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Associazioni, fondazioni e comitati – Parare circa il trattamento di dati relativi ad invalidi civili, di guerra e del lavoro. Comunicazione ad associazioni di categoria – 1 dicembre 1999
di Redazione
I soggetti pubblici devono compiere sui dati “sensibili” le sole operazioni di trattamento (incluse la raccolta e la comunicazione) strettamente necessarie per perseguire i singoli scopi; devono verificare poi, periodicamente, la pertinenza e non eccedenza delle informazioni utilizzate, nonché la loro “necessità rispetto alle finalità perseguite nei singoli casi” (artt. 3 e 4 d.lg. n. 135/1999)
GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
OGGETTO: trattamento di dati relativi ad invalidi civili, di guerra e del lavoro. Comunicazione ad associazioni di categoria.
Sono pervenute a questa Autorità diverse richieste di parere sul trattamento dei dati relativi a soggetti che chiedono il riconoscimento dello stato di invalidità per usufruire dei benefici previsti in tema di invalidità civile, di invalidità sul lavoro o di emolumenti pensionistici di guerra. In particolare, le richieste riguardano la possibilità per i competenti organi di comunicare alcuni dati ad associazioni ed enti rappresentativi degli invalidi, nonché i successivi trattamenti di dati effettuati da tali organismi.
Questa Autorità si è già pronunciata una prima volta nel 1997, in risposta ad un quesito rivolto dall’ANMIC (parere del 17 settembre 1997). È ora necessario fornire nuovi chiarimenti in considerazione sia delle altre segnalazioni pervenute (alcune delle quali denunciano comportamenti non pienamente conformi alle indicazioni già formulate da questa Autorità), sia dei mutamenti intervenuti nel frattempo sul piano normativo.
EFFETTI DI RECENTI MODIFICHE NORMATIVE
Ad integrazione delle norme generali contenute nella legge n. 675/1996, sono state approvate di recente alcune importanti disposizioni sul trattamento dei dati “sensibili” da parte dei soggetti pubblici (d.lg 11 maggio 1999, n. 135); ulteriori regole sono state introdotte riguardo ai dati sulla salute trattati da organismi sanitari pubblici e da professionisti sanitari convenzionati o accreditati con il Servizio sanitario nazionale (d. lg. 30 luglio 1999, n. 282).
L’art. 13 del d.lg. n. 135/1999 ha previsto che le attività dei soggetti pubblici finalizzate “all’applicazione della disciplina in materia di concessione, liquidazione, modifica e revoca di benefici economici, agevolazioni, elargizioni, altri emolumenti e abilitazioni” devono considerarsi di “rilevante interesse pubblico” (in particolare, quelle volte al riconoscimento di benefici connessi all’invalidità civile: comma 2, lett. d)). Tale statuizione rende lecito il trattamento dei dati “sensibili” svolto dai soggetti pubblici per le predette finalità, in relazione alla regola generale introdotta dall’art. 22, comma 3, della legge n. 675/1996. Il trattamento deve essere però effettuato nel rispetto dei principi affermati negli artt. da 2 a 5 del medesimo decreto legislativo; occorrerà rispettare, inoltre, le prescrizioni più specifiche che le amministrazioni interessate devono promuovere entro il 31 dicembre 1999, attraverso fonti di rango regolamentare, per identificare i tipi di dati “sensibili” e le operazioni eseguibili non sufficientemente disciplinati a livello legislativo.
I principi generali contenuti nel capo I del d.lg. n. 135 sono efficaci dal maggio del corrente anno.
Pertanto, i soggetti pubblici devono compiere già oggi, sui dati “sensibili”, le sole operazioni di trattamento (incluse la raccolta e la comunicazione) strettamente necessarie per perseguire i singoli scopi; devono verificare poi, periodicamente, la pertinenza e non eccedenza delle informazioni utilizzate, nonché la loro “necessità rispetto alle finalità perseguite nei singoli casi” (artt. 3 e 4 d.lg. n. 135/1999).
Inoltre, i dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale devono essere conservati separatamente da ogni altro dato personale trattato per finalità che non richiedono il loro utilizzo. Infine, i dati “sensibili”, anche se diversi da quelli idonei a rivelare lo stato di invalidità, qualora siano contenuti in banche dati, elenchi o registri non cartacei, devono essere trattati con tecniche di cifratura o mediante l’utilizzazione di codici identificativi o di altri sistemi che, tenuto conto del numero e della natura dei dati trattati, permettono di identificare gli interessati solo in caso di necessità”.
Alla luce di queste nuove disposizioni, le modalità di applicazione della previgente normativa che disciplina gli accertamenti in materia di invalidità e lo svolgimento di alcune operazioni di trattamento devono essere oggetto di rimeditazione da parte di tutte le amministrazioni interessate; queste ultime, completati gli approfondimenti per identificare i tipi di dati e le operazioni eseguibili, devono inoltre rendere pubbliche le scelte effettuate, curando ad esempio la pubblicazione della fonte regolamentare adottata.
ULTERIORI EFFETTI SUI TRATTAMENTI DI DATI
Questa riflessione offre l’occasione per superare dubbi ed incongruenze che sono stati segnalati al Garante e che, in determinati casi, appaiono derivati anche dal complesso succedersi delle disposizioni in materia e dalla non sempre costante prassi applicativa.
Nell’applicare le nuove norme sui dati sensibili, le amministrazioni pubbliche dovranno, in particolare:
a) assicurarsi che sia sempre garantito il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità degli interessati (art. 2 d.lg. n. 135/1999);
b) provvedere affinché i dati idonei a rivelare lo stato di invalidità siano trattati solo quando non sia possibile effettuare altrimenti i singoli adempimenti o passaggi procedurali volti al riconoscimento dei benefici. Nello svolgimento dei compiti in materia di invalidità civile, anche per ciò che riguarda verifiche e controlli, le amministrazioni non incontrano alcun ostacolo nella normativa sui dati personali; devono però modulare con particolare attenzione la raccolta, la custodia e i flussi di dati, individuando anche nei riguardi di quali fasi e di quali documenti o soggetti sia realmente essenziale menzionare in tutto o in parte alcune informazioni sullo stato di salute e dare inoltre comunicazione all’esterno dei risultati di tale rimeditazione;
c) considerare come non più ammissibile la comunicazione di taluni dati ad associazioni ed enti che tutelano le diverse categorie di invalidi in base al compiti previsti dal proprio assetto istituzionale o statutario, tenendo presente che il d.lg. n. 135 impone di accertare attraverso i regolamenti attuativi di cui all’art. 5, commi 3 e 4 del medesimo decreto se la comunicazione sia strettamente necessaria per perseguire la rilevante finalità pubblica individuata nel relativo art. 13, e non anche di appurare se la comunicazione stessa possa risultare utile all’associazione destinataria. Infatti, dopo il d.lg. n. 135 (art. 4), sono lecite le sole operazioni di trattamento (inclusa la comunicazione) strettamente necessarie al perseguimento delle finalità per le quali il trattamento è consentito;
d) selezionare con particolare attenzione i dati oggetto di eventuale comunicazione, nel caso in cui la comunicazione di alcuni dati ad enti ed associazioni che tutelano le diverse categorie di invalidi sia ritenuta indispensabile per la citata finalità di rilevante interesse pubblico. Al di là del necessario rispetto del principio di eguaglianza nell’individuazione di questi enti, appare assai dubbio che, in assenza di puntuali disposizioni o di deleghe specifiche da parte degli interessati, si possano fornire informazioni sui singoli soggetti sottoposti a visita, quali quelle relative al grado di invalidità o alla patologia riscontrata;
e) rispettare, in ogni caso, il divieto di diffondere i dati sullo stato di salute nei confronti di un numero indeterminato di soggetti (art. 23, comma 4, legge n. 675/1996; art. 4, comma 4, d.lg. n. 135/1999);
f) informare gli interessati circa i trattamenti effettuati (art. 10, l. n. 675/1996; art. 2, comma 2, d.lg. 135/1999), anche per quanto riguarda i soggetti o le categorie di terzi che possono accedere o ricevere comunicazione delle informazioni relative allo stato di invalidità (inclusi eventuali enti ed associazioni di categoria), specificando quali trattamenti -compresa la comunicazione- sono indispensabili per erogare i benefici e quali altre operazioni possono essere invece compiute all’occorrenza in conseguenza di una libera scelta degli interessati.
COMUNICAZIONI IN ATTUAZIONE DELLA LEGGE N. 118/1971
Diverse segnalazioni riguardano la comunicazione all’Associazione nazionale dei mutilati e degli invalidi civili (ANMIC) degli elenchi dei nominativi di mutilati e invalidi civili, prevista dall’art. 8, quarto comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118. Questa disposizione, come constatato dal Garante il 17 settembre 1997 (nonché dal Consiglio di Stato nel parere della I sez. n. 3904/94 dell’8 gennaio 1997) era vigente anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 675/1996.
Tale legge (art. 43) ha infatti abrogato le sole disposizioni con essa incompatibili. Al tempo stesso, in materia di dati “sensibili”, la legge ha previsto un regime provvisorio (terminato solo nel maggio di quest’anno), in base al quale i soggetti pubblici potevano proseguire in via transitoria i trattamenti di dati in atto alla data dell’8 maggio 1997, in attesa che venissero introdotte disposizioni legislative in linea con il principio generale affermato dall’art. 22, comma 3, della legge (il che è poi avvenuto con il citato d.lg. n. 135: cfr. art. 41, comma 5, legge n. 675).
La legge n. 675 non si era quindi occupata del citato art. 8, neanche per la parte che prevede la trasmissione di elenchi nei confronti di una sola associazione (attualmente non avente più natura giuridica pubblica).
Solo il decreto n. 135/1999 ha introdotto principi che spiegano effetti diretti anche nei confronti della normativa previgente, nel senso che la comunicazione di dati idonei a rivelare lo stato di invalidità potrà essere ritenuta lecita solo a seguito della valutazione, nei termini già illustrati, della sua stretta necessità rispetto alla finalità pubblica perseguita dalle competenti amministrazioni.
Assume quindi caratteristiche diverse dal passato la stessa controversia interpretativa concernente il possibile contenuto delle comunicazioni di cui all’art. 8, quarto comma, a proposito della quale appariva certa l’impossibilità di inserire negli elenchi trasmessi all’ANMIC le patologie riscontrate agli interessati in sede di visita medica, mentre si tendeva a ritenere consentita la menzione dell’esito della visita stessa o della percentuale di invalidità riscontrata (il che suscita ampie perplessità, in quanto la norma si riferisce ad elenchi di nominativi e non anche ad ulteriori dati sul loro stato di invalidità).
ULTERIORI PROFILI
Le considerazioni sin qui formulate non pregiudicano l’applicazione di altre disposizioni normative che prevedono la presenza di rappresentanti delle associazioni di categoria nelle commissioni mediche incaricate di effettuare accertamenti su appartenenti alle rispettive categorie (v., in particolare, l’art. 1, comma 3, l. 15 ottobre 1990, n. 295). In questi casi, i rappresentanti delle associazioni concorrono a formare la volontà di un organo pubblico e possono pertanto utilizzare i dati ai quali accedono esclusivamente ai fini dell’espletamento di questa funzione. In secondo luogo, è da ritenere salvo il possibile accesso delle associazioni ai dati degli invalidi che abbiano conferito una specifica delega, ipotesi che il Ministero dell’interno (circ. n. 23/97 del 27 maggio 1997) e la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi (nota Di.Ca. 2807 II. 4.5.2.4 del 18 marzo 1999) hanno ricordato allorché hanno escluso la possibilità di rilasciare nei confronti delle medesime associazioni elenchi generali di nominativi di persone aventi diritto a provvidenze, anche se richiesti ai sensi della legge n. 241/1990.
Va, in terzo luogo, ricordato che il d.P.R. 28 luglio 1999, n. 318, prevede specifiche “misure minime” di sicurezza, obbligatorie anche sul piano penale, che riguardano anche i dati di natura sensibile. Occorre da ultimo precisare che le valutazioni espresse con il presente provvedimento valgono anche (fatta eccezione per le disposizioni che si riferiscono esclusivamente ai dati sullo stato di salute) per le altre informazioni sensibili che siano trattate ai fini del riconoscimento dei benefici pensionistici di guerra (es., dati idonei a rivelare opinioni politiche o l’origine razziale degli interessati).
ULTERIORI TRATTAMENTI DI DATI DA PARTE DI ASSOCIAZIONI
Già con il parere del 16 settembre 1997, il Garante aveva messo in evidenza gli obblighi di informativa e di acquisizione del consenso cui sono tenuti gli enti e le associazioni di categoria rispetto ai trattamenti di dati da essi lecitamente raccolti.
Tali organismi devono infatti fornire agli interessati un’esauriente informativa sui trattamenti che intendono effettuare, informativa che, relativamente ai dati ad essi comunicati da una pubblica amministrazione, deve essere fornita al momento della registrazione dei dati o (se è prevista un’ulteriore comunicazione a terzi) non oltre la prima comunicazione che i medesimi enti ed associazioni effettuano (qualora ciò sia lecito) a terzi diversi dall’interessato (art. 10, commi 3 e 4, legge n. 675/1996).
In tale sede, gli enti e le associazioni devono chiarire anche la natura obbligatoria o facoltativa dei singoli, ulteriori trattamenti (art. 10, comma 1, lett. b), l. n. 675/1996). È, infine, necessario che il consenso dell’interessato sia fornito per iscritto, e con specifico riferimento alle diverse categorie di trattamenti che l’associazione o l’ente intenda effettuare (art. 22, comma 1, l. n. 675/1996).
Risulta infine in atti che l’ANMIC ha impartito istruzioni ad organismi periferici ai fini dell’informativa e dell’acquisizione del consenso (circ. n. 616 prot. 3179 del 23 settembre 1997). È necessario però acquisire circostanziati elementi per verificare alcuni aspetti relativi alla liceità, alla correttezza del trattamento e alla piena compatibilità degli scopi dell’originario trattamento di dati con le finalità successivamente perseguite da tale associazione; per questi aspetti, si provvede quindi ad instaurare un autonomo procedimento.
In conclusione, il Garante segnala alle amministrazioni e alle associazioni in indirizzo, ai sensi dell’art. 31, comma 1, lett. c), della legge n. 675/1996 la necessità di conformare i trattamenti di dati alle indicazioni formulate e, in particolare, di avviare entro il 31 dicembre 1999 il procedimento previsto dall’art. 5, comma 4, del d.lg. n. 135/1999.
Il Garante resta a disposizione per ogni ulteriore chiarimento, anche al fine di facilitare una sollecita ed uniforme applicazione delle indicazioni.
IL PRESIDENTE
Rodotà
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