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Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale ei diritti delle persone handicappate.

di Redazione

Legge 5 febbraio 1992, n. 104 (in Gazz. Uff., 17 febbraio 1992, n.
39, s.o.). — Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e
i diritti delle persone handicappate.

Art. 1.

Finalità.

1. La Repubblica:
a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti
di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la
piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella
società;
b) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono
lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima
autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata
alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti
civili, politici e patrimoniali;
c) persegue il recupero funzionale e sociale della persona
affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicura i
servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la
riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed
economica della persona handicappata;
d) predispone interventi volti a superare stati di emarginazione
e di esclusione sociale della persona handicappata.

Art. 2.

Princìpi generali.

1. La presente legge detta i princìpi dell’ordinamento in materia
di diritti, integrazione sociale e assistenza della persona
handicappata. Essa costituisce inoltre riforma economico-sociale
della Repubblica, ai sensi dell’articolo 4 dello Statuto speciale per
il Trentino-Alto Adige, approvato con legge costituzionale 26
febbraio 1948, n. 5.

Art. 3.

Soggetti aventi diritto.

1. é persona handicappata colui che presenta una minorazione
fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è
causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione
lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o
di emarginazione.
2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in
suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della
minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla
efficacia delle terapie riabilitative.
3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto
l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere
necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e
globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la
situazione assume connotazione di gravità.
Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei
programmi e negli interventi dei servizi pubblici.
4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli
apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel
territorio nazionale. Le relative prestazioni sono corrisposte nei
limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da
accordi internazionali.

Art. 4.

Accertamento dell’handicap.

1. Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà,
alla necessità dell’intervento assistenziale permanente e alla
capacità complessiva individuale residua, di cui all’articolo 3, sono
effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni
mediche di cui all’articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295,
che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi
da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali.

Art. 5.

Princìpi generali per i diritti della persona handicappata.

1. La rimozione delle cause invalidanti, la promozione
dell’autonomia e la realizzazione dell’integrazione sociale sono
perseguite attraverso i seguenti obiettivi:
a) sviluppare la ricerca scientifica, genetica, biomedica,
psicopedagogica, sociale e tecnologica anche mediante programmi
finalizzati concordati con istituzioni pubbliche e private, in
particolare con le sedi universitarie, con il Consiglio nazionale
delle ricerche (CNR), con i servizi sanitari e sociali, considerando
la persona handicappata e la sua famiglia, se coinvolti, soggetti
partecipi e consapevoli della ricerca;
b) assicurare la prevenzione, la diagnosi e la terapia prenatale
e precoce delle minorazioni e la ricerca sistematica delle loro
cause;
c) garantire l’intervento tempestivo dei servizi terapeutici e
riabilitativi, che assicuri il recupero consentito dalle conoscenze
scientifiche e dalle tecniche attualmente disponibili, il
mantenimento della persona handicappata nell’ambiente familiare e
sociale, la sua integrazione e partecipazione alla vita sociale;
d) assicurare alla famiglia della persona handicappata
un’informazione di carattere sanitario e sociale per facilitare la
comprensione dell’evento, anche in relazione alle possibilità di
recupero e di integrazione della persona handicappata nella società;
e) assicurare nella scelta e nell’attuazione degli interventi
socio-sanitari la collaborazione della famiglia, della comunità e
della persona handicappata, attivandone le potenziali capacità;
f) assicurare la prevenzione primaria e secondaria in tutte le
fasi di maturazione e di sviluppo del bambino e del soggetto minore
per evitare o constatare tempestivamente l’insorgenza della
minorazione o per ridurre e superare i danni della minorazione
sopraggiunta;
g) attuare il decentramento territoriale dei servizi e degli
interventi rivolti alla prevenzione, al sostegno e al recupero della
persona handicappata, assicurando il coordinamento e l’integrazione
con gli altri servizi territoriali sulla base degli accordi di
programma di cui all’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142;
h) garantire alla persona handicappata e alla famiglia adeguato
sostegno psicologico e psicopedagogico, servizi di aiuto personale o
familiare, strumenti e sussidi tecnici, prevedendo, nei casi
strettamente necessari e per il periodo indispensabile, interventi
economici integrativi per il raggiungimento degli obiettivi di cui al
presente articolo;
i) promuovere, anche attraverso l’apporto di enti e di
associazioni, iniziative permanenti di informazione e di
partecipazione della popolazione, per la prevenzione e per la cura
degli handicap, la riabilitazione e l’inserimento sociale di chi ne è
colpito;
l) garantire il diritto alla scelta dei servizi ritenuti più
idonei anche al di fuori della circoscrizione territoriale;
m) promuovere il superamento di ogni forma di emarginazione e di
esclusione sociale anche mediante l’attivazione dei servizi previsti
dalla presente legge.

Art. 6.

Prevenzione e diagnosi precoce.

1. Gli interventi per la prevenzione e la diagnosi prenatale e
precoce delle minorazioni si attuano nel quadro della programmazione
sanitaria di cui agli articoli 53 e 55 della legge 23 dicembre 1978,
n. 833, e successive modificazioni.
2. Le regioni, conformemente alle competenze e alle attribuzioni di
cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142, e alla legge 23 dicembre 1978,
n. 833, e successive modificazioni, disciplinano entro sei mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge:
a) l’informazione e l’educazione sanitaria della popolazione
sulle cause e sulle conseguenze dell’handicap, nonché sulla
prevenzione in fase preconcezionale, durante la gravidanza, il parto,
il periodo neonatale e nelle varie fasi di sviluppo della vita, e sui
servizi che svolgono tali funzioni;
b) l’effettuazione del parto con particolare rispetto dei ritmi e
dei bisogni naturali della partoriente e del nascituro;
c) l’individuazione e la rimozione, negli ambienti di vita e di
lavoro, dei fattori di rischio che possono determinare malformazioni
congenite e patologie invalidanti;
d) i servizi per la consulenza genetica e la diagnosi prenatale e
precoce per la prevenzione delle malattie genetiche che possono
essere causa di handicap fisici, psichici, sensoriali di
neuromotulesioni;
e) il controllo periodico della gravidanza per la individuazione
e la terapia di eventuali patologie complicanti la gravidanza e la
prevenzione delle loro conseguenze;
f) l’assistenza intensiva per la gravidanza, i parti e le nascite
a rischio;
g) nel periodo neonatale, gli accertamenti utili alla diagnosi
precoce delle malformazioni e l’obbligatorietà del controllo per
l’individuazione ed il tempestivo trattamento dell’ipotiroidismo
congenito, della fenilchetonuria e della fibrosi cistica. Le modalità
dei controlli e della loro applicazione sono disciplinate con atti di
indirizzo e coordinamento emanati ai sensi dell’articolo 5, primo
comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Con tali atti possono
essere individuate altre forme di endocrinopatie e di errori
congeniti del metabolismo alle quali estendere l’indagine per tutta
la popolazione neonatale;
h) un’attività di prevenzione permanente che tuteli i bambini fin
dalla nascita anche mediante il coordinamento con gli operatori degli
asili nido, delle scuole materne e dell’obbligo, per accertare
l’inesistenza o l’insorgenza di patologie e di cause invalidanti e
con controlli sul bambino entro l’ottavo giorno, al trentesimo
giorno, entro il sesto ed il nono mese di vita e ogni due anni dal
compimento del primo anno di vita. é istituito a tal fine un libretto
sanitario personale, con le caratteristiche di cui all’articolo 27
della legge 23 dicembre 1978, n. 833, su cui sono riportati i
risultati dei suddetti controlli ed ogni altra notizia sanitaria
utile a stabilire lo stato di salute del bambino;
i) gli interventi informativi, educativi, di partecipazione e di
controllo per eliminare la nocività ambientale e prevenire gli
infortuni in ogni ambiente di vita e di lavoro, con particolare
riferimento agli incidenti domestici.
3. Lo Stato promuove misure di profilassi atte a prevenire ogni
forma di handicap, con particolare riguardo alla vaccinazione contro
la rosolia.

Art. 7.

Cura e riabilitazione.

1. La cura e la riabilitazione della persona handicappata si
realizzano con programmi che prevedano prestazioni sanitarie e
sociali integrate tra loro, che valorizzino le abilità di ogni
persona handicappata e agiscano sulla globalità della situazione di
handicap, coinvolgendo la famiglia e la comunità. A questo fine il
Servizio sanitario nazionale, tramite le strutture proprie o
convenzionate, assicura:
a) gli interventi per la cura e la riabilitazione precoce della
persona handicappata, nonché gli specifici interventi riabilitativi e
ambulatoriali, a domicilio o presso i centri socio-riabilitativi ed
educativi a carattere diurno o residenziale di cui all’articolo 8,
comma 1, lettera l);
b) la fornitura e la riparazione di apparecchiature,
attrezzature, protesi e sussidi tecnici necessari per il trattamento
delle menomazioni.
2. Le regioni assicurano la completa e corretta informazione sui
servizi ed ausili presenti sul territorio, in Italia e all’estero.

Art. 8.

Inserimento ed integrazione sociale.

1. L’inserimento e l’integrazione sociale della persona
handicappata si realizzano mediante:
a) interventi di carattere socio-psico-pedagogico, di assistenza
sociale e sanitaria a domicilio, di aiuto domestico e di tipo
economico ai sensi della normativa vigente, a sostegno della persona
handicappata e del nucleo familiare in cui è inserita;
b) servizi di aiuto personale alla persona handicappata in
temporanea o permanente grave limitazione dell’autonomia personale;
c) interventi diretti ad assicurare l’accesso agli edifici
pubblici e privati e ad eliminare o superare le barriere fisiche e
architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o
aperti al pubblico;
d) provvedimenti che rendano effettivi il diritto
all’informazione e il diritto allo studio della persona handicappata,
con particolare riferimento alle dotazioni didattiche e tecniche, ai
programmi, a linguaggi specializzati, alle prove di valutazione e
alla disponibilità di personale appositamente qualificato, docente e
non docente;
e) adeguamento delle attrezzature e del personale dei servizi
educativi, sportivi, di tempo libero e sociali;
f) misure atte a favorire la piena integrazione nel mondo del
lavoro, in forma individuale o associata, e la tutela del posto di
lavoro anche attraverso incentivi diversificati;
g) provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi di
trasporto pubblico e privato e la organizzazione di trasporti
specifici;
h) affidamenti e inserimenti presso persone e nuclei familiari;
i) organizzazione e sostegno di comunità-alloggio, case-famiglia
e analoghi servizi residenziali inseriti nei centri abitati per
favorire la deistituzionalizzazione e per assicurare alla persona
handicappata, priva anche temporaneamente di una idonea sistemazione
familiare, naturale o affidataria, un ambiente di vita adeguato;
l) istituzione o adattamento di centri socioriabilitativi ed
educativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo scopo di
rendere possibile una vita di relazione a persone temporaneamente o
permanentemente handicappate, che abbiano assolto l’obbligo
scolastico, e le cui verificate potenzialità residue non consentano
idonee forme di integrazione lavorativa. Gli standard dei centri
socio-riabilitativi sono definiti dal Ministro della sanità, di
concerto con il Ministro per gli affari sociali, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano di cui all’articolo 12 della
legge 23 agosto 1988, n. 400;
m) organizzazione di attività extrascolastiche per integrare ed
estendere l’attività educativa in continuità ed in coerenza con
l’azione della scuola.

Art. 9.

Servizio di aiuto personale.

1. Il servizio di aiuto personale, che può essere istituito dai
comuni o dalle unità sanitarie locali nei limiti delle proprie
ordinarie risorse di bilancio, è diretto ai cittadini in temporanea o
permanente grave limitazione dell’autonomia personale non superabile
attraverso la fornitura di sussidi tecnici, informatici, protesi o
altre forme di sostegno rivolte a facilitare l’autosufficienza e le
possibilità di integrazione dei cittadini stessi, e comprende il
servizio di interpretariato per i cittadini non udenti.
2. Il servizio di aiuto personale è integrato con gli altri servizi
sanitari e socio-assistenziali esistenti sul territorio e può
avvalersi dell’opera aggiuntiva di:
a) coloro che hanno ottenuto il riconoscimento dell’obiezione di
coscienza ai sensi della normativa vigente, che ne facciano
richiesta;
b) cittadini di età superiore ai diciotto anni che facciano
richiesta di prestare attività volontaria;
c) organizzazioni di volontariato.
3. Il personale indicato alle lettere a), b), c) del comma 2 deve
avere una formazione specifica.
4. Al personale di cui alla lettera b) del comma 2 si estende la
disciplina dettata dall’articolo 2, comma 2, della legge 11 agosto
1991, n. 266.

Art. 10.

Interventi a favore di persone con handicap in situazione di gravità.

1. I comuni, anche consorziati tra loro o con le province, le loro
unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali, nell’ambito
delle competenze in materia di servizi sociali loro attribuite dalla
legge 8 giugno 1990, n. 142, possono realizzare con le proprie
ordinarie risorse di bilancio, assicurando comunque il diritto alla
integrazione sociale e scolastica secondo le modalità stabilite dalla
presente legge e nel rispetto delle priorità degli interventi di cui
alla legge 4 maggio 1983, n. 184, comunità-alloggio e centri
socioriabilitativi per persone con handicap in situazione di gravità.
1-bis. Gli enti di cui al comma 1 possono organizzare servizi e
prestazioni per la tutela e l’integrazione sociale dei soggetti di
cui al presente articolo per i quali venga meno il sostegno del
nucleo familiare.
2. Le strutture di cui alla lettera l) e le attività di cui alla
lettera m) del comma 1 dell’articolo 8 sono realizzate d’intesa con
il gruppo di lavoro per l’integrazione scolastica di cui all’articolo
15 e con gli organi collegiali della scuola.
3. Gli enti di cui al comma 1 possono contribuire, mediante
appositi finanziamenti, previo parere della regione sulla congruità
dell’iniziativa rispetto ai programmi regionali, alla realizzazione e
al sostegno di comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per
persone handicappate in situazione di gravità, promossi da enti,
associazioni, fondazioni, Istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza (IPAB), società cooperative e organizzazioni di
volontariato iscritte negli albi regionali.
4. Gli interventi di cui ai commi 1 e 3 del presente articolo
possono essere realizzati anche mediante le convenzioni di cui
all’articolo 38.
5. Per la collocazione topografica, l’organizzazione e il
funzionamento, le comunità-alloggio e i centri socio-riabilitativi
devono essere idonei a perseguire una costante socializzazione dei
soggetti ospiti, anche mediante iniziative dirette a coinvolgere i
servizi pubblici e il volontariato.
6. L’approvazione dei progetti edilizi presentati da soggetti
pubblici o privati concernenti immobili da destinare alle
comunità-alloggio ed ai centri socio-riabilitativi di cui ai commi 1
e 3, con vincolo di destinazione almeno ventennale all’uso effettivo
dell’immobile per gli scopi di cui alla presente legge, ove
localizzati in aree vincolate o a diversa specifica destinazione,
fatte salve le norme previste dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497, e
successive modificazioni, e dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431,
costituisce variante del piano regolatore. Il venir meno dell’uso
effettivo per gli scopi di cui alla presente legge prima del
ventesimo anno comporta il ripristino della originaria destinazione
urbanistica dell’area.

Art. 11.

Soggiorno all’estero per cure.

1. Nei casi in cui vengano concesse le deroghe di cui all’articolo
7 del decreto del Ministro della sanità 3 novembre 1989, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 22 novembre 1989, ove nel centro
di altissima specializzazione estero non sia previsto il ricovero
ospedaliero per tutta la durata degli interventi autorizzati, il
soggiorno dell’assistito e del suo accompagnatore in alberghi o
strutture collegate con il centro è equiparato a tutti gli effetti
alla degenza ospedaliera ed è rimborsabile nella misura prevista
dalla deroga.
2. La commissione centrale presso il Ministero della sanità di cui
all’articolo 8 del decreto del Ministro della sanità 3 novembre 1989,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 22 novembre 1989,
esprime il parere sul rimborso per i soggiorni collegati agli
interventi autorizzati dalle regioni sulla base di criteri fissati
con atto di indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell’articolo
5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, con il quale
sono disciplinate anche le modalità della corresponsione di acconti
alle famiglie.

Art. 12.

Diritto all’educazione e all’istruzione.

1. Al bambino da 0 a 3 anni handicappato è garantito l’inserimento
negli asili nido.
2. é garantito il diritto all’educazione e all’istruzione della
persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi
comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle
istituzioni universitarie.
3. L’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle
potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nella
comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione.
4. L’esercizio del diritto all’educazione e all’istruzione non può
essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà
derivanti dalle disabilità connesse all’handicap.
5. All’individuazione dell’alunno come persona handicappata ed
all’acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi
funzionale, fa seguito un profilo dinamico-funzionale ai fini della
formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui
definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei
genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità
sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personale insegnante
specializzato della scuola, con la partecipazione dell’insegnante
operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal
Ministro della pubblica istruzione. Il profilo indica le
caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell’alunno
e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla
situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità
possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente
rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della
persona handicappata.
6. Alla elaborazione del profilo dinamico-funzionale iniziale
seguono, con il concorso degli operatori delle unità sanitarie
locali, della scuola e delle famiglie, verifiche per controllare gli
effetti dei diversi interventi e l’influenza esercitata dall’ambiente
scolastico.
7. I compiti attribuiti alle unità sanitarie locali dai commi 5 e 6
sono svolti secondo le modalità indicate con apposito atto di
indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell’articolo 5, primo
comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
8. Il profilo dinamico-funzionale è aggiornato a conclusione della
scuola materna, della scuola elementare e della scuola media e
durante il corso di istruzione secondaria superiore.
9. Ai minori handicappati soggetti all’obbligo scolastico,
temporaneamente impediti per motivi di salute a frequentare la
scuola, sono comunque garantite l’educazione e l’istruzione
scolastica. A tal fine il provveditore agli studi, d’intesa con le
unità sanitarie locali e i centri di recupero e di riabilitazione,
pubblici e privati, convenzionati con i Ministeri della sanità e del
lavoro e della previdenza sociale, provvede alla istituzione, per i
minori ricoverati, di classi ordinarie quali sezioni staccate della
scuola statale. A tali classi possono essere ammessi anche i minori
ricoverati nei centri di degenza, che non versino in situazioni di
handicap e per i quali sia accertata l’impossibilità della frequenza
della scuola dell’obbligo per un periodo non inferiore a trenta
giorni di lezione. La frequenza di tali classi, attestata
dall’autorità scolastica mediante una relazione sulle attività svolte
dai docenti in servizio presso il centro di degenza, è equiparata ad
ogni effetto alla frequenza delle classi alle quali i minori sono
iscritti.
10. Negli ospedali, nelle cliniche e nelle divisioni pediatriche
gli obiettivi di cui al presente articolo possono essere perseguiti
anche mediante l’utilizzazione di personale in possesso di specifica
formazione psico-pedagogica che abbia una esperienza acquisita presso
i nosocomi o segua un periodo di tirocinio di un anno sotto la guida
di personale esperto.

Art. 13.

Integrazione scolastica.

1. L’integrazione scolastica della persona handicappata nelle
sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e
nelle università si realizza, fermo restando quanto previsto dalle
leggi 11 maggio 1976, n. 360, e 4 agosto 1977, n. 517, e successive
modificazioni, anche attraverso:
a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli
sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con
altre attività sul territorio gestite da enti pubblici o privati. A
tale scopo gli enti locali, gli organi scolastici e le unità
sanitarie locali, nell’ambito delle rispettive competenze, stipulano
gli accordi di programma di cui all’articolo 27 della legge 8 giugno
1990, n. 142. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, con decreto del Ministro della pubblica istruzione,
d’intesa con i Ministri per gli affari sociali e della sanità, sono
fissati gli indirizzi per la stipula degli accordi di programma. Tali
accordi di programma sono finalizzati alla predisposizione,
attuazione e verifica congiunta di progetti educativi, riabilitativi
e di socializzazione individualizzati, nonché a forme di integrazione
tra attività scolastiche e attività integrative extrascolastiche.
Negli accordi sono altresì previsti i requisiti che devono essere
posseduti dagli enti pubblici e privati ai fini della partecipazione
alle attività di collaborazione coordinate;
b) la dotazione alle scuole e alle università di attrezzature
tecniche e di sussidi didattici nonché di ogni altra forma di ausilio
tecnico, ferma restando la dotazione individuale di ausili e presìdi
funzionali all’effettivo esercizio del diritto allo studio, anche
mediante convenzioni con centri specializzati, aventi funzione di
consulenza pedagogica, di produzione e adattamento di specifico
materiale didattico;
c) la programmazione da parte dell’università di interventi
adeguati sia al bisogno della persona sia alla peculiarità del piano
di studio individuale;
d) l’attribuzione, con decreto del Ministro dell’università e
della ricerca scientifica e tecnologica, da emanare entro tre mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, di incarichi
professionali ad interpreti da destinare alle università, per
facilitare la frequenza e l’apprendimento di studenti non udenti;
e) la sperimentazione di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 31 maggio 1974, n. 419, da realizzare nelle classi
frequentate da alunni con handicap.
2. Per le finalità di cui al comma 1, gli enti locali e le unità
sanitarie locali possono altresì prevedere l’adeguamento
dell’organizzazione e del funzionamento degli asili nido alle
esigenze dei bambini con handicap, al fine di avviarne precocemente
il recupero, la socializzazione e l’integrazione, nonché
l’assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed
assistenti specializzati.
3. Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi
del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e
successive modificazioni, l’obbligo per gli enti locali di fornire
l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli
alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di
sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati.
4. I posti di sostegno per la scuola secondaria di secondo grado
sono determinati nell’ambito dell’organico del personale in servizio
alla data di entrata in vigore della presente legge in modo da
assicurare un rapporto almeno pari a quello previsto per gli altri
gradi di istruzione e comunque entro i limiti delle disponibilità
finanziarie all’uopo preordinate dall’articolo 42, comma 6, lettera
h).
5. Nella scuola secondaria di primo e secondo grado sono garantite
attività didattiche di sostegno, con priorità per le iniziative
sperimentali di cui al comma 1, lettera e), realizzate con docenti di
sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla
base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano
educativo individualizzato.
6. Gli insegnanti di sostegno assumono la contitolarità delle
sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla
programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica
delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei
consigli di classe e dei collegi dei docenti.
6-bis. Agli studenti handicappati iscritti all’università sono
garantiti sussidi tecnici e didattici specifici, realizzati anche
attraverso le convenzioni di cui alla lettera b) del comma 1, nonché
il supporto di appositi servizi di tutorato specializzato, istituiti
dalle università nei limiti del proprio bilancio e delle risorse
destinate alla copertura degli oneri di cui al presente comma, nonché
ai commi 5 e 5-bis dell’articolo 16 .

Art. 14.

Modalità di attuazione dell’integrazione.

1. Il Ministro della pubblica istruzione provvede alla formazione e
all’aggiornamento del personale docente per l’acquisizione di
conoscenze in materia di integrazione scolastica degli studenti
handicappati, ai sensi dell’articolo 26 del D.P.R. 23 agosto 1988, n.
399, nel rispetto delle modalità di coordinamento con il Ministero
dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica di cui
all’articolo 4 della legge 9 maggio 1989, n. 168. Il Ministro della
pubblica istruzione provvede altresì:
a) all’attivazione di forme sistematiche di orientamento,
particolarmente qualificate per la persona handicappata, con inizio
almeno dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado;
b) all’organizzazione dell’attività educativa e didattica secondo
il criterio della flessibilità nell’articolazione delle sezioni e
delle classi, anche aperte, in relazione alla programmazione
scolastica individualizzata;
c) a garantire la continuità educativa fra i diversi gradi di
scuola, prevedendo forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti
del ciclo inferiore e del ciclo superiore ed il massimo sviluppo
dell’esperienza scolastica della persona handicappata in tutti gli
ordini e gradi di scuola, consentendo il completamento della scuola
dell’obbligo anche sino al compimento del diciottesimo anno di età;
nell’interesse dell’alunno, con deliberazione del collegio dei
docenti, sentiti gli specialisti di cui all’articolo 4, secondo
comma, lettera l), del decreto del Presidente della Repubblica 31
maggio 1974, n. 416, su proposta del consiglio di classe o di
interclasse, può essere consentita una terza ripetenza in singole
classi.
2. I piani di studio delle scuole di specializzazione di cui
all’articolo 4 della legge 19 novembre 1990, n. 341, per il
conseguimento del diploma abilitante all’insegnamento nelle scuole
secondarie, comprendono, nei limiti degli stanziamenti già
preordinati in base alla legislazione vigente per la definizione dei
suddetti piani di studio, discipline facoltative, attinenti
all’integrazione degli alunni handicappati, determinate ai sensi
dell’articolo 4, comma 3, della citata legge n. 341 del 1990. Nel
diploma di specializzazione conseguito ai sensi del predetto articolo
4 deve essere specificato se l’insegnante ha sostenuto gli esami
relativi all’attività didattica di sostegno per le discipline cui il
diploma stesso si riferisce, nel qual caso la specializzazione ha
valore abilitante anche per l’attività didattica di sostegno.
3. La tabella del corso di laurea definita ai sensi dell’articolo
3, comma 3, della citata legge n. 341 del 1990 comprende, nei limiti
degli stanziamenti già preordinati in base alla legislazione vigente
per la definizione delle tabelle dei corsi di laurea, insegnamenti
facoltativi attinenti all’integrazione scolastica degli alunni
handicappati. Il diploma di laurea per l’insegnamento nelle scuole
materne ed elementari di cui all’articolo 3, comma 2, della citata
legge n. 341 del 1990 costituisce titolo per l’ammissione ai concorsi
per l’attività didattica di sostegno solo se siano stati sostenuti
gli esami relativi, individuati come obbligatori per la preparazione
all’attività didattica di sostegno, nell’ambito della tabella
suddetta definita ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della medesima
legge n. 341 del 1990.
4. L’insegnamento delle discipline facoltative previste nei piani
di studio delle scuole di specializzazione di cui al comma 2 e dei
corsi di laurea di cui al comma 3 può essere impartito anche da enti
o istituti specializzati all’uopo convenzionati con le università, le
quali disciplinano le modalità di espletamento degli esami e i
relativi controlli. I docenti relatori dei corsi di specializzazione
devono essere in possesso del diploma di laurea e del diploma di
specializzazione.
5. Fino alla prima applicazione dell’articolo 9 della citata legge
n. 341 del 1990, relativamente alle scuole di specializzazione si
applicano le disposizioni di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 31 maggio 1974, n. 417, e successive modificazioni, al
decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970 e
all’articolo 65 della legge 20 maggio 1982, n. 270.
6. L’utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei
prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora
manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati.
7. Gli accordi di programma di cui all’articolo 13, comma 1,
lettera a), possono prevedere lo svolgimento di corsi di
aggiornamento comuni per il personale delle scuole, delle unità
sanitarie locali e degli enti locali, impegnati in piani educativi e
di recupero individualizzati.

Art. 15.

Gruppi di lavoro per l’integrazione scolastica.

1. Presso ogni ufficio scolastico provinciale è istituito un gruppo
di lavoro composto da: un ispettore tecnico nominato dal provveditore
agli studi, un esperto della scuola utilizzato ai sensi dell’articolo
14, decimo comma, della legge 20 maggio 1982, n. 270, e successive
modificazioni, due esperti designati dagli enti locali, due esperti
delle unità sanitarie locali, tre esperti designati dalle
associazioni delle persone handicappate maggiormente rappresentative
a livello provinciale nominati dal provveditore agli studi sulla base
dei criteri indicati dal Ministro della pubblica istruzione entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Il gruppo di lavoro dura in carica tre anni.
2. Presso ogni circolo didattico ed istituto di scuola secondaria
di primo e secondo grado sono costituiti gruppi di studio e di lavoro
composti da insegnanti, operatori dei servizi, familiari e studenti
con il compito di collaborare alle iniziative educative e di
integrazione predisposte dal piano educativo.
3. I gruppi di lavoro di cui al comma 1 hanno compiti di consulenza
e proposta al provveditore agli studi, di consulenza alle singole
scuole, di collaborazione con gli enti locali e le unità sanitarie
locali per la conclusione e la verifica dell’esecuzione degli accordi
di programma di cui agli articoli 13, 39 e 40, per l’impostazione e
l’attuazione dei piani educativi individualizzati, nonché per
qualsiasi altra attività inerente all’integrazione degli alunni in
difficoltà di apprendimento.
4. I gruppi di lavoro predispongono annualmente una relazione da
inviare al Ministro della pubblica istruzione ed al presidente della
giunta regionale. Il presidente della giunta regionale può avvalersi
della relazione ai fini della verifica dello stato di attuazione
degli accordi di programma di cui agli artt. 13, 39 e 40.

Art. 16.

Valutazione del rendimento e prove d’esame.

1. Nella valutazione degli alunni handicappati da parte degli
insegnanti è indicato, sulla base del piano educativo
individualizzato, per quali discipline siano stati adottati
particolari criteri didattici, quali attività integrative e di
sostegno siano state svolte, anche in sostituzione parziale dei
contenuti programmatici di alcune discipline.
2. Nella scuola dell’obbligo sono predisposte, sulla base degli
elementi conoscitivi di cui al comma 1, prove d’esame corrispondenti
agli insegnamenti impartiti e idonee a valutare il progresso
dell’allievo in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di
apprendimento iniziali.
3. Nell’ambito della scuola secondaria di secondo grado, per gli
alunni handicappati sono consentite prove equipollenti e tempi più
lunghi per l’effettuazione delle prove scritte o grafiche e la
presenza di assistenti per l’autonomia e la comunicazione.
4. Gli alunni handicappati sostengono le prove finalizzate alla
valutazione del rendimento scolastico o allo svolgimento di esami
anche universitari con l’uso degli ausili loro necessari.
5. Il trattamento individualizzato previsto dai commi 3 e 4 in
favore degli studenti handicappati è consentito per il superamento
degli esami universitari previa intesa con il docente della materia e
con l’ausilio del servizio di tutorato di cui all’articolo 13, comma
6-bis. é consentito, altresì, sia l’impiego di specifici mezzi
tecnici in relazione alla tipologia di handicap, sia la possibilità
di svolgere prove equipollenti su proposta del servizio di tutorato
specializzato.
5-bis. Le università, con proprie disposizioni, istituiscono un
docente delegato dal rettore con funzioni di coordinamento,
monitoraggio e supporto di tutte le iniziative concernenti
l’integrazione nell’ambito dell’ateneo.

Art. 17.

Formazione professionale.

1. Le regioni, in attuazione di quanto previsto dagli articoli 3,
primo comma, lettere l) e m), e 8, primo comma, lettere g) e h),
della legge 21 dicembre 1978, n. 845, realizzano l’inserimento della
persona handicappata negli ordinari corsi di formazione professionale
dei centri pubblici e privati e garantiscono agli allievi
handicappati che non siano in grado di avvalersi dei metodi di
apprendimento ordinari l’acquisizione di una qualifica anche mediante
attività specifiche nell’ambito delle attività del centro di
formazione professionale tenendo conto dell’orientamento emerso dai
piani educativi individualizzati realizzati durante l’iter
scolastico. A tal fine forniscono ai centri i sussidi e le
attrezzature necessarie.
2. I corsi di formazione professionale tengono conto delle diverse
capacità ed esigenze della persona handicappata che, di conseguenza,
è inserita in classi comuni o in corsi specifici o in corsi
prelavorativi.
3. Nei centri di formazione professionale sono istituiti corsi per
le persone handicappate non in grado di frequentare i corsi normali.
I corsi possono essere realizzati nei centri di riabilitazione,
quando vi siano svolti programmi di ergoterapia e programmi
finalizzati all’addestramento professionale, ovvero possono essere
realizzati dagli enti di cui all’articolo 5 della citata legge n. 845
del 1978, nonché da organizzazioni di volontariato e da enti
autorizzati da leggi vigenti. Le regioni, entro sei mesi dalla data
di entrata in vigore della presente legge, provvedono ad adeguare
alle disposizioni di cui al presente comma i programmi pluriennali e
i piani annuali di attuazione per le attività di formazione
professionale di cui all’articolo 5 della medesima legge n. 845 del
1978.
4. Agli allievi che abbiano frequentato i corsi di cui al comma 2 è
rilasciato un attestato di frequenza utile ai fini della graduatoria
per il collocamento obbligatorio nel quadro economico-produttivo
territoriale.
5. Fermo restando quanto previsto in favore delle persone
handicappate dalla citata legge n. 845 del 1978, una quota del fondo
comune di cui all’articolo 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281, è
destinata ad iniziative di formazione e di avviamento al lavoro in
forme sperimentali, quali tirocini, contratti di formazione,
iniziative territoriali di lavoro guidato, corsi prelavorativi, sulla
base di criteri e procedure fissati con decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge.

Art. 18.

Integrazione lavorativa.

1. Le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, disciplinano l’istituzione e la tenuta dell’albo
regionale degli enti, istituzioni, cooperative sociali, di lavoro, di
servizi, e dei centri di lavoro guidato, associazioni ed
organizzazioni di volontariato che svolgono attività idonee a
favorire l’inserimento e l’integrazione lavorativa di persone
handicappate.
2. Requisiti per l’iscrizione all’albo dei cui al comma 1, oltre a
quelli previsti dalle leggi regionali, sono:
a) avere personalità giuridica di diritto pubblico o privato o
natura di associazione, con i requisiti di cui al capo II del titolo
II del libro I del codice civile;
b) garantire idonei livelli di prestazioni, di qualificazione del
personale e di efficienza operativa.
3. Le regioni disciplinano le modalità di revisione ed
aggiornamento biennale dell’albo di cui al comma 1.
4. I rapporti dei comuni, dei consorzi tra comuni e tra comuni e
province, delle comunità montane e delle unità sanitarie locali con
gli organismi di cui al comma 1 sono regolati da convenzioni conformi
allo schema tipo approvato con decreto del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità e
con il Ministro per gli affari sociali, da emanare entro centoventi
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
5. L’iscrizione all’albo di cui al comma 1 è condizione necessaria
per accedere alle convenzioni di cui all’articolo 38.
6. Le regioni possono provvedere con proprie leggi:
a) a disciplinare le agevolazioni alle singole persone
handicappate per recarsi al posto di lavoro e per l’avvio e lo
svolgimento di attività lavorative autonome;
b) a disciplinare gli incentivi, le agevolazioni e i contributi
ai datori di lavoro anche ai fini dell’adattamento del posto di
lavoro per l’assunzione delle persone handicappate.

Art. 19.

Soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio.

1. In attesa dell’entrata in vigore della nuova disciplina del
collocamento obbligatorio, le disposizioni di cui alla legge 2 aprile
1968, n. 482, e successive modificazioni, devono intendersi
applicabili anche a coloro che sono affetti da minorazione psichica,
i quali abbiano una capacità lavorativa che ne consente l’impiego in
mansioni compatibili. Ai fini dell’avviamento al lavoro, la
valutazione della persona handicappata tiene conto della capacità
lavorativa e relazionale dell’individuo e non solo della minorazione
fisica o psichica. La capacità lavorativa è accertata dalle
commissioni di cui all’articolo 4 della presente legge, integrate ai
sensi dello stesso articolo da uno specialista nelle discipline
neurologiche, psichiatriche o psicologiche.

Art. 20.

Prove d’esame nei concorsi pubblici e per l’abilitazione alle
professioni.

1. La persona handicappata sostiene le prove d’esame nei concorsi
pubblici e per l’abilitazione alle professioni con l’uso degli ausili
necessari e nei tempi aggiuntivi eventualmente necessari in relazione
allo specifico handicap.
2. Nella domanda di partecipazione al concorso e all’esame per
l’abilitazione alle professioni il candidato specifica l’ausilio
necessario in relazione al proprio handicap, nonché l’eventuale
necessità di tempi aggiuntivi.

Art. 21.

Precedenza nell’assegnazione di sede.

1. La persona handicappata con un grado di invalidità superiore ai
due terzi o con minorazioni iscritte alle categorie prima, seconda e
terza della tabella A annessa alla legge 10 agosto 1950, n. 648,
assunta presso gli enti pubblici come vincitrice di concorso o ad
altro titolo, ha diritto di scelta prioritaria tra le sedi
disponibili.
2. I soggetti di cui al comma 1 hanno la precedenza in sede di
trasferimento a domanda.

Art. 22.

Accertamenti ai fini del lavoro pubblico e privato.

1. Ai fini dell’assunzione al lavoro pubblico e privato non è
richiesta la certificazione di sana e robusta costituzione fisica.

Art. 23.

Rimozione di ostacoli per l’esercizio di attività sportive,
turistiche e ricreative.

1. L’attività e la pratica delle discipline sportive sono favorite
senza limitazione alcuna. Il Ministro della sanità, con proprio
decreto da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore
della presente legge, definisce i protocolli per la concessione
dell’idoneità alla pratica sportiva agonistica alle persone
handicappate.
2. Le regioni e i comuni, i consorzi di comuni ed il Comitato
olimpico nazionale italiano (CONI) realizzano, in conformità alle
disposizioni vigenti in materia di eliminazione delle barriere
architettoniche, ciascuno per gli impianti di propria competenza,
l’accessibilità e la fruibilità delle strutture sportive e dei
connessi servizi da parte delle persone handicappate.
3. Le concessioni demaniali per gli impianti di balneazione ed i
loro rinnovi sono subordinati alla visitabilità degli impianti ai
sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n.
236, di attuazione della legge 9 gennaio 1989, n. 13, e all’effettiva
possibilità di accesso al mare delle persone handicappate.
4. Le concessioni autostradali ed i loro rinnovi sono subordinati
alla visitabilità degli impianti ai sensi del citato decreto del
Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236.
5. Chiunque, nell’esercizio delle attività di cui all’articolo 5,
primo comma, della legge 17 maggio 1983, n. 217, o di altri pubblici
esercizi, discrimina persone handicappate è punito con la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da lire un milione a lire
dieci milioni e con la chiusura dell’esercizio da uno a sei mesi.

Art. 24.

Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche.

1. Tutte le opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati
aperti al pubblico che sono suscettibili di limitare l’accessibilità
e la visitabilità di cui alla legge 9 gennaio 1989, n. 13, e
successive modificazioni, sono eseguite in conformità alle
disposizioni di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118, e successive
modificazioni, al regolamento approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, alla citata legge n. 13 del
1989, e successive modificazioni, e al citato decreto del Ministro
dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236.
2. Per gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico soggetti
ai vincoli di cui alle leggi 1° giugno 1939, n. 1089, e successive
modificazioni, e 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni,
nonché ai vincoli previsti da leggi speciali aventi le medesime
finalità, qualora le autorizzazioni previste dagli articoli 4 e 5
della citata legge n. 13 del 1989 non possano venire concesse, per il
mancato rilascio del nulla osta da parte delle autorità competenti
alla tutela del vincolo, la conformità alle norme vigenti in materia
di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche può
essere realizzata con opere provvisionali, come definite
dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio
1956, n. 164, nei limiti della compatibilità suggerita dai vincoli
stessi.
3. Alle comunicazioni al comune dei progetti di esecuzione dei
lavori riguardanti edifici pubblici e aperti al pubblico, di cui al
comma 1, rese ai sensi degli articoli 15, terzo comma, e 26, secondo
comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive
modificazioni, sono allegate una documentazione grafica e una
dichiarazione di conformità alla normativa vigente in materia di
accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche, anche
ai sensi del comma 2 del presente articolo.
4. Il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia per le
opere di cui al comma 1 è subordinato alla verifica della conformità
del progetto compiuta dall’ufficio tecnico o dal tecnico incaricato
dal comune. Il sindaco, nel rilasciare il certificato di agibilità e
di abitabilità per le opere di cui al comma 1, deve accertare che le
opere siano state realizzate nel rispetto delle disposizioni vigenti
in materia di eliminazione delle barriere architettoniche. A tal fine
può richiedere al proprietario dell’immobile o all’intestatario della
concessione una dichiarazione resa sotto forma di perizia giurata
redatta da un tecnico abilitato.
5. Nel caso di opere pubbliche, fermi restando il divieto di
finanziamento di cui all’articolo 32, comma 20, della legge 28
febbraio 1986, n. 41, e l’obbligo della dichiarazione del
progettista, l’accertamento di conformità alla normativa vigente in
materia di eliminazione delle barriere architettoniche spetta
all’Amministrazione competente, che ne dà atto in sede di
approvazione del progetto.
6. La richiesta di modifica di destinazione d’uso di edifici in
luoghi pubblici o aperti al pubblico è accompagnata dalla
dichiarazione di cui al comma 3. Il rilascio del certificato di
agibilità e di abitabilità è condizionato alla verifica tecnica della
conformità della dichiarazione allo stato dell’immobile.
7. Tutte le opere realizzate negli edifici pubblici e privati
aperti al pubblico in difformità dalle disposizioni vigenti in
materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere
architettoniche, nelle quali le difformità siano tali da rendere
impossibile l’utilizzazione dell’opera da parte delle persone
handicappate, sono dichiarate inabitabili e inagibili. Il
progettista, il direttore dei lavori, il responsabile tecnico degli
accertamenti per l’agibilità o l’abitabilità ed il collaudatore,
ciascuno per la propria competenza, sono direttamente responsabili.
Essi sono puniti con l’ammenda da lire 10 milioni a lire 50 milioni e
con la sospensione dai rispettivi albi professionali per un periodo
compreso da uno a sei mesi.
8. Il Comitato per l’edilizia residenziale (CER), di cui
all’articolo 3 della legge 5 agosto 1978, n. 457, fermo restando il
divieto di finanziamento di cui all’articolo 32, comma 20, della
citata legge n. 41 del 1986, dispone che una quota dei fondi per la
realizzazione di opere di urbanizzazione e per interventi di recupero
sia utilizzata per la eliminazione delle barriere architettoniche
negli insediamenti di edilizia residenziale pubblica realizzati prima
della data di entrata in vigore della presente legge.
9. I piani di cui all’articolo 32, comma 21, della citata legge n.
41 del 1986 sono modificati con integrazioni relative
all’accessibilità degli spazi urbani, con particolare riferimento
all’individuazione e alla realizzazione di percorsi accessibili,
all’installazione di semafori acustici per non vedenti, alla
rimozione della segnaletica installata in modo da ostacolare la
circolazione delle persone handicappate.
10. Nell’ambito della complessiva somma che in ciascun anno la
Cassa depositi e prestiti concede agli enti locali per la contrazione
di mutui con finalità di investimento, una quota almeno pari al 2 per
cento è destinata ai prestiti finalizzati ad interventi di
ristrutturazione e recupero in attuazione delle norme di cui al
regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1978, n. 384.
11. I comuni adeguano i propri regolamenti edilizi alle
disposizioni di cui all’articolo 27 della citata legge n. 118 del
1971, all’articolo 2 del citato regolamento approvato con decreto del
Presidente della Repubblica n. 384 del 1978, alla citata legge n. 13
del 1989, e successive modificazioni, e al citato decreto del
Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236 entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Scaduto
tale termine, le norme dei regolamenti edilizi comunali contrastanti
con le disposizioni del presente articolo perdono efficacia.

Art. 25.

Accesso alla informazione e alla comunicazione.

1. Il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni contribuisce
alla realizzazione di progetti elaborati dalle concessionarie per i
servizi radiotelevisivi e telefonici volti a favorire l’accesso
all’informazione radiotelevisiva e alla telefonia anche mediante
installazione di decodificatori e di apparecchiature complementari,
nonché mediante l’adeguamento delle cabine telefoniche.
2. All’atto di rinnovo o in occasione di modifiche delle
convenzioni per la concessione di servizi radiotelevisivi o
telefonici sono previste iniziative atte a favorire la ricezione da
parte di persone con handicap sensoriali di programmi di
informazione, culturali e di svago e la diffusione di decodificatori.

Art. 26.

Mobilità e trasporti collettivi.

1. Le regioni disciplinano le modalità con le quali i comuni
dispongono gli interventi per consentire alle persone handicappate la
possibilità di muoversi liberamente sul territorio, usufruendo, alle
stesse condizioni degli altri cittadini, dei servizi di trasporto
collettivo appositamente adattati o di servizi alternativi.
2. I comuni assicurano, nell’ambito delle proprie ordinarie risorse
di bilancio, modalità di trasporto individuali per le persone
handicappate non in grado di servirsi dei mezzi pubblici.
3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, le regioni elaborano, nell’ambito dei piani regionali di
trasporto e dei piani di adeguamento delle infrastrutture urbane,
piani di mobilità delle persone handicappate da attuare anche
mediante la conclusione di accordi di programma ai sensi
dell’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142. I suddetti piani
prevedono servizi alternativi per le zone non coperte dai servizi di
trasporto collettivo. Fino alla completa attuazione dei piani, le
regioni e gli enti locali assicurano i servizi già istituiti. I piani
di mobilità delle persone handicappate predisposti dalle regioni sono
coordinati con i piani di trasporto predisposti dai comuni.
4. Una quota non inferiore all’1 per cento dell’ammontare dei mutui
autorizzati a favore dell’Ente ferrovie dello Stato è destinata agli
interventi per l’eliminazione delle barriere architettoniche nelle
strutture edilizie e nel materiale rotabile appartenenti all’Ente
medesimo, attraverso capitolati d’appalto formati sulla base
dell’articolo 20 del regolamento approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384.
5. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente
legge, il Ministro dei trasporti provvede alla omologazione di almeno
un prototipo di autobus urbano ed extraurbano, di taxi, di vagone
ferroviario, conformemente alle finalità della presente legge.
6. Sulla base dei piani regionali e della verifica della
funzionalità dei prototipi omologati di cui al comma 5, il Ministro
dei trasporti predispone i capitolati d’appalto contenenti
prescrizioni per adeguare alle finalità della presente legge i mezzi
di trasporto su gomma in corrispondenza con la loro sostituzione.

Art. 27.

Trasporti individuali.

1. A favore dei titolari di patente di guida delle categorie A, B,
o C speciali, con incapacità motorie permanenti, le unità sanitarie
locali contribuiscono alla spesa per la modifica degli strumenti di
guida, quale strumento protesico extra-tariffario, nella misura del
20 per cento, a carico del bilancio dello Stato.
2. Al comma 1 dell’articolo 1 della legge 9 aprile 1986, n. 97,
sono soppresse le parole: <, titolari="" di="" patente="" f="">> e dopo le
parole: > sono aggiunte le seguenti: >.
3. Omissis.
4. Il Comitato tecnico di cui all’articolo 81, comma 9, del testo
unico delle norme sulla disciplina della circolazione stradale,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1959,
n. 393, come sostituito dall’articolo 4, comma 1, della legge 18
marzo 1988, n. 111, è integrato da due rappresentanti delle
associazioni delle persone handicappate nominati dal Ministro dei
trasporti su proposta del Comitato di cui all’articolo 41 della
presente legge.
5. Le unità sanitarie locali trasmettono le domande presentate dai
soggetti di cui al comma 1 ad un apposito fondo, istituito presso il
Ministero della sanità, che provvede ad erogare i contributi nei
limiti dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 42.

Art. 28.

Facilitazioni per i veicoli delle persone handicappate.

1. I comuni assicurano appositi spazi riservati ai veicoli delle
persone handicappate, sia nei parcheggi gestiti direttamente o dati
in concessione, sia in quelli realizzati e gestiti da privati.
2. Il contrassegno di cui all’articolo 6 del regolamento approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384,
che deve essere apposto visibilmente sul parabrezza del veicolo, è
valido per l’utilizzazione dei parcheggi di cui al comma 1.

Art. 29.

Esercizio del diritto di voto.

1. In occasione di consultazioni elettorali, i comuni organizzano i
servizi di trasporto pubblico in modo da facilitare agli elettori
handicappati il raggiungimento del seggio elettorale.
2. Per rendere più agevole l’esercizio del diritto di voto, le
unità sanitarie locali, nei tre giorni precedenti la consultazione
elettorale, garantiscono in ogni comune la disponibilità di un
adeguato numero di medici autorizzati per il rilascio dei certificati
di accompagnamento e dell’attestazione medica di cui all’articolo 1
della legge 15 gennaio 1991, n. 15.
3. Un accompagnatore di fiducia segue in cabina i cittadini
handicappati impossibilitati ad esercitare autonomamente il diritto
di voto. L’accompagnatore deve essere iscritto nelle liste
elettorali. Nessun elettore può esercitare la funzione di
accompagnatore per più di un handicappato. Sul certificato elettorale
dell’accompagnatore è fatta apposita annotazione dal presidente del
seggio nel quale egli ha assolto tale compito.

Art. 30.

Partecipazione.

1. Le regioni per la redazione dei programmi di promozione e di
tutela dei diritti della persona handicappata, prevedono forme di
consultazione che garantiscono la partecipazione dei cittadini
interessati.

Art. 31.

Riserva di alloggi.

1. Omissis.
2. Omissis.
3. Omissis.
4. Omissis.

Art. 32.

Agevolazioni fiscali.

Omissis.

Art. 33.

Agevolazioni.

1. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre,
anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità
accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, hanno diritto al
prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa
dal lavoro di cui all’articolo 7 della legge 30 dicembre 1971, n.
1204, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno
presso istituti specializzati.
2. I soggetti di cui al comma 1 possono chiedere ai rispettivi
datori di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a
tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di
permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di
vita del bambino.
3. Successivamente al compimento del terzo anno di vita del
bambino, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre,
anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità,
nonché colui che assiste una persona con handicap in situazione di
gravità parente o affine entro il terzo grado, convivente, hanno
diritto a tre giorni di permesso mensile, fruibili anche in maniera
continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione
di gravità non sia ricoverata a tempo pieno.
4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli
previsti all’articolo 7 della citata legge n. 1204 del 1971, si
applicano le disposizioni di cui all’ultimo comma del medesimo
articolo 7 della legge n. 1204 del 1971, nonché quelle contenute
negli articoli 7 e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
5. Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro
pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine
entro il terzo grado handicappato, con lui convivente, ha diritto a
scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio
domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra
sede.
6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può
usufruire dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere,
ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e
non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso.
7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano
anche agli affidatari di persone handicappate in situazione di
gravità.

Art. 34.

Protesi e ausili tecnici.

1. Con decreto del Ministro della sanità da emanare, sentito il
Consiglio sanitario nazionale, entro sei mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge, nella revisione e ridefinizione del
nomenclatore-tariffario delle protesi di cui al terzo comma
dell’articolo 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, vengono
inseriti apparecchi e attrezzature elettronici e altri ausili tecnici
che permettano di compensare le difficoltà delle persone con handicap
fisico o sensoriale.

Art. 35.

Ricovero del minore handicappato.

1. Nel caso di ricovero di una persona handicappata di minore età
presso un istituto anche a carattere sanitario, pubblico o privato,
ove dall’istituto sia segnalato l’abbandono del minore, si applicano
le norme di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184.

Art. 36.

Aggravamento delle sanzioni penali.

1. Per i reati di cui agli articoli 527 e 628 del codice penale,
nonché per i delitti non colposi contro la persona, di cui al titolo
XII del libro secondo del codice penale, e per i reati di cui alla
legge 20 febbraio 1958, n. 75, qualora l’offeso sia una persona
handicappata la pena è aumentata da un te

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