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Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, dellalibertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro enorme sul collocamento
di Redazione
Legge 20 maggio 1970, n. 300 (in Gazz. Uff., 27 maggio 1970, n. 131).
— Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della
libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e
norme sul collocamento
TITOLO I
Art. 1.
Libertà di opinione.
I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e
di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro
opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto
dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge.
Art. 2.
Guardie giurate.
Il datore di lavoro può impiegare le guardie particolari giurate,
di cui agli articoli 133 e seguenti del testo unico approvato con
regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, soltanto per scopi di tutela
del patrimonio aziendale.
Le guardie giurate non possono contestare ai lavoratori azioni o
fatti diversi da quelli che attengono alla tutela del patrimonio
aziendale.
é fatto divieto al datore di lavoro di adibire alla vigilanza
sull’attività lavorativa le guardie di cui al primo comma, le quali
non possono accedere nei locali dove si svolge tale attività, durante
lo svolgimento della stessa, se non eccezionalmente per specifiche e
motivate esigenze attinenti ai compiti di cui al primo comma.
In caso di inosservanza da parte di una guardia particolare giurata
delle disposizioni di cui al presente articolo, la Direzione
regionale del lavoro ne promuove presso il questore la sospensione
dal servizio, salvo il provvedimento di revoca della licenza da parte
del prefetto nei casi più gravi.
Personale di vigilanza.
I nominativi e le mansioni specifiche del personale addetto alla
vigilanza dell’attività lavorativa debbono essere comunicati ai
lavoratori interessati.
Art. 4.
Impianti audiovisivi.
é vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature
per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.
Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti
da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del
lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a
distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati
soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali,
oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto
di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede la Direzione
regionale del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di
tali impianti.
Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano
alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo,
in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o
con la commissione interna, la Direzione regionale del lavoro
provvede entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge,
dettando all’occorrenza le prescrizioni per l’adeguamento e le
modalità di uso degli impianti suddetti.
Contro i provvedimenti della Direzione regionale del lavoro, di cui
ai precedenti secondo e terzo comma, il datore di lavoro, le
rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, la
commissione interna, oppure i sindacati dei lavoratori di cui al
successivo art. 19 possono ricorrere, entro 30 giorni dalla
comunicazione del provvedimento, al Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale.
Art. 5.
Accertamenti sanitari.
Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla
idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore
dipendente.
Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato
soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali
competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di
lavoro lo richieda.
Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità
fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti
specializzati di diritto pubblico.
Art. 6.
Visite personali di controllo.
Le visite personali di controllo sul lavoratore sono vietate
fuorché nei casi in cui siano indispensabili ai fini della tutela del
patrimonio aziendale, in relazione alla qualità degli strumenti di
lavoro o delle materie prime o dei prodotti.
In tali casi le visite personali potranno essere effettuate
soltanto a condizione che siano eseguite all’uscita dei luoghi di
lavoro, che siano salvaguardate la dignità e la riservatezza del
lavoratore e che avvengano con l’applicazione di sistemi di selezione
automatica riferiti alla collettività o a gruppi di lavoratori.
Le ipotesi nelle quali possono essere disposte le visite personali,
nonché, ferme restando le condizioni di cui al secondo comma del
presente articolo, le relative modalità debbono essere concordate dal
datore di lavoro con le rappresentanze sindacali aziendali oppure, in
mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di
accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede la Direzione
regionale del lavoro.
Contro i provvedimenti della Direzione regionale del lavoro di cui
al precedente comma, il datore di lavoro, le rappresentanze sindacali
aziendali o, in mancanza di queste, la commissione interna, oppure i
sindacati dei lavoratori di cui al successivo articolo 19 possono
ricorrere, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento, al
Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
Art. 7.
Sanzioni disciplinari.
Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in
relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle
procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a
conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a
tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi
e contratti di lavoro ove esistano.
Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento
disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli
preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua
difesa .
Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante
dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604,
non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino
mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può
essere disposta per un importo superiore a quattro ore della
retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione
per più di dieci giorni.
In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero
verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque
giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato
causa.
Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di
lavoro e ferma restando la facoltà di adire l’autorità giudiziaria,
il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare
può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo
dell’associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato,
la costituzione, tramite l’ufficio provinciale del lavoro e della
massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato,
composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo
membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato
dal direttore dell’ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta
sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.
Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni
dall’invito rivoltogli dall’ufficio del lavoro, a nominare il proprio
rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la
sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce
l’autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino
alla definizione del giudizio.
Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari
decorsi due anni dalla loro applicazione.
Art. 8.
Divieto di indagini sulle opinioni.
é fatto divieto al datore di lavoro, ai fini dell’assunzione, come
nel corso dello svolgimento del rapporto di lavoro, di effettuare
indagini, anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose
o sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini
della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore.
Art. 9.
Tutela della salute e dell’integrità fisica.
I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di
controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli
infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca,
l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la
loro salute e la loro integrità fisica.
Art. 10.
Lavoratori studenti.
I lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di
studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di
qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente
riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio
legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai
corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni
di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali.
I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono
sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi
giornalieri retribuiti.
Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle
certificazioni necessarie all’esercizio dei diritti di cui al primo e
secondo comma.
Art. 11.
Attività culturali, ricreative e assistenziali e controlli sul
servizio di mensa .
Le attività culturali, ricreative ed assistenziali promosse
nell’azienda sono gestite da organismi formati a maggioranza dai
rappresentanti dei lavoratori.
Le rappresentanze sindacali aziendali, costituite a norma dell’art.
19, hanno diritto di controllare la qualità del servizio di mensa
secondo modalità stabilite dalla contrattazione collettiva.
Art. 12.
Istituti di patronato.
Gli istituti di patronato e di assistenza sociale, riconosciuti dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per l’adempimento
dei compiti di cui al D.Lgs.CPS 29 luglio 1947, n. 804, hanno diritto
di svolgere, su un piano di parità, la loro attività all’interno
dell’azienda, secondo le modalità da stabilirsi con accordi
aziendali.
Art. 13.
Mansioni del lavoratore.
Omissis.
TITOLO II
Art. 14.
Diritto di associazione e di attività sindacale.
Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di
svolgere attività sindacale, è garantito a tutti i lavoratori
all’interno dei luoghi di lavoro.
Art. 15.
Atti discriminatori.
é nullo qualsiasi patto od atto diretto a:
a) subordinare l’occupazione di un lavoratore alla condizione che
aderisca o non aderisca ad una associazione sindacale ovvero cessi di
farne parte;
b) licenziare un lavoratore, discriminarlo nella assegnazione di
qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti
disciplinari, o recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua
affiliazione o attività sindacale ovvero della sua partecipazione ad
uno sciopero.
Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai
patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa,
razziale, di lingua o di sesso.
Art. 16.
Trattamenti economici collettivi discriminatori.
é vietata la concessione di trattamenti economici di maggior favore
aventi carattere discriminatorio a mente dell’articolo 15.
Il pretore, su domanda dei lavoratori nei cui confronti è stata
attuata la discriminazione di cui al comma precedente o delle
associazioni sindacali alle quali questi hanno dato mandato,
accertati i fatti, condanna il datore di lavoro al pagamento, a
favore del fondo adeguamento pensioni, di una somma pari all’importo
dei trattamenti economici di maggior favore illegittimamente
corrisposti nel periodo massimo di un anno.
Art. 17.
Sindacati di comodo.
é fatto divieto ai datori di lavoro ed alle associazioni di datori
di lavoro di costituire o sostenere, con mezzi finanziari o
altrimenti, associazioni sindacali di lavoratori.
Art. 18.
Reintegrazione nel posto di lavoro.
Ferma restando l’esperibilità delle procedure previste
dall’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice con la
sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi
dell’articolo 2 della predetta legge o annulla il licenziamento
intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara
la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro,
imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento,
filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il
licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori
di lavoro o più di cinque se trattasi di imprenditore agricolo, di
reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. Tali disposizioni si
applicano altresì ai datori di lavoro, imprenditori e non
imprenditori, che nell’ambito dello stesso comune occupano più di
quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito
territoriale occupano più di cinque dipendenti, anche se ciascuna
unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali
limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non
imprenditore, che occupa alle sue dipendenze più di sessanta
prestatori di lavoro.
Ai fini del computo del numero dei prestatori di lavoro di cui
primo comma si tiene conto anche dei lavoratori assunti con contratto
di formazione e lavoro, dei lavoratori assunti con contratto a tempo
indeterminato parziale, per la quota di orario effettivamente svolto,
tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità
lavorative fa riferimento all’orario previsto dalla contrattazione
collettiva del settore. Non si computano il coniuge ed i parenti del
datore di lavoro entro il secondo grado in linea diretta e in linea
collaterale.
Il computo dei limiti occupazionali di cui al secondo comma non
incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o
creditizie.
Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore
di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il
licenziamento di cui sia stata accertata l’inefficacia o l’invalidità
stabilendo un’indennità commisurata alla retribuzione globale di
fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva
reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e
previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell’effettiva
reintegrazione; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà
essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto.
Fermo restando il diritto al risarcimento del danno così come
previsto al quarto comma, al prestatore di lavoro è data la facoltà
di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione
nel posto di lavoro, un’indennità pari a quindici mensilità di
retribuzione globale di fatto. Qualora il lavoratore entro trenta
giorni dal ricevimento dell’invito del datore di lavoro non abbia
ripreso il servizio, né abbia richiesto entro trenta giorni dalla
comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell’indennità
di cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto
allo spirare dei termini predetti.
La sentenza pronunciata nel giudizio di cui al primo comma è
provvisoriamente esecutiva.
Nell’ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo
22, su istanza congiunta del lavoratore e del sindacato cui questi
aderisce o conferisca mandato, il giudice, in ogni stato e grado del
giudizio di merito, può disporre con ordinanza, quando ritenga
irrilevanti o insufficienti gli elementi di prova forniti dal datore
di lavoro, la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro.
L’ordinanza di cui al comma precedente può essere impugnata con
reclamo immediato al giudice medesimo che l’ha pronunciata. Si
applicano le disposizioni dell’articolo 178, terzo, quarto, quinto e
sesto comma del codice di procedura civile.
L’ordinanza può essere revocata con la sentenza che decide la
causa.
Nell’ipotesi di licenziamento dei lavoratori di cui all’articolo
22, il datore di lavoro che non ottempera alla sentenza di cui al
primo comma ovvero all’ordinanza di cui al quarto comma, non
impugnata o confermata dal giudice che l’ha pronunciata, è tenuto
anche, per ogni giorno di ritardo, al pagamento a favore del Fondo
adeguamento pensioni di una somma pari all’importo della retribuzione
dovuta al lavoratore.
TITOLO III
Art. 19.
Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali.
Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad
iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell’ambito:
[a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente
rappresentative sul piano nazionale];
b) delle associazioni sindacali, [non affiliate alle predette
confederazioni,] che siano firmatarie di contratti collettivi
[nazionali o provinciali] di lavoro applicati nell’unità produttiva.
Nell’ambito di aziende con più unità produttive le rappresentanze
sindacali possono istituire organi di coordinamento.
Art. 20.
Assemblea.
I lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unità produttiva in
cui prestano la loro opera, fuori dell’orario di lavoro, nonché
durante l’orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le
quali verrà corrisposta la normale retribuzione. Migliori condizioni
possono essere stabilite dalla contrattazione collettiva.
Le riunioni – che possono riguardare la generalità dei lavoratori o
gruppi di essi – sono indette, singolarmente o congiuntamente, dalle
rappresentanze sindacali aziendali nell’unità produttiva, con ordine
del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e secondo
l’ordine di precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di
lavoro.
Alle riunioni possono partecipare, previo preavviso al datore di
lavoro, dirigenti esterni del sindacato che ha costituito la
rappresentanza sindacale aziendale.
Ulteriori modalità per l’esercizio del diritto di assemblea possono
essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro, anche aziendali.
Art. 21.
Referendum.
Il datore di lavoro deve consentire nell’ambito aziendale lo
svolgimento, fuori dell’orario di lavoro, di referendum, sia generali
che per categoria, su materie inerenti all’attività sindacale,
indetti da tutte le rappresentanze sindacali aziendali tra i
lavoratori, con diritto di partecipazione di tutti i lavoratori
appartenenti alla unità produttiva e alla categoria particolarmente
interessata.
Ulteriori modalità per lo svolgimento del referendum possono essere
stabilite dai contratti collettivi di lavoro anche aziendali.
Art. 22.
Trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali.
Il trasferimento dall’unità produttiva dei dirigenti delle
rappresentanze sindacali aziendali di cui al precedente articolo 19,
dei candidati e dei membri di commissione interna può essere disposto
solo previo nulla osta delle associazioni sindacali di appartenenza.
Le disposizioni di cui al comma precedente ed ai commi quarto,
quinto, sesto e settimo dell’articolo 18 si applicano sino alla fine
del terzo mese successivo a quello in cui è stata eletta la
commissione interna per i candidati nelle elezioni della commissione
stessa e sino alla fine dell’anno successivo a quello in cui è
cessato l’incarico per tutti gli altri.
Art. 23.
Permessi retribuiti.
I dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali di cui
all’articolo 19 hanno diritto, per l’espletamento del loro mandato, a
permessi retribuiti.
Salvo clausole più favorevoli dei contratti collettivi di lavoro
hanno diritto ai permessi di cui al primo comma almeno:
a) un dirigente per ciascuna rappresentanza sindacale aziendale
nelle unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti della
categoria per cui la stessa è organizzata;
b) un dirigente ogni 300 o frazione di 300 dipendenti per
ciascuna rappresentanza sindacale aziendale nelle unità produttive
che occupano fino a 3.000 dipendenti della categoria per cui la
stessa è organizzata;
c) un dirigente ogni 500 o frazione di 500 dipendenti della
categoria per cui è organizzata la rappresentanza sindacale aziendale
nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta al numero
minimo di cui alla precedente lettera b).
I permessi retribuiti di cui al presente articolo non potranno
essere inferiori a otto ore mensili nelle aziende di cui alle lettere
b) e c) del comma precedente; nelle aziende di cui alla lettera a) i
permessi retribuiti non potranno essere inferiori ad un’ora all’anno
per ciascun dipendente.
Il lavoratore che intende esercitare il diritto di cui al primo
comma deve darne comunicazione scritta al datore di lavoro di regola
24 ore prima, tramite le rappresentanze sindacali aziendali.
Art. 24.
Permessi non retribuiti.
I dirigenti sindacali aziendali di cui all’articolo 23 hanno
diritto a permessi non retribuiti per la partecipazione a trattative
sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale, in misura non
inferiore a otto giorni all’anno.
I lavoratori che intendano esercitare il diritto di cui al comma
precedente devono darne comunicazione scritta al datore di lavoro di
regola tre giorni prima, tramite le rappresentanze sindacali
aziendali.
Art. 25.
Diritto di affissione.
Le rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di affiggere,
su appositi spazi, che il datore di lavoro ha l’obbligo di
predisporre in luoghi accessibili a tutti i lavoratori all’interno
dell’unità produttiva, pubblicazioni, testi e comunicati inerenti a
materie di interesse sindacale e del lavoro.
Art. 26.
Contributi sindacali.
I lavoratori hanno diritto di raccogliere contributi e di svolgere
opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali
all’interno dei luoghi di lavoro, senza pregiudizio del normale
svolgimento dell’attività aziendale.
[Le associazioni sindacali dei lavoratori hanno diritto di
percepire, tramite ritenuta sul salario nonché sulle prestazioni
erogate per conto degli enti previdenziali, i contributi sindacali
che i lavoratori intendono loro versare, con modalità stabilite dai
contratti collettivi di lavoro, che garantiscono la segretezza del
versamento effettuato dal lavoratore a ciascuna associazione
sindacale].
[Nelle aziende nelle quali il rapporto di lavoro non è regolato da
contratti collettivi, il lavoratore ha diritto di chiedere il
versamento del contributo sindacale all’associazione da lui indicata].
Art. 27.
Locali delle rappresentanze sindacali aziendali.
Il datore di lavoro nelle unità produttive con almeno 200
dipendenti pone permanentemente a disposizione delle rappresentanze
sindacali aziendali, per l’esercizio delle loro funzioni, un idoneo
locale comune all’interno dell’unità produttiva o nelle immediate
vicinanze di essa.
Nelle unità produttive con un numero inferiore di dipendenti le
rappresentanze sindacali aziendali hanno diritto di usufruire, ove ne
facciano richiesta, di un locale idoneo per le loro riunioni.
TITOLO IV
Art. 28.
Repressione della condotta antisindacale.
Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti
ad impedire o limitare l’esercizio della libertà e della attività
sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi
locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano
interesse, il pretore del luogo ove è posto in essere il
comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le
parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente
la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro,
con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del
comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.
L’efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla
sentenza con cui il pretore in funzione di giudice del lavoro
definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo.
Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni
dalla comunicazione del decreto alle parti opposizione davanti al
pretore in funzione di giudice del lavoro che decide con sentenza
immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli
413 e seguenti del codice di procedura civile.
Il datore di lavoro che non ottempera al decreto, di cui al primo
comma, o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione è
punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale.
L’autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza
penale di condanna nei modi stabiliti dall’articolo 36 del codice
penale.
Se il comportamento di cui al primo comma è posto in essere da una
amministrazione statale o da un altro ente pubblico non economico,
l’azione è proposta con ricorso davanti al pretore competente per
territorio.
Qualora il comportamento antisindacale sia lesivo anche di
situazioni soggettive inerenti al rapporto di impiego, le
organizzazioni sindacali di cui al primo comma, ove intendano
ottenere anche la rimozione dei provvedimenti lesivi delle predette
situazioni, propongono il ricorso davanti al tribunale amministrativo
regionale competente per territorio, che provvede in via di urgenza
con le modalità di cui al primo comma. Contro il decreto che decide
sul ricorso è ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione del
decreto alle parti, opposizione davanti allo stesso tribunale, che
decide con sentenza immediatamente esecutiva.
Art. 29.
Fusione delle rappresentanze sindacali aziendali.
Quando le rappresentanze sindacali aziendali di cui all’articolo 19
si siano costituite nell’ambito di due o più delle associazioni di
cui alle lettere a) e b) del primo comma dell’articolo predetto,
nonché nella ipotesi di fusione di più rappresentanze sindacali, i
limiti numerici stabiliti dall’articolo 23, secondo comma, si
intendono riferiti a ciascuna delle associazioni sindacali
unitariamente rappresentate nella unità produttiva.
Quando la formazione di rappresentanze sindacali unitarie consegua
alla fusione delle associazioni di cui alle lettere a) e b) del primo
comma dell’articolo 19, i limiti numerici della tutela accordata ai
dirigenti di rappresentanze sindacali aziendali, stabiliti in
applicazione dell’articolo 23, secondo comma, ovvero del primo comma
del presente articolo restano immutati.
Art. 30.
Permessi per i dirigenti provinciali e nazionali.
I componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle
associazioni di cui all’articolo 19 hanno diritto a permessi
retribuiti, secondo le norme dei contratti di lavoro, per la
partecipazione alle riunioni degli organi suddetti.
Art. 31.
Aspettativa dei lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive o a
ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali.
I lavoratori che siano eletti membri del Parlamento nazionale o del
Parlamento europeo o di assemblee regionali ovvero siano chiamati ad
altre funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere
collocati in aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro
mandato.
La medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a
ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali.
I periodi di aspettativa di cui ai precedenti commi sono
considerati utili, a richiesta dell’interessato, ai fini del
riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della
pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria di cui al
R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche ed
integrazioni, nonché a carico di enti, fondi, casse e gestioni per
forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione
predetta, o che ne comportino comunque l’esonero.
Durante i periodi di aspettativa l’interessato, in caso di
malattia, conserva il diritto alle prestazioni a carico dei
competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni medesime.
Le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma non si applicano
qualora a favore dei lavoratori siano previste forme previdenziali
per il trattamento di pensione e per malattia, in relazione
all’attività espletata durante il periodo di aspettativa.
Art. 32.
Permessi ai lavoratori chiamati a funzioni pubbliche elettive.
I lavoratori eletti alla carica di consigliere comunale o
provinciale che non chiedano di essere collocati in aspettativa sono,
a loro richiesta, autorizzati ad assentarsi dal servizio per il tempo
strettamente necessario all’espletamento del mandato, senza alcuna
decurtazione della retribuzione.
I lavoratori eletti alla carica di sindaco o di assessore comunale,
ovvero di presidente di giunta provinciale o di assessore provinciale
hanno diritto anche a permessi non retribuiti per un minimo di trenta
ore mensili.
TITOLO V
Art. 33.
Collocamento.
La commissione per il collocamento, di cui all’articolo 26 della
legge 29 aprile 1949, n. 264, è costituita obbligatoriamente presso
le sezioni zonali, comunali e frazionali degli Uffici provinciali del
lavoro e della massima occupazione, quando ne facciano richiesta le
organizzazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative.
Alla nomina della commissione provvede il direttore dell’Ufficio
provinciale del lavoro e della massima occupazione, il quale, nel
richiedere la designazione dei rappresentanti dei lavoratori e dei
datori di lavoro, tiene conto del grado di rappresentatività delle
organizzazioni sindacali e assegna loro un termine di 15 giorni,
decorso il quale provvede d’ufficio.
La commissione è presieduta dal dirigente della sezione zonale,
comunale, frazionale, ovvero da un suo delegato, e delibera a
maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del
presidente.
La commissione ha il compito di stabilire e di aggiornare
periodicamente la graduatoria delle precedenze per l’avviamento al
lavoro, secondo i criteri di cui al quarto comma dell’articolo 15
della legge 29 aprile 1949, n. 264.
Salvo il caso nel quale sia ammessa la richiesta nominativa, la
sezione di collocamento, nella scelta del lavoratore da avviare al
lavoro, deve uniformarsi alla graduatoria di cui al comma precedente,
che deve essere esposta al pubblico presso la sezione medesima e deve
essere aggiornata ad ogni chiusura dell’ufficio con la indicazione
degli avviati.
Devono altresì essere esposte al pubblico le richieste numeriche
che pervengono dalle ditte.
La commissione ha anche il compito di rilasciare il nulla osta per
l’avviamento al lavoro ad accoglimento di richieste nominative o di
quelle di ogni altro tipo che siano disposte dalle leggi o dai
contratti di lavoro. Nei casi di motivata urgenza, l’avviamento è
provvisoriamente autorizzato dalla sezione di collocamento e deve
essere convalidato dalla commissione di cui al primo comma del
presente articolo, entro dieci giorni. Dei dinieghi di avviamento al
lavoro per richiesta nominativa deve essere data motivazione scritta
su apposito verbale in duplice copia, una da tenere presso la sezione
di collocamento e l’altra presso il direttore dell’Ufficio
provinciale del lavoro. Tale motivazione scritta deve essere
immediatamente trasmessa al datore di lavoro richiedente.
Nel caso in cui la commissione neghi la convalida ovvero non si
pronunci entro venti giorni dalla data della comunicazione di
avviamento, gli interessati possono inoltrare ricorso al direttore
dell’Ufficio provinciale del lavoro, il quale decide in via
definitiva, su conforme parere della commissione di cui all’articolo
25 della legge 29 aprile 1949, n. 264.
I turni di lavoro di cui all’articolo 16 della legge 29 aprile
1949, n. 264, sono stabiliti dalla commissione e in nessun caso
possono essere modificati dalla sezione.
Il direttore dell’Ufficio provinciale del lavoro annulla d’ufficio
i provvedimenti di avviamento e di diniego di avviamento al lavoro in
contrasto con le disposizioni di legge. Contro le decisioni del
direttore dell’ufficio provinciale del lavoro è ammesso ricorso al
Ministro per il lavoro e la previdenza sociale.
Per il passaggio del lavoratore dall’azienda nella quale è occupato
ad un’altra occorre il nulla osta della sezione di collocamento
competente.
Ai datori di lavoro che non assumono i lavoratori per il tramite
degli uffici di collocamento, sono applicate le sanzioni previste
dall’articolo 38 della presente legge.
Le norme contenute nella legge 29 aprile 1949, n. 264, rimangono in
vigore in quanto non modificate dalla presente legge.
Art. 34.
Richieste nominative di manodopera.
A decorrere dal novantesimo giorno dall’entrata in vigore della
presente legge, le richieste nominative di manodopera da avviare al
lavoro sono ammesse esclusivamente per i componenti del nucleo
familiare del datore di lavoro, per i lavoratori di concetto e per
gli appartenenti a ristrette categorie di lavoratori altamente
specializzati, da stabilirsi con decreto del Ministro per il lavoro e
la previdenza sociale, sentita la commissione centrale di cui alla
legge 29 aprile 1949, n. 264.
TITOLO VI
Art. 35.
Campo di applicazione.
Per le imprese industriali e commerciali, le disposizioni del
titolo III, ad eccezione del primo comma dell’articolo 27, della
presente legge si applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale,
ufficio o reparto autonomo che occupa più di quindici dipendenti. Le
stesse disposizioni si applicano alle imprese agricole che occupano
più di cinque dipendenti.
Le norme suddette si applicano, altresì, alle imprese industriali e
commerciali che nell’ambito dello stesso comune occupano più di
quindici dipendenti ed alle imprese agricole che nel medesimo ambito
territoriale occupano più di cinque dipendenti anche se ciascuna
unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali
limiti.
Ferme restando le norme di cui agli articoli 1, 8, 9, 14, 15, 16 e
17, i contratti collettivi di lavoro provvedono ad applicare i
principi di cui alla presente legge alle imprese di navigazione per
il personale navigante.
Art. 36.
Obblighi dei titolari di benefici accordati dallo Stato e degli
appaltatori di opere pubbliche.
Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi
delle vigenti leggi dallo Stato a favore di imprenditori che
esercitano professionalmente un’attività economica organizzata e nei
capitolati di appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche,
deve essere inserita la clausola esplicita determinante l’obbligo per
il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei
confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle
risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della
zona.
Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione
degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il
tempo in cui l’imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie
e creditizie concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti disposizioni
di legge.
Ogni infrazione al suddetto obbligo che sia accertata dalla
Direzione regionale del lavoro viene comunicata immediatamente ai
Ministri nella cui amministrazione sia stata disposta la concessione
del beneficio o dell’appalto. Questi adotteranno le opportune
determinazioni, fino alla revoca del beneficio, e nei casi più gravi
o nel caso di recidiva potranno decidere l’esclusione del
responsabile, per un tempo fino a cinque anni, da qualsiasi ulteriore
concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da
qualsiasi appalto.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche
quando si tratti di agevolazioni finanziarie e creditizie ovvero di
appalti concessi da enti pubblici, ai quali la Direzione regionale
del lavoro comunica direttamente le infrazioni per l’adozione delle
sanzioni.
Art. 37.
Applicazione ai dipendenti da enti pubblici.
Le disposizioni della presente legge si applicano anche ai rapporti
di lavoro e di impiego dei dipendenti da enti pubblici che svolgano
esclusivamente o prevalentemente attività economica. Le disposizioni
della presente legge si applicano altresì ai rapporti di impiego dei
dipendenti dagli altri enti pubblici, salvo che la materia sia
diversamente regolata da norme speciali.
Art. 38.
Disposizioni penali.
Le violazioni degli articoli 2, 4, 5, 6, 8 e 15, primo comma
lettera a), sono punite, salvo che il fatto non costituisca più grave
reato, con l’ammenda da lire 300.000 a lire 3.000.000 o con
l’arresto da 15 giorni ad un anno.
Nei casi più gravi le pene dell’arresto e dell’ammenda sono
applicate congiuntamente.
Quando per le condizioni economiche del reo, l’ammenda stabilita
nel primo comma può presumersi inefficace anche se applicata nel
massimo, il giudice ha facoltà di aumentarla fino al quintuplo.
Nei casi previsti dal secondo comma, l’autorità giudiziaria ordina
la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti
dall’articolo 36 del codice penale.
Art. 39.
Versamento delle ammende al Fondo adeguamento pensioni.
L’importo delle ammende è versato al Fondo adeguamento pensioni dei
lavoratori.
Art. 40.
Abrogazione delle disposizioni contrastanti.
Ogni disposizione in contrasto con le norme contenute nella
presente legge è abrogata.
Restano salve le condizioni dei contratti collettivi e degli
accordi sindacali più favorevoli ai lavoratori.
Art. 41.
Esenzioni fiscali.
Tutti gli atti e documenti necessari per la attuazione della
presente legge e per l’esercizio dei diritti connessi, nonché tutti
gli atti e documenti relativi ai giudizi nascenti dalla sua
applicazione sono esenti da bollo, imposte di registro o di qualsiasi
altra specie e da tasse.
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Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.