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale è
proposta dopo che ha avuto inizio l’esecuzione della pena, il
magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo
dell’esecuzione, cui l’istanza deve essere rivolta, può sospendere
l’esecuzione della pena e ordinare la liberazione del condannato,
quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza
dei presupposti per l’ammissione all’affidamento in prova e al grave
pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione e
non vi sia pericolo di fuga. La sospensione dell’esecuzione della
pena opera sino alla decisione del tribunale di sorveglianza, cui il
magistrato di sorveglianza trasmette immediatamente gli atti, e che
decide entro quarantacinque giorni. Se l’istanza non è accolta,
riprende l’esecuzione della pena, e non può essere accordata altra
sospensione, quale che sia l’istanza successivamente proposta .
5. All’atto dell’affidamento è redatto verbale in cui sono dettate
le prescrizioni che il soggetto dovrà seguire in ordine ai suoi
rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla libertà di
locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al
lavoro.
6. Con lo stesso provvedimento può essere disposto che durante
tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non
soggiorni in uno o più comuni, o soggiorni in un comune determinato;
in particolare sono stabilite prescrizioni che impediscano al
soggetto di svolgere attività o di avere rapporti personali che
possono portare al compimento di altri reati.
7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l’affidato si adoperi in
quanto possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia
puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.
8. Nel corso dell’affidamento le prescrizioni possono essere
modificate dal magistrato di sorveglianza.
9. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo
aiuta a superare le difficoltà di adattamento alla vita sociale,
anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri
suoi ambienti di vita.
10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato di
sorveglianza sul comportamento del soggetto .
11. L’affidamento è revocato qualora il comportamento del soggetto,
contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia
incompatibile con la prosecuzione della prova.
12. L’esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni
altro effetto penale.

Art. 47-bis.

Affidamento di prova in casi particolari.

Omissis.

Art. 47-ter.

Detenzione domiciliare.

1. La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se
costituente parte residua di maggior pena, nonché la pena
dell’arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in
altro luogo di privata dimora ovvero in un luogo pubblico di cura,
assistenza o accoglienza, quando trattasi di:
a) donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci,
con lei convivente;
b) padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni
dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduto o altrimenti
assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole;
c) persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che
richieda costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
d) persona di età superiore a 60 anni, se inabile anche
parzialmente;
e) persona minore di 21 anni, per comprovate esigenze di salute,
di studio, di lavoro e di famiglia .
1-bis. La detenzione domiciliare può essere applicata per
l’espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a
due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena,
indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non
ricorrono i presupposti per l’affidamento in prova al sevizio sociale
e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il
condannato commetta altri reati. La presente disposizione non si
applica ai condannati per i reati di cui all’articolo 4-bis.
1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o
facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e
147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena
supera il limite di cui al comma 1, può disporre l’applicazione della
detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale
applicazione, termine che può essere prorogato. L’esecuzione della
pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare.
1-quater. Se l’istanza di applicazione della detenzione domiciliare
è proposta dopo che ha avuto inizio l’esecuzione della pena, il
magistrato di sorveglianza cui la domanda deve essere rivolta può
disporre l’applicazione provvisoria della misura, quando ricorrono i
requisiti di cui ai commi 1 e 1-bis. Si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 47, comma 4 .
2. Omissis.
3. Omissis.
4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione
domiciliare, ne fissa le modalità secondo quanto stabilito
dall’articolo 284 del codice di procedura penale. Determina e
impartisce altresì le disposizioni per gli interventi del servizio
sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate
dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si
svolge la detenzione domiciliare.
5. Il condannato nei confronti del quale è disposta la detenzione
domiciliare non è sottoposto al regime penitenziario previsto dalla
presente legge e dal relativo regolamento di esecuzione. Nessun onere
grava sull’amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura
e l’assistenza medica del condannato che trovasi in detenzione
domiciliare.
6. La detenzione domiciliare è revocata se il comportamento del
soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare
incompatibile con la prosecuzione delle misure.
7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a cessare le
condizioni previste nei commi 1 e 1-bis.
8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria
abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel comma 1, se ne
allontana, è punito ai sensi dell’articolo 385 del codice penale. Si
applica la disposizione dell’ultimo comma dello stesso articolo.
9. La denuncia per il delitto di cui al comma 8 importa la
sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca
9-bis. Se la misura di cui al comma 1-bis è revocata ai sensi dei
commi precedenti la pena residua non può essere sostituita con altra
misura .

Art. 47-quater.

Misure alternative alla detenzione nei confronti dei soggetti affetti
da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria.

1. Le misure previste dagli articoli 47 e 47-ter possono essere
applicate, anche oltre i limiti di pena ivi previsti, su istanza
dell’interessato o del suo difensore, nei confronti di coloro che
sono affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria
accertate ai sensi dell’articolo 286-bis, comma 2, del codice di
procedura penale e che hanno in corso o intendono intraprendere un
programma di cura e assistenza presso le unità operative di malattie
infettive ospedaliere ed universitarie o altre unità operative
prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell’assistenza
ai casi di AIDS.
2. L’istanza di cui al comma 1 deve essere corredata da
certificazione del servizio sanitario pubblico competente o del
servizio sanitario penitenziario, che attesti la sussistenza delle
condizioni di salute ivi indicate e la concreta attuabilità del
programma di cura e assistenza, in corso o da effettuare, presso le
unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o
altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani
regionali nell’assistenza ai casi di AIDS.
3. Le prescrizioni da impartire per l’esecuzione della misura
alternativa devono contenere anche quelle relative alle modalità di
esecuzione del programma.
4. In caso di applicazione della misura della detenzione
domiciliare, i centri di servizio sociale per adulti svolgono
l’attività di sostegno e controllo circa l’attuazione del programma.
5. Nei casi previsti dal comma 1, il giudice può non applicare la
misura alternativa qualora l’interessato abbia già fruito di analoga
misura e questa sia stata revocata da meno di un anno.
6. Il giudice può revocare la misura alternativa disposta ai sensi
del comma 1 qualora il soggetto risulti imputato o sia stato
sottoposto a misura cautelare per uno dei delitti previsti
dall’articolo 380 del codice di procedura penale, relativamente a
fatti commessi successivamente alla concessione del beneficio.
7. Il giudice, quando non applica o quando revoca la misura
alternativa per uno dei motivi di cui ai commi 5 e 6, ordina che il
soggetto sia detenuto presso un istituto carcerario dotato di reparto
attrezzato per la cura e l’assistenza necessarie.
8. Per quanto non diversamente stabilito dal presente articolo si
applicano le disposizioni dell’articolo 47-ter.
9. Ai fini del presente articolo non si applica il divieto di
concessione dei benefici previsto dall’articolo 4-bis, fermi restando
gli accertamenti previsti dai commi 2, 2-bis e 3 dello stesso
articolo.
10. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle
persone internate.

Art. 48.

Regime di semilibertà.

Il regime di semilibertà consiste nella concessione al condannato e
all’internato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto per
partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al
reinserimento sociale.
I condannati e gli internati ammessi al regime di semilibertà sono
assegnati in appositi istituti o apposite sezioni autonome di
istituti ordinari e indossano abiti civili.
Omissis.

Art. 49.

Ammissione obbligatoria al regime di semilibertà.

Omissis.

Art. 50.

Ammissione alla semilibertà.

1. Possono essere espiate in regime di semilibertà la pena
dell’arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se
il condannato non è affidato in prova al servizio sociale.
2. Fuori dei casi previsti dal comma 1, il condannato può essere
ammesso al regime di semilibertà soltanto dopo l’espiazione di almeno
metà della pena ovvero, se si tratta di condannato per taluno dei
delitti indicati nel comma 1 dell’articolo 4-bis, di almeno due terzi
di essa. L’internato può esservi ammesso in ogni tempo. Tuttavia, nei
casi previsti dall’articolo 47, se mancano i presupposti per
l’affidamento in prova al servizio sociale, il condannato per un
reato diverso da quelli indicati nel comma 1 dell’articolo 4-bis può
essere ammesso al regime di semilibertà anche prima dell’espiazione
di metà della pena.
3. Per il computo della durata delle pene non si tiene conto della
pena pecuniaria inflitta congiuntamente a quella detentiva.
4. L’ammissione al regime di semilibertà è disposta in relazione ai
progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le
condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società.
5. Il condannato all’ergastolo può essere ammesso al regime di
semilibertà dopo avere espiato almeno venti anni di pena.
6. Nei casi previsti dal comma 1, se il condannato ha dimostrato la
propria volontà di reinserimento nella vita sociale, la semilibertà
può essere altresì disposta successivamente all’inizio
dell’esecuzione della pena. Si l’articolo 47, comma 4, in quanto
compatibile.
7. Se l’ammissione alla semilibertà riguarda una detenuta madre di
un figlio di età inferiore a tre anni, essa ha diritto di usufruire
della casa per la semilibertà di cui all’ultimo comma dell’articolo
92 del decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431.

Art. 51.

Sospensione e revoca del regime di semilibertà.

Il provvedimento di semilibertà può essere in ogni tempo revocato
quando il soggetto non si appalesi idoneo al trattamento.
Il condannato, ammesso al regime di semilibertà, che rimane assente
dall’istituto senza giustificato motivo, per non più di dodici ore, è
punito in via disciplinare e può essere proposto per la revoca della
concessione.
Se l’assenza si protrae per un tempo maggiore, il condannato è
punibile a norma del primo comma dell’articolo 385 del codice penale
ed è applicabile la disposizione dell’ultimo capoverso dello stesso
articolo.
La denuncia per il delitto di cui al precedente comma importa la
sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca.
All’internato ammesso al regime di semilibertà che rimane assente
dall’istituto senza giustificato motivo, per oltre tre ore, si
applicano le disposizioni dell’ultimo comma dell’articolo 53.

Art. 51-bis.

Sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della libertà.

1. Quando durante l’attuazione dell’affidamento in prova al
servizio sociale o della detenzione domiciliare o del regime di
semilibertà sopravviene un titolo di esecuzione di altra pena
detentiva, il direttore dell’istituto penitenziario o il direttore
del centro di servizio sociale informa immediatamente il magistrato
di sorveglianza. Se questi, tenuto conto del cumulo delle pene,
rileva che permangono le condizioni di cui al comma 1 dell’articolo
47 o al comma 1 dell’articolo 47-ter o ai primi tre commi
dell’articolo 50, dispone con decreto la prosecuzione provvisoria
della misura in corso; in caso contrario dispone la sospensione della
misura stessa. Il magistrato di sorveglianza trasmette quindi gli
atti al tribunale di sorveglianza che deve decidere nel termine di
venti giorni la prosecuzione o la cessazione della misura.

Art. 51-ter.

Sospensione cautelativa delle misure alternative.

1. Se l’affidato in prova al servizio sociale o l’ammesso al regime
di semilibertà o di detenzione domiciliare pone in essere
comportamenti tali da determinare la revoca della misura, il
magistrato di sorveglianza nella cui giurisdizione essa è in corso ne
dispone con decreto motivato la provvisoria sospensione, ordinando
l’accompagnamento del trasgressore in istituto. Trasmette quindi
immediatamente gli atti al tribunale di sorveglianza per le decisioni
di competenza. Il provvedimento di sospensione del magistrato di
sorveglianza cessa di avere efficacia se la decisione del tribunale
di sorveglianza non interviene entro trenta giorni dalla ricezione
degli atti.

Art. 52.

Licenza al condannato ammesso al regime di semilibertà.

Al condannato ammesso al regime di semilibertà possono essere
concesse a titolo di premio una o più licenze di durata non superiore
nel complesso a giorni quarantacinque all’anno.
Durante la licenza il condannato è sottoposto al regime della
libertà vigilata.
Se il condannato durante la licenza trasgredisce agli obblighi
impostigli, la licenza può essere revocata indipendentemente dalla
revoca di semilibertà.
Al condannato che, allo scadere della licenza o dopo la revoca di
essa, non rientra in istituto sono applicabili le disposizioni di cui
al precedente articolo.

Art. 53.

Licenze agli internati.

Agli internati può essere concessa una licenza di sei mesi nel
periodo immediatamente precedente alla scadenza fissata per il
riesame di pericolosità.
Ai medesimi può essere concessa, per gravi esigenze personali o
familiari, una licenza di durata non superiore a giorni quindici; può
essere inoltre concessa una licenza di durata non superiore a giorni
trenta, una volta all’anno, al fine di favorirne il riadattamento
sociale.
Agli internati ammessi al regime di semilibertà possono inoltre
essere concesse, a titolo di premio, le licenze previste nel primo
comma dell’articolo precedente.
Durante la licenza l’internato è sottoposto al regime della libertà
vigilata.
Se l’internato durante la licenza trasgredisce agli obblighi
impostigli, la licenza può essere revocata indipendentemente dalla
revoca della semilibertà.
L’internato che rientra in istituto dopo tre ore dallo scadere
della licenza, senza giustificato motivo, è punito in via
disciplinare e, se in regime di semilibertà, può subire la revoca
della concessione.

Art. 53-bis.

Computo del periodo di permesso o licenza.

1. Il tempo trascorso dal detenuto o dall’internato in permesso o
licenza è computato a ogni effetto nella durata delle misure
restrittive della libertà personale, salvi i casi di mancato rientro
o di altri gravi comportamenti da cui risulta che il soggetto non si
è dimostrato meritevole del beneficio. In questi casi sull’esclusione
dal computo decide, con decreto motivato, il magistrato di
sorveglianza.
2. Avverso il decreto può essere proposto dall’interessato reclamo
al tribunale di sorveglianza secondo la procedura di cui all’articolo
14-ter. Il magistrato che ha emesso il provvedimento non fa parte del
collegio.

Art. 54.

Liberazione anticipata.

1. Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di
partecipazione all’opera di rieducazione è concessa, quale
riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace
reinserimento nella società, una detrazione di quarantacinque giorni
per ogni singolo semestre di pena scontata. A tal fine è valutato
anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di
detenzione domiciliare.
2. La concessione del beneficio è comunicata all’ufficio del
pubblico ministero presso la corte d’appello o il tribunale che ha
emesso il provvedimento di esecuzione o al pretore se tale
provvedimento è stato da lui emesso.
3. La condanna per delitto non colposo commesso nel corso
dell’esecuzione successivamente alla concessione del beneficio ne
comporta la revoca .
4. Agli effetti del computo della misura di pena che occorre avere
espiato per essere ammessi ai benefici dei permessi premio, della
semilibertà e della liberazione condizionale, la parte di pena
detratta ai sensi del comma 1 si considera come scontata. La presente
disposizione si applica anche ai condannati all’ergastolo .

Art. 55.

Interventi del servizio sociale nella libertà vigilata.

Nei confronti dei sottoposti alla libertà vigilata, ferme restando
le disposizioni di cui all’articolo 228 del codice penale, il
servizio sociale svolge interventi di sostegno e di assistenza al
fine del loro reinserimento sociale .

Art. 56.

Remissione del debito.

1. Il debito per le spese di procedimento e di mantenimento è
rimesso nei confronti dei condannati e degli internati che si trovano
in disagiate condizioni economiche e hanno tenuto regolare condotta
ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 30-ter. La relativa domanda
può essere proposta fino a che non sia conclusa la procedura per il
recupero delle spese.

Art. 57.

Legittimazione alla richiesta dei benefici.

Il trattamento ed i benefici di cui agli articoli 47, 50, 52, 53,
54 e 56 possono essere richiesti dal condannato, dall’internato e dai
loro prossimi congiunti o proposti dal consiglio di disciplina.

Art. 58.

Comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza.

Dei provvedimenti previsti dal presente capo ed adottati dal
magistrato o dalla sezione di sorveglianza, esclusi quelli di cui
all’articolo 56, è data immediata comunicazione all’autorità
provinciale di pubblica sicurezza a cura della cancelleria.

Art. 58-bis.

Iscrizione nel casellario giudiziale.

Nel casellario giudiziale sono iscritti i provvedimenti della
sezione di sorveglianza relativi alla irrogazione e alla revoca delle
misure alternative alla pena detentiva.

Art. 58-ter.

Persone che collaborano con la giustizia.

1. Le disposizioni del comma 1 dell’art. 21, del comma 4 dell’art.
30-ter e del comma 2 dell’art. 50, concernenti le persone condannate
per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell’art. 4-bis, non si
applicano a coloro che, anche dopo la condanna, si sono adoperati per
evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori
ovvero hanno aiutato concretamente l’autorità di polizia o l’autorità
giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione
dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori dei reati.
2. Le condotte indicate nel comma 1 sono accertate dal tribunale di
sorveglianza, assunte le necessarie informazioni e sentito il
pubblico ministero presso il giudice competente per i reati in ordine
ai quali è stata prestata la collaborazione.

Art. 58-quater.

Divieto di concessione di benefici.

1. L’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio,
l’affidamento in prova al servizio sociale nei casi previsti
dall’art. 47, la detenzione domiciliare e la semilibertà non possono
essere concessi al condannato per uno dei delitti previsti dal comma
1 dell’articolo 4-bis che ha posto in essere una condotta punibile a
norma dell’art. 385 del codice penale.
2. La disposizione del comma 1 si applica anche al condannato nei
cui confronti è stata disposta la revoca di una misura alternativa ai
sensi dell’art. 47, comma 11, dell’art. 47-ter, comma 6, o dell’art.
51, primo comma.
3. Il divieto di concessione dei benefici opera per un periodo di
tre anni dal momento in cui è ripresa l’esecuzione della custodia o
della pena o è stato emesso il provvedimento di revoca indicato nel
comma 2.
4. I condannati per i delitti di cui agli articoli 289-bis e 630
del codice penale che abbiano cagionato la morte del sequestrato non
sono ammessi ad alcuno dei benefici indicati nel comma 1 dell’art.
4-bis se non abbiano effettivamente espiato almeno i due terzi della
pena irrogata o, nel caso dell’ergastolo, almeno ventisei anni.
5. Oltre a quanto previsto dai commi 1 e 3, l’assegnazione al
lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla
detenzione previste dal capo VI non possono essere concessi, o se già
concessi sono revocati, ai condannati per taluni dei delitti indicati
nel comma 1 dell’art. 4-bis, nei cui confronti si procede o è
pronunciata condanna per un delitto doloso punito con la pena della
reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, commesso da chi ha
posto in essere una condotta punibile a norma dell’articolo 385 del
codice penale ovvero durante il lavoro all’esterno o la fruizione di
un permesso premio o di una misura alternativa alla detenzione.
6. Ai fini dell’applicazione della disposizione di cui al comma 5,
l’autorità che procede per il nuovo delitto ne dà comunicazione al
magistrato di sorveglianza del luogo di ultima detenzione
dell’imputato.
7. Il divieto di concessione dei benefici di cui al comma 5 opera
per un periodo di cinque anni dal momento in cui è ripresa
l’esecuzione della custodia o della pena o è stato emesso il
provvedimento di revoca della misura.

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