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Riforma dell’ordinamento della scuola elementare.

di Redazione

Legge 5 giugno 1990, n. 148 (in Gazz. Uff., 15 giugno, n. 138). –
Riforma dell’ordinamento della scuola elementare.

Art. 1.

Finalità generali.

1. La scuola elementare, nell’ambito dell’istruzione obbligatoria,
concorre alla formazione dell’uomo e del cittadino secondo i princìpi
sanciti dalla Costituzione e nel rispetto e nella valorizzazione
delle diversità individuali, sociali e culturali. Essa si propone lo
sviluppo della personalità del fanciullo promuovendone la prima
alfabetizzazione culturale.
2. La scuola elementare, anche mediante forme di raccordo
pedagogico, curricolare ed organizzativo con la scuola materna e con
la scuola media, contribuisce a realizzare la continuità del processo
educativo.

Art. 2.

Continuità educativa.

1. Il Ministro della pubblica istruzione, con proprio decreto,
sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, definisce,
nel rispetto delle competenze degli organi collegiali della scuola,
le forme e le modalità del raccordo di cui al comma 2 dell’art. 1, in
particolare in ordine a:
a) la comunicazione di dati sull’alunno;
b) la comunicazione di informazioni sull’alunno in collaborazione
con la famiglia o con chi comunque esercita sull’alunno, anche
temporaneamente, la potestà parentale;
c) il coordinamento dei curricoli degli anni iniziali e
terminali;
d) la formazione delle classi iniziali;
e) il sistema di valutazione degli alunni;
f) l’utilizzo dei servizi di competenza degli enti territoriali.
2. Le condizioni della continuità educativa, anche al fine di
favorire opportune armonizzazioni della programmazione didattica,
sono garantite da incontri periodici tra direttori didattici e
presidi e tra docenti delle classi iniziali e terminali dei gradi di
scuola interessati.

Art. 3.

Composizione delle classi.

1. Il numero di alunni in ciascuna classe non può essere superiore
a venticinque, salvo il limite di venti per le classi che accolgano
alunni portatori di handicap.

Art. 4.

Organici del personale docente.

1. L’organico provinciale è annualmente determinato sulla base del
fabbisogno di personale docente derivante dalla applicazione dei
successivi commi e dalle esigenze di integrazione dei soggetti
portatori di handicap e di funzionamento delle scuole o istituzioni
con finalità speciali e ad indirizzo didattico differenziato, nonchè
da quanto previsto dall’art. 8.
2. Al fine di consentire la realizzazione degli obiettivi educativi
indicati dai programmi vigenti, l’organico di ciascun circolo è
costituito:
a) da un numero di posti pari al numero delle classi e delle
pluriclassi;
b) da un ulteriore numero di posti in ragione di uno ogni due
classi e, ove possibile, pluriclassi.
3. Gli insegnanti sono utilizzati secondo moduli organizzativi
costituiti da tre insegnanti su due classi nell’ambito del plesso di
titolarità o di plessi diversi del circolo; qualora ciò non sia
possibile, sono utilizzati nel plesso di titolarità secondo moduli
costituiti da quattro insegnanti su tre classi, in modo da assicurare
in ogni scuola l’orario di attività didattica di cui all’art. 7.
4. I posti di sostegno sono determinati nell’organico di diritto in
modo da assicurare un rapporto medio di un insegnante ogni quattro
alunni portatori di handicap; deroghe a tale rapporto potranno essere
autorizzate in organico di fatto, in presenza di handicap
particolarmente gravi per i quali la diagnosi funzionale richieda
interventi maggiormente individualizzati e nel caso di alunni
portatori di handicap frequentanti plessi scolastici nelle zone di
montagna e nelle piccole isole.
5. Gli insegnanti di sostegno fanno parte integrante dell’organico
di circolo ed in esso assumono la titolarità. Essi, dopo cinque anni
di appartenenza al ruolo degli insegnanti di sostegno, possono
chiedere il trasferimento al ruolo comune, nel limite dei posti
disponibili e vacanti delle dotazioni organiche derivanti
dall’applicazione dei commi 5, 7 e 8 dell’art. 15.

Art. 5.

Programmazione e organizzazione didattica.

1. La programmazione dell’attività didattica, nella salvaguardia
della libertà di insegnamento, è di competenza degli insegnanti che
vi provvedono sulla base della programmazione dell’azione educativa
approvata dal collegio dei docenti in attuazione dell’art. 4 del
decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 416, e
degli articoli 2 e 11 della legge 4 agosto 1977, n. 517.
2. Essa si propone:
a) il perseguimento degli obiettivi stabiliti dai programmi
vigenti predisponendo un’organizzazione didattica adeguata alle
effettive capacità ed esigenze di apprendimento degli alunni;
b) la verifica e la valutazione dei risultati;
c) l’unitarietà dell’insegnamento;
d) il rispetto di un’adeguata ripartizione del tempo da dedicare
all’insegnamento delle diverse discipline del curricolo, in relazione
alle finalità e agli obiettivi previsti dai programmi.
3. Il direttore didattico, sulla base di quanto stabilito dalla
programmazione dell’azione educativa, dispone l’assegnazione degli
insegnanti alle classi di ciascuno dei moduli organizzativi di cui
all’art. 4 e l’assegnazione degli ambiti disciplinari agli
insegnanti, avendo cura di garantire le condizioni per la continuità
didattica, nonchè la migliore utilizzazione delle competenze e delle
esperienze professionali, assicurando, ove possibile, una opportuna
rotazione nel tempo.
4. Nell’ambito dello stesso modulo organizzativo, gli insegnanti
operano collegialmente e sono contitolari della classe o delle classi
a cui il modulo si riferisce.
5. Nei primi due anni della scuola elementare, per favorire
l’impostazione unitaria e pre-disciplinare dei programmi, la
specifica articolazione del modulo organizzativo di cui all’art. 4 è,
di norma, tale da consentire una maggiore presenza temporale di un
singolo insegnante in ognuna delle classi.
6. La pluralità degli interventi è articolata, di norma, per ambiti
disciplinari, anche in riferimento allo sviluppo delle più ampie
opportunità formative.
7. Il collegio dei docenti, nel quadro della programmazione
dell’azione educativa, procede all’aggregazione delle materie per
ambiti disciplinari, nonchè alla ripartizione del tempo da dedicare
all’insegnamento delle diverse discipline del curricolo secondo i
criteri definiti dal Ministro della pubblica istruzione, sentito il
Consiglio nazionale della pubblica istruzione, tenendo conto:
a) dell’affinità delle discipline, soprattutto nei primi due anni
della scuola elementare;
b) dell’esigenza di non raggruppare da sole o in unico ambito
disciplinare l’educazione all’immagine, l’educazione al suono e alla
musica e l’educazione motoria.
8. La valutazione in itinere dei risultati dell’insegnamento nelle
singole classi e del rendimento degli alunni impegna collegialmente
gli insegnanti corresponsabili nella attività didattica.
9. Il direttore didattico coordina l’attività di programmazione
dell’azione educativa e didattica, anche mediante incontri collegiali
periodici degli insegnanti.

Art. 6.

Interventi in favore degli alunni portatori di handicap.

1. Al fine di realizzare interventi atti a superare particolari
situazioni di difficoltà di apprendimento determinate da handicap si
utilizzano gli insegnanti di sostegno di cui all’art. 4, i cui
compiti devono essere coordinati, nel quadro della programmazione
dell’azione educativa, con l’attività didattica generale.
2. Gli insegnanti di sostegno assumono la contitolarità delle
classi in cui operano e collaborano con gli insegnanti del modulo
organizzativo di cui all’art. 4, con i genitori e, se necessario, con
gli specialisti delle strutture territoriali, per programmare ed
attuare progetti educativi personalizzati.
3. Nell’ambito dell’organico di circolo può essere prevista
l’utilizzazione fino a un massimo di ventiquattro ore di un
insegnante, fornito di titoli specifici o di esperienze in campo
psicopedagogico, per intervenire nella prevenzione e nel recupero,
agevolare l’inserimento e l’integrazione degli alunni in situazione
di difficoltà e interagire con i servizi specialistici e ospedalieri
del territorio, nel rispetto delle funzioni di coordinamento e
rappresentatività del direttore didattico. A tal fine, il collegio
dei docenti, in sede di programmazione, propone al direttore
didattico i necessari adattamenti in materia di costituzione dei
moduli.
4. L’esperienza di integrazione degli alunni portatori di handicap
è oggetto di verifiche biennali compiute dal Ministro della pubblica
istruzione che riferisce al Parlamento e, sulla base delle stesse,
impartisce adeguate disposizioni.

Art. 7.

Orario delle attività didattiche.

1. L’orario delle attività didattiche nella scuola elementare ha la
durata di ventisette ore settimanali, elevabili fino ad un massimo di
trenta ore in relazione a quanto previsto dal comma 7.
2. Per le classi terze, quarte e quinte, l’adozione di un orario
delle attività didattiche superiore alle ventisette ore settimanali,
ma comunque entro il limite delle trenta ore, può essere disposta,
oltre che in relazione a quanto previsto dal comma 7, anche per
motivate esigenze didattiche ed in presenza delle necessarie
condizioni organizzative, semprechè la scelta effettuata riguardi
tutte le predette classi del plesso.
3. Dall’orario delle attività didattiche di cui ai commi 1 e 2 del
presente articolo è escluso il tempo eventualmente dedicato alla
mensa e al trasporto.
4. Nell’organizzazione dell’orario settimanale, i criteri della
programmazione dell’attività didattica devono, in ogni caso,
rispettare una congrua ripartizione del tempo dedicato ai diversi
ambiti disciplinari senza sacrificarne alcuno.
5. I consigli di circolo definiscono le modalità di svolgimento
dell’orario delle attività didattiche scegliendo, sulla base delle
disponibilità strutturali, dei servizi funzionanti, delle condizioni
socio-economiche delle famiglie, fatta salva comunque la qualità
dell’insegnamento-apprendimento, fra le seguenti soluzioni:
a) orario antimeridiano e pomeridiano ripartito in sei giorni
della settimana;
b) orario antimeridiano e pomeridiano ripartito in cinque giorni
della settimana.
6. Fino alla predisposizione delle necessarie strutture e servizi è
consentito adottare l’orario antimeridiano continuato in sei giorni
della settimana.
7. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione è disposto un
ulteriore aumento di orario in relazione alla graduale attivazione
dell’insegnamento della lingua straniera.

Art. 8.

Progetti formativi di tempo lungo.

1. A decorrere dall’anno scolastico 1990-1991 potranno realizzarsi,
su richiesta delle famiglie, anche per gruppi di alunni di classi
diverse, attività di arricchimento e di integrazione degli
insegnamenti curriculari alle seguenti condizioni:
a) che l’orario complessivo settimanale di attività non superi le
trentasette ore, ivi compreso il >;
b) che vi siano le strutture necessarie e che siano
effettivamente funzionanti;
c) che il numero degli alunni interessati non sia inferiore, di
norma, a venti;
d) che la copertura dell’orario sia assicurata per l’intero anno
con lo svolgimento, da parte dei docenti contitolari delle classi cui
il progetto si riferisce, di tre ore di servizio in aggiunta a quelle
stabilite dall’orario settimanale di insegnamento, nei limiti e
secondo le modalità di cui all’art. 14, comma 8, del decreto del
Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 399, o, nel caso di
mancata disponibilità degli stessi, con la utilizzazione, limitata
alle ore necessarie, di altro docente titolare del plesso o del
circolo, tenuto al completamento dell’orario di insegnamento; ovvero,
qualora non si verifichino dette condizioni, con l’utilizzazione di
altro docente di ruolo disponibile nell’organico provinciale.
2. Le attività di tempo pieno di cui all’art. 1 della legge 24
settembre 1971, n. 820, potranno proseguire, entro il limite dei
posti funzionanti nell’anno scolastico 1988-1989, alle seguenti
condizioni:
a) che esistano le strutture necessarie e che siano
effettivamente funzionanti;
b) che l’orario settimanale, ivi compreso il >, sia
stabilito in quaranta ore;
c) che la programmazione didattica e l’articolazione delle
discipline siano uniformate ai programmi vigenti e che
l’organizzazione didattica preveda la suddivisione dei docenti per
ambiti disciplinari come previsto dalla presente legge.
3. I posti derivanti da eventuali soppressioni delle predette
attività di tempo pieno saranno utilizzati esclusivamente per
l’attuazione dei moduli organizzativi di cui all’art. 4.

Art. 9.

Orario di insegnamento.

1. L’orario di insegnamento per gli insegnanti elementari è
costituito di ventiquattro ore settimanali di attività didattica, di
cui ventidue ore di insegnamento e due ore dedicate alla
programmazione didattica da attuarsi in incontri collegiali dei
docenti di ciascun modulo, in tempi non coincidenti con l’orario
delle lezioni.
2. Nell’ambito delle ore di insegnamento, una quota può essere
destinata al recupero individualizzato o per gruppi ristretti di
alunni con ritardo nei processi di apprendimento, anche con
riferimento ad alunni stranieri, in particolare provenienti da paesi
extracomunitari.
3. L’orario settimanale di insegnamento di ciascun docente deve
essere distribuito in non meno di cinque giorni la settimana.
4. A partire dal 1° settembre e fino all’inizio delle lezioni i
collegi dei docenti si riuniscono per la definizione del piano
annuale di attività didattica e per lo svolgimento di iniziative di
aggiornamento.
5. Nell’ambito del piano annuale di attività, il collegio dei
docenti stabilisce i criteri per la sostituzione dei docenti assenti
per un periodo non superiore a cinque giorni, in modo da utilizzare
fino ad un massimo di due terzi delle ore disponibili di cui al comma
2, calcolate su base annuale al di fuori dell’attività di
insegnamento e delle due ore previste dal comma 1 per la
programmazione didattica.
6. A tal fine si può provvedere anche mediante la prestazione di
ore di insegnamento in eccedenza all’orario obbligatorio di
ventiquattro ore settimanali, da retribuire secondo le disposizioni
vigenti.
7. é abrogato l’art. 12, sesto comma, della legge 24 settembre
1971, n. 820.
8. Nell’orario di cui al comma 1 è compresa l’assistenza educativa
svolta nel tempo dedicato alla mensa.

Art. 10.

Insegnamento di una lingua straniera.

1. Nella scuola elementare è impartito l’insegnamento di una lingua
straniera.
2. Le modalità per l’introduzione generalizzata dell’insegnamento
della lingua straniera, i criteri per la scelta di detta lingua, per
la utilizzazione dei docenti e la definizione delle competenze e dei
requisiti di cui gli stessi docenti debbono essere forniti ad
integrazione di quanto previsto dal comma 3 dell’art. 5, sono
definiti con apposito decreto del Ministro della pubblica istruzione
da emanarsi entro un anno dalla data di entrata in vigore della
presente legge, sentito il Consiglio nazionale della pubblica
istruzione e previo parere delle competenti commissioni parlamentari.
3. Nelle scuole elementari in cui, per disposizioni legislative
speciali, l’insegnamento di più lingue è obbligatorio, l’introduzione
dell’insegnamento della lingua straniera può essere disposto previa
intesa con gli enti locali competenti.

Art. 11.

Valutazione degli alunni.

1. In relazione ai contenuti ed agli obiettivi dei programmi
didattici in vigore, il Ministro della pubblica istruzione, sentito
il parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione,
determina, con propria ordinanza, le modalità, i tempi ed i criteri
per la valutazione degli alunni e le forme di comunicazione di tale
valutazione alle famiglie.

Art. 12.

Piano straordinario pluriennale di aggiornamento.

1. Ad integrazione dei normali programmi di attività di
aggiornamento, in relazione all’attuazione del nuovo ordinamento e
dei nuovi programmi, il Ministro della pubblica istruzione attua, con
la collaborazione delle università e degli Istituti regionali di
ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi (IRRSAE), un
programma straordinario di attività di aggiornamento con durata
pluriennale per tutto il personale ispettivo, direttivo e docente, da
realizzarsi nei limiti degli stanziamenti a tal fine iscritti nello
stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione.
2. A tal fine i provveditori agli studi, avvalendosi anche degli
ispettori tecnici e dei direttori didattici, collaborano alla
gestione dei piani di cui al comma 1 e determinano i periodi di
esonero dal servizio eventualmente necessari.
3. Le iniziative di aggiornamento, opportunamente articolate per
ambiti disciplinari onde consentire la migliore rispondenza a quanto
stabilito dall’art. 5, devono assicurare la complessiva acquisizione
degli obiettivi fissati dai nuovi programmi ed offrire ai docenti
momenti di approfondimento della programmazione e dello svolgimento
dell’attività didattica. In una fase successiva del piano saranno
attivati corsi di aggiornamento sulle singole discipline per
consentire ai docenti approfondimenti ulteriori, in base alle loro
propensioni o attitudini professionali.
4. Ad integrazione di quanto previsto, nei commi 1, 2 e 3,
università, associazioni professionali e scientifiche, enti e
istituzioni a carattere nazionale e che abbiano, fra gli scopi
statutari, la formazione professionale degli insegnanti, possono
stipulare convenzioni con gli IRRSAE per la gestione di progetti di
aggiornamento che siano riconosciuti di sicuro interesse scientifico
e professionale e di specifica utilità ai fini del piano pluriennale.
Il Ministro della pubblica istruzione, con propria ordinanza,
stabilisce le modalità per la stipula delle convenzioni nonchè i
requisiti tecnico-scientifici e operativi che devono essere posseduti
dalle associazioni, dagli enti ed istituzioni.
5. Qualora non sussista la possibilità di provvedere alle esigenze
di servizio, conseguenti all’attuazione del piano pluriennale di
aggiornamento, nell’ambito del circolo, con personale disponibile ai
sensi dell’art. 14 della legge 20 maggio 1982, n. 270, si procede
alla nomina di supplenti temporanei in sostituzione degli insegnanti
impegnati nelle attività di aggiornamento.
6. Analogamente è consentito procedere alla nomina di supplenti
temporanei, verificandosi le condizioni di cui al comma 5, in
sostituzione degli insegnanti chiamati a prestare la loro opera per
l’attuazione del piano pluriennale di aggiornamento in qualità di
docenti, di esperti, di animatori, di conduttori dei gruppi o per
qualsiasi altra funzione prevista dal progetto approvato.

Art. 13.

Verifica e adeguamento dei programmi didattici.

1. Il Ministro della pubblica istruzione periodicamente alla
verifica e all’eventuale adeguamento dei programmi didattici sulla
base di sistematiche rilevazioni da effettuare avvalendosi degli
ispettori tecnici e degli IRRSAE.
2. Sulle proposte di modifica il Ministro della pubblica istruzione
acquisisce il parere del Consiglio nazionale della pubblica
istruzione e ne dà preventiva informazione alle competenti
Commissioni parlamentari.

Art. 14.

Scuola elementare non statale.

1. La scuola elementare parificata è tenuta ad adottare, per i
programmi e gli orari, l’ordinamento delle scuole elementari statali.
2. La scuola elementare autorizzata è tenuta ad uniformarsi di
massima agli obiettivi indicati dai programmi vigenti.
3. Il Ministro della pubblica istruzione, con propria ordinanza,
impartisce disposizioni in materia.

Art. 15.

Disposizioni per la gradualità e la fattibilità.

1. Al fine di favorire la realizzazione del nuovo ordinamento e di
garantire la necessaria disponibilità di organico di cui all’art. 4,
i provveditori agli studi sentiti i consigli scolastici provinciali e
presi gli opportuni contatti con gli enti locali, curano
l’apprestamento delle condizioni di fattibilità della riforma,
predisponendo un apposito piano.
2. Il piano, da redigersi entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, deve fondarsi sulla preliminare
ricognizione delle risorse disponibili e sulla conseguente
individuazione delle esigenze; sulla valutazione dell’andamento
demografico e sui suoi effetti in ordine alla popolazione scolastica
di ciascun circolo; sullo stato delle strutture e dei servizi e sulle
possibilità di provvedere da parte degli enti locali interessati alle
relative esigenze.
3. Compatibilmente con le capacità edilizie, sono operati opportuni
accorpamenti di plessi e conseguente concentrazione di alunni nelle
classi.
4. Il numero complessivo di alunni per ciascun plesso dovrà essere
superiore a venti, ad eccezione dei plessi ubicati nelle piccole
isole e nelle zone di montagna, nelle quali le difficoltà di
collegamento non consentano la possibilità di accorpamento o di
trasporto degli alunni in altre scuole.
5. Al fine di assicurare la disponibilità necessaria di organico
per l’attuazione del modulo organizzativo di cui all’art. 4 senza
ulteriori oneri, i posti comunque attivati in ciascuna provincia
all’atto della entrata in vigore della presente legge sono
consolidati, per la utilizzazione secondo quanto previsto dai
successivi commi, fino alla completa introduzione, su tutto il
territorio nazionale, dei nuovi ordinamenti.
6. Il modulo organizzativo e didattico di cui agli articoli 4, 5 e
8 si realizza gradualmente, con la conversione dei posti istituiti o
comunque assegnati ai sensi delle leggi vigenti.
7. Soddisfatte le esigenze relative alla copertura dell’organico di
cui all’art. 4, i posti eventualmente residui nell’organico
provinciale possono essere redistribuiti, man mano che si rendano
vacanti, nelle province nelle quali sia necessaria ulteriore
disponibilità per l’attivazione del nuovo modulo organizzativo.
8. Con ordinanza del Ministro della pubblica istruzione sono
impartite disposizioni al fine di consentire il trasferimento, a
domanda, di insegnanti elementari dalle province nelle quali risulti
coperto l’organico di cui all’art. 4 alle province nelle quali sia
necessaria ulteriore disponibilità di personale.
9. Entro quattro anni dall’inizio dell’attuazione del nuovo
ordinamento della scuola elementare, il Ministro della pubblica
istruzione riferisce al Parlamento sui risultati conseguiti anche al
fine di apportare eventuali modifiche.
10. L’attuazione degli articoli 4, 7, 8 e 10 non deve comunque
comportare incremento di posti rispetto a quelli esistenti alla data
di entrata in vigore della presente legge, ivi compresi i posti delle
dotazioni organiche aggiuntive. A partire dall’entrata in vigore
della presente legge viene abrogata ogni altra disposizione per la
determinazione delle dotazioni organiche, ivi comprese quelle
aggiuntive, in materia di ruoli provinciali della scuola elementare.
é fatto comunque divieto di assumere, sotto qualsiasi forma,
personale non di ruolo oltre i limiti posti dalla consistenza
dell’organico consolidato, di cui al comma 5.
11. Al termine di ogni quadriennio, a partire dalla data di entrata
in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della
pubblica istruzione di concerto con il Ministro del tesoro, viene
determinata, in relazione agli andamenti demogrfici e alla
distribuzione territoriale della domanda scolastica, nonchè
all’attuazione del programma del nuovo modulo, la quota di
sostituzione del personale che cessa dal servizio.
12. Entro il mese di marzo di ciascun anno, i provveditori agli
studi trasmettono al Ministro della pubblica istruzione ed alla Corte
dei conti una relazione finanziaria sugli oneri sostenuti nella
provincia di propria competenza nell’ultimo anno scolastico, per
l’attuazione del nuovo ordinamento. La Corte dei conti, in sede di
relazione al Parlamento sul rendiconto generale dello Stato,
riferisce in apposita sezione sui profili finanziari, a livello
provinciale, connessi all’attuazione della presente legge.

Art. 16.

Norma finanziaria.

1. All’onere derivante dalla realizzazione delle attività di
aggiornamento di cui all’art. 12, valutato complessivamente, per il
triennio 1990-1992, in 350.000 milioni di lire, di cui 90.000 milioni
nell’anno 1990, 130.000 milioni nell’anno 1991 e 130.000 milioni
nell’anno 1992, si provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1990-1992, al
capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per
l’anno 1990, all’uopo utilizzando l’accantonamento >.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. é fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.

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