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Riordino della disciplina in materiasanitaria.

di Redazione

Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (in Gazz. Uff., 30
dicembre 1992, n. 305, s.o.). — Riordino della disciplina in materia
sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n.
421.

Art. 1.

Tutela del diritto alla salute, programmazione sanitaria e
definizione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza.

1. La tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo
ed interesse della collettività è garantita, nel rispetto della
dignità e della libertà della persona umana, attraverso il Servizio
sanitario nazionale, quale complesso delle funzioni e delle attività
assistenziali dei Servizi sanitari regionali e delle altre funzioni e
attività svolte dagli enti ed istituzioni di rilievo nazionale,
nell’ambito dei conferimenti previsti dal decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112, nonché delle funzioni conservate allo Stato dal
medesimo decreto.
2. Il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso risorse
pubbliche e in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati dagli
articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i livelli
essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario
nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona
umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso
all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza
riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell’economicità
nell’impiego delle risorse.
3. L’individuazione dei livelli essenziali e uniformi di assistenza
assicurati dal Servizio sanitario nazionale, per il periodo di
validità del Piano sanitario nazionale, è effettuata contestualmente
all’individuazione delle risorse finanziarie destinate al Servizio
sanitario nazionale, nel rispetto delle compatibilità finanziarie
definite per l’intero sistema di finanza pubblica nel Documento di
programmazione economico-finanziaria. Le prestazioni sanitarie
comprese nei livelli essenziali di assistenza sono garantite dal
Servizio sanitario nazionale a titolo gratuito o con partecipazione
alla spesa, nelle forme e secondo le modalità previste dalla
legislazione vigente.
4. Le regioni, singolarmente o attraverso strumenti di
autocoordinamento, elaborano proposte per la predisposizione del
Piano sanitario nazionale, con riferimento alle esigenze del livello
territoriale considerato e alle funzioni interregionali da assicurare
prioritariamente, anche sulla base delle indicazioni del Piano
vigente e dei livelli essenziali di assistenza individuati in esso o
negli atti che ne costituiscono attuazione. Le regioni trasmettono al
Ministro della sanità, entro il 31 marzo di ogni anno, la relazione
annuale sullo stato di attuazione del piano sanitario regionale, sui
risultati di gestione e sulla spesa prevista per l’anno successivo.
5. Il Governo, su proposta del Ministro della sanità, sentite le
commissioni parlamentari competenti per la materia, le quali si
esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione dell’atto,
nonché le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative, le
quali rendono il parere entro venti giorni, predispone il Piano
sanitario nazionale, tenendo conto delle proposte trasmesse dalle
regioni entro il 31 luglio dell’ultimo anno di vigenza del piano
precedente, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 4. Il Governo,
ove si discosti dal parere delle commissioni parlamentari, è tenuto a
motivare. Il piano è adottato ai sensi dell’articolo 1 della legge 12
gennaio 1991, n. 13, d’intesa con la Conferenza unificata di cui
all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
6. I livelli essenziali di assistenza comprendono le tipologie di
assistenza, i servizi e le prestazioni relativi alle aree di offerta
individuate dal Piano sanitario nazionale. Tali livelli comprendono,
per il 1998-2000:
a) l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di
lavoro;
b) l’assistenza distrettuale;
c) l’assistenza ospedaliera.
7. Sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di
assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per
specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di
un significativo beneficio in termini di salute, a livello
individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate. Sono
esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del Servizio
sanitario nazionale le tipologie di assistenza, i servizi e le
prestazioni sanitarie che:
a) non rispondono a necessità assistenziali tutelate in base ai
principi ispiratori del Servizio sanitario nazionale di cui al comma
2;
b) non soddisfano il principio dell’efficacia e
dell’appropriatezza, ovvero la cui efficacia non è dimostrabile in
base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per
soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle
indicazioni raccomandate;
c) in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le
medesime esigenze, non soddisfano il principio dell’economicità
nell’impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente
delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione
dell’assistenza.
8. Le prestazioni innovative per le quali non sono disponibili
sufficienti e definitive evidenze scientifiche di efficacia possono
essere erogate in strutture sanitarie accreditate dal Servizio
sanitario nazionale esclusivamente nell’ambito di appositi programmi
di sperimentazione autorizzati dal Ministero della Sanità.
9. Il Piano sanitario nazionale ha durata triennale ed è adottato
dal Governo entro il 30 novembre dell’ultimo anno di vigenza del
Piano precedente. Il Piano sanitario nazionale può essere modificato
nel corso del triennio con la procedura di cui al comma 5.
10. Il Piano sanitario nazionale indica:
a) le aree prioritarie di intervento, anche ai fini di una
progressiva riduzione delle diseguaglianze sociali e territoriali nei
confronti della salute;
b) i livelli essenziali di assistenza sanitaria da assicurare per
il triennio di validità del Piano;
c) la quota capitaria di finanziamento per ciascun anno di
validità del Piano e la sua disaggregazione per livelli di
assistenza;
d) gli indirizzi finalizzati a orientare il Servizio sanitario
nazionale verso il miglioramento continuo della qualità
dell’assistenza, anche attraverso la realizzazione di progetti di
interesse sovraregionale;
e) i progetti-obiettivo, da realizzare anche mediante
l’integrazione funzionale e operativa dei servizi sanitari e dei
servizi socio-assistenziali degli enti locali;
f) le finalità generali e i settori principali della ricerca
biomedica e sanitaria, prevedendo altresì il relativo programma di
ricerca;
g) le esigenze relative alla formazione di base e gli indirizzi
relativi alla formazione continua del personale, nonché al fabbisogno
e alla valorizzazione delle risorse umane;
h) le linee guida e i relativi percorsi diagnostico-terapeutici
allo scopo di favorire, all’interno di ciascuna struttura sanitaria,
lo sviluppo di modalità sistematiche di revisione e valutazione della
pratica clinica e assistenziale e di assicurare l’applicazione dei
livelli essenziali di assistenza;
i) i criteri e gli indicatori per la verifica dei livelli di
assistenza assicurati in rapporto a quelli previsti.
11. I progetti obiettivo previsti dal Piano sanitario nazionale
sono adottati dal Ministro della sanità con decreto di natura non
regolamentare, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica e con gli altri Ministri competenti
per materia, d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo
8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
12. La Relazione sullo stato sanitario del Paese, predisposta
annualmente dal Ministro della sanità:
a) illustra le condizioni di salute della popolazione presente
sul territorio nazionale;
b) descrive le risorse impiegate e le attività svolte dal
Servizio sanitario nazionale;
c) espone i risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati
dal Piano sanitario nazionale;
d) riferisce sui risultati conseguiti dalle regioni in
riferimento all’attuazione dei piani sanitari regionali;
e) fornisce indicazioni per l’elaborazione delle politiche
sanitarie e la programmazione degli interventi.
13. Il Piano sanitario regionale rappresenta il piano strategico
degli interventi per gli obiettivi di salute e il funzionamento dei
servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione
regionale anche in riferimento agli obiettivi del Piano sanitario
nazionale. Le regioni, entro centocinquanta giorni dalla data di
entrata in vigore del Piano sanitario nazionale, adottano o adeguano
i Piani sanitari regionali, prevedendo forme di partecipazione delle
autonomie locali, ai sensi dell’articolo 2, comma 2-bis, nonché delle
formazioni sociali private non aventi scopo di lucro impegnate nel
campo dell’assistenza sociale e sanitaria, delle organizzazioni
sindacali degli operatori sanitari pubblici e privati e delle
strutture private accreditate dal Servizio sanitario nazionale.
14. Le regioni e le province autonome trasmettono al Ministro della
sanità i relativi schemi o progetti di piani sanitari allo scopo di
acquisire il parere dello stesso per quanto attiene alla coerenza dei
medesimi con gli indirizzi del Piano sanitario nazionale. Il Ministro
della sanità esprime il parere entro 30 giorni dalla data di
trasmissione dell’atto, sentita l’Agenzia per i servizi sanitari
regionali.
15. Il Ministro della sanità, avvalendosi dell’Agenzia per i
servizi sanitari regionali, promuove forme di collaborazione e linee
guida comuni in funzione dell’applicazione coordinata del Piano
sanitario nazionale e della normativa di settore, salva l’autonoma
determinazione regionale in ordine al loro recepimento.
16. La mancanza del Piano sanitario regionale non comporta
l’inapplicabilità delle disposizioni del Piano sanitario nazionale.
17. Trascorso un anno dall’entrata in vigore del Piano sanitario
nazionale senza che la regione abbia adottato il Piano sanitario
regionale, alla regione non è consentito l’accreditamento di nuove
strutture. Il Ministro della sanità, sentita la regione interessata,
fissa un termine non inferiore a tre mesi per provvedervi. Decorso
inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, su proposta del
Ministro della sanità, sentita l’Agenzia per i servizi sanitari
regionali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome, adotta gli atti
necessari per dare attuazione nella regione al Piano sanitario
nazionale, anche mediante la nomina di commissari ad acta.
18. Le istituzioni e gli organismi a scopo non lucrativo
concorrono, con le istituzioni pubbliche e quelle equiparate di cui
all’articolo 4, comma 12, alla realizzazione dei doveri
costituzionali di solidarietà, dando attuazione al pluralismo
etico-culturale dei servizi alla persona. Esclusivamente ai fini del
presente decreto sono da considerarsi a scopo non lucrativo le
istituzioni che svolgono attività nel settore dell’assistenza
sanitaria e socio-sanitaria, qualora ottemperino a quanto previsto
dalle disposizioni di cui all’articolo 10, comma 1, lettere d), e),
f), g), e h), e comma 6 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n.
460; resta fermo quanto disposto dall’articolo 10, comma 7, del
medesimo decreto. L’attribuzione della predetta qualifica non
comporta il godimento dei benefici fiscali previsti in favore delle
organizzazioni non lucrative di utilità sociale dal decreto
legislativo 4 dicembre 1997, n. 460.

TITOLO I

Art. 2.

Competenze regionali.

1. Spettano alle regioni e alle province autonome, nel rispetto dei
principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative ed
amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera.
2. Spettano in particolare alle regioni la determinazione dei
principi sull’organizzazione dei servizi e sull’attività destinata
alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle unità
sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, le attività di
indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette
unità sanitarie locali ed aziende, anche in relazione al controllo di
gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni
sanitarie.
2-bis. La legge regionale istituisce e disciplina la Conferenza
permanente per la programmazione sanitaria e socio-sanitaria
regionale, assicurandone il raccordo o l’inserimento nell’organismo
rappresentativo delle autonomie locali, ove istituito. Fanno,
comunque, parte della Conferenza: il sindaco del comune nel caso in
cui l’ambito territoriale dell’Azienda unità sanitaria locale
coincida con quella del comune; il presidente della Conferenza dei
sindaci, ovvero il sindaco o i presidenti di circoscrizione nei casi
in cui l’ambito territoriale dell’unità sanitaria locale sia
rispettivamente superiore o inferiore al territorio del Comune;
rappresentanti delle associazioni regionali delle autonomie locali.
2-ter. Il progetto del Piano sanitario regionale è sottoposto alla
Conferenza di cui al comma 2-bis, ed è approvato previo esame delle
osservazioni eventualmente formulate dalla Conferenza. La Conferenza
partecipa, altresì, nelle forme e con le modalità stabilite dalla
legge regionale, alla verifica della realizzazione del Piano
attuativo locale, da parte delle aziende ospedaliere di cui
all’articolo 4, e dei piani attuativi metropolitani.
2-quater. Le regioni, nell’ambito della loro autonomia, definiscono
i criteri e le modalità anche operative per il coordinamento delle
strutture sanitarie operanti nelle aree metropolitane di cui
all’articolo 17, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché
l’eventuale costituzione di appositi organismi.
2-quinquies. La legge regionale disciplina il rapporto tra
programmazione regionale e programmazione attuativa locale, definendo
in particolare le procedure di proposta, adozione e approvazione del
Piano attuativo locale e le modalità della partecipazione ad esse
degli enti locali interessati. Nelle aree metropolitane il piano
attuativo metropolitano è elaborato dall’organismo di cui al comma
2-quater, ove costituito.
2-sexies. La regione disciplina altresì:
a) l’articolazione del territorio regionale in unità sanitarie
locali, le quali assicurano attraverso servizi direttamente gestiti
l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro,
l’assistenza distrettuale e l’assistenza ospedaliera, salvo quanto
previsto dal presente decreto per quanto attiene alle aziende
ospedaliere di rilievo nazionale e interregionale e alle altre
strutture pubbliche e private accreditate;
b) i princìpi e criteri per l’adozione dell’atto aziendale di cui
all’articolo 3, comma 1-bis;
c) la definizione dei criteri per l’articolazione delle unità
sanitarie locali in distretti, da parte dell’atto di cui all’articolo
3, comma 1-bis, tenendo conto delle peculiarità delle zone montane e
a bassa densità di popolazione;
d) il finanziamento delle unità sanitarie locali, sulla base di
una quota capitaria corretta in relazione alle caratteristiche della
popolazione residente con criteri coerenti con quelli indicati
all’articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
e) le modalità di vigilanza e di controllo, da parte della
regione medesima, sulle unità sanitarie locali, nonché di valutazione
dei risultati delle stesse, prevedendo in quest’ultimo caso forme e
modalità di partecipazione della Conferenza dei sindaci;
f) l’organizzazione e il funzionamento delle attività di cui
all’articolo 19-bis, comma 3, in raccordo e cooperazione con la
Commissione nazionale di cui al medesimo articolo;
g) fermo restando il generale divieto di indebitamento, la
possibilità per le unità sanitarie locali di:
1) anticipazione, da parte del tesoriere, nella misura massima
di un dodicesimo dell’ammontare annuo del valore dei ricavi, inclusi
i trasferimenti, iscritti nel bilancio preventivo annuale;
2) contrazione di mutui e accensione di altre forme di credito,
di durata non superiore a dieci anni, per il finanziamento di spese
di investimento e previa autorizzazione regionale, fino a un
ammontare complessivo delle relative rate, per capitale e interessi,
non superiore al quindici per cento delle entrate proprie correnti,
ad esclusione della quota di fondo sanitario nazionale di parte
corrente attribuita alla regione;
h) le modalità con cui le unità sanitarie locali e le aziende
ospedaliere assicurano le prestazioni e i servizi contemplati dai
livelli aggiuntivi di assistenza finanziati dai comuni ai sensi
dell’articolo 2 comma 1, lettera l), della legge 30 novembre 1998, n.
419.
2-septies. [Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del
presente decreto che modifica il decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modificazioni,] le regioni istituiscono
l’elenco delle istituzioni e degli organismi a scopo non lucrativo di
cui all’articolo 1, comma 18.
2-octies. Salvo quanto diversamente disposto, quando la regione non
adotta i provvedimenti previsti dai commi 2-bis e 2-quinquies , il
Ministro della sanità, sentite la regione interessata e l’Agenzia per
i servizi sanitari regionali, fissa un congruo termine per
provvedere; decorso tale termine, il Ministro della sanità, sentito
il parere della medesima Agenzia e previa consultazione della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, propone al Consiglio dei
Ministri l’intervento sostitutivo, anche sotto forma di nomina di un
commissario ad acta. L’intervento adottato dal Governo non preclude
l’esercizio delle funzioni regionali per le quali si è provveduto in
via sostitutiva ed è efficace sino a quando i competenti organi
regionali abbiano provveduto.

Art. 3.

Organizzazione delle unità sanitarie locali.

1. Le regioni, attraverso le unità sanitarie locali, assicurano i
livelli essenziali di assistenza di cui all’articolo 1, avvalendosi
anche delle aziende di cui all’articolo 4.
1-bis. In funzione del perseguimento dei loro fini istituzionali,
le unità sanitarie locali si costituiscono in aziende con personalità
giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro
organizzazione e funzionamento sono disciplinati con atto aziendale
di diritto privato, nel rispetto dei princìpi e criteri stabiliti con
la legge regionale di cui all’articolo 2, comma 2-sexies. L’atto
aziendale individua le strutture operative dotate di autonomia
gestionale o tecnico-professionale, soggette a rendicontazione
analitica.
1-ter. Le aziende di cui ai commi 1 e 1-bis informano la propria
attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità e sono
tenute al rispetto del vincolo di bilancio, attraverso l’equilibrio
di costi e ricavi, compresi i trasferimenti di risorse finanziarie.
Agiscono mediante atti di diritto privato. I contratti di fornitura
di beni e servizi, il cui valore sia inferiore a quello stabilito
dalla normativa comunitaria in materia, sono appaltati o contrattati
direttamente secondo le norme di diritto privato indicate nell’atto
aziendale di cui al comma 1-bis.
1-quater. Sono organi dell’azienda il direttore generale e il
collegio sindacale. Il direttore generale adotta l’atto aziendale di
cui al comma 1-bis; è responsabile della gestione complessiva e
nomina i responsabili delle strutture operative dell’azienda. Il
direttore generale è coadiuvato, nell’esercizio delle proprie
funzioni, dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario. Le
regioni disciplinano forme e modalità per la direzione e il
coordinamento delle attività socio-sanitarie a elevata integrazione
sanitaria. Il direttore generale si avvale del Collegio di direzione
di cui all’articolo 17 per le attività ivi indicate.
1-quinquies. Il direttore amministrativo e il direttore sanitario
sono nominati dal direttore generale. Essi partecipano, unitamente al
direttore generale, che ne ha la responsabilità, alla direzione
dell’azienda, assumono diretta responsabilità delle funzioni
attribuite alla loro competenza e concorrono, con la formulazione di
proposte e di pareri, alla formazione delle decisioni della direzione
generale.
2. Omissis.
3. L’unità sanitaria locale può assumere la gestione di attività o
servizi socio-assistenziali su delega dei singoli enti locali con
oneri a totale carico degli stessi, ivi compresi quelli relativi al
personale, e con specifica contabilizzazione. L’unità sanitaria
locale procede alle erogazioni solo dopo l’effettiva acquisizione
delle necessarie disponibilità finanziarie .
4. Omissis
5. Le regioni disciplinano, entro il 31 marzo 1994, nell’ambito
della propria competenza le modalità organizzative e di funzionamento
delle unità sanitarie locali prevedendo tra l’altro:
a) Omissis
b) Omissis
c) Omissis
d) Omissis
e) Omissis
f) Omissis
g) i criteri per la definizione delle dotazioni organiche e degli
uffici dirigenziali delle unità sanitarie locali e delle aziende
ospedaliere nonché i criteri per l’attuazione della mobilità del
personale risultato in esubero, ai sensi delle disposizioni di cui al
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni ed integrazioni.
6. Tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza dell’unità
sanitaria locale, sono riservati al direttore generale. Al direttore
generale compete in particolare, anche attraverso l’istituzione
dell’apposito servizio di controllo interno di cui all’art. 20,
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni ed integrazioni, verificare, mediante valutazioni
comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, la corretta ed
economica gestione delle risorse attribuite ed introitate nonché
l’imparzialità ed il buon andamento dell’azione amministrativa. I
provvedimenti di nomina dei direttori generali delle aziende unità
sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono adottati
esclusivamente con riferimento ai requisiti di cui all’articolo 1 del
decreto-legge 27 agosto 1994, n. 512, convertito dalla legge 17
ottobre 1994, n. 590, senza necessità di valutazioni comparative.
L’autonomia di cui al comma 1 diviene effettiva con la prima
immissione nelle funzioni del direttore generale. I contenuti di tale
contratto, ivi compresi i criteri per la determinazione degli
emolumenti, sono fissati entro centoventi giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri della sanità,
del tesoro, del lavoro e della previdenza sociale e per gli affari
regionali sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome. Il direttore generale è
tenuto a motivare i provvedimenti assunti in difformità dal parere
reso dal direttore sanitario, dal direttore amministrativo e dal
consiglio dei sanitari. In caso di vacanza dell’ufficio o nei casi di
assenza o di impedimento del direttore generale, le relative funzioni
sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore sanitario su
delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal direttore
più anziano per età. Ove l’assenza o l’impedimento si protragga oltre
sei mesi si procede alla sostituzione.
7. Il direttore sanitario è un medico che non abbia compiuto il
sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque
anni qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o
strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande
dimensione. Il direttore sanitario dirige i servizi sanitari ai fini
organizzativi ed igienico-sanitari e fornisce parere obbligatorio al
direttore generale sugli atti relativi alle materie di competenza. Il
direttore amministrativo è un laureato in discipline giuridiche o
economiche che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e
che abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di
direzione tecnica o amministrativa in enti o strutture sanitarie
pubbliche o private di media o grande dimensione. Il direttore
amministrativo dirige i servizi amministrativi dell’unità sanitaria
locale. Sono soppresse le figure del coordinatore amministrativo, del
coordinatore sanitario e del sovrintendente sanitario, nonché
l’ufficio di direzione.
8. Omissis.
9. Il direttore generale non è eleggibile a membro dei consigli
comunali, dei consigli provinciali, dei consigli e assemblee delle
regioni e del Parlamento, salvo che le funzioni esercitate non siano
cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei
periodi di durata dei predetti organi. In caso di scioglimento
anticipato dei medesimi, le cause di ineleggibilità non hanno effetto
se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni
successivi alla data del provvedimento di scioglimento. In ogni caso
il direttore generale non è eleggibile nei collegi elettorali nei
quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell’unità
sanitaria locale presso la quale abbia esercitato le sue funzioni in
un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione
della candidatura. Il direttore generale che sia stato candidato e
non sia stato eletto non può esercitare per un periodo di cinque anni
le sue funzioni in unità sanitarie locali comprese, in tutto o in
parte, nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le
elezioni. La carica di direttore generale è incompatibile con quella
di membro del consiglio e delle assemblee delle regioni e delle
province autonome, di consigliere provinciale, di sindaco, di
assessore comunale, di presidente o di assessore di comunità montana,
di membro del Parlamento, nonché con l’esistenza di rapporti anche in
regime convenzionale con la unità sanitaria locale presso cui sono
esercitate le funzioni o di rapporti economici o di consulenza con
strutture che svolgono attività concorrenziali con la stessa. La
predetta normativa si applica anche ai direttori amministrativi ed ai
direttori sanitari. La carica di direttore generale è altresì
incompatibile con la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente,
ancorché in regime di aspettativa senza assegni, con l’unità
sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni.
10. Omissis
11. Non possono essere nominati direttori generali, direttori
amministrativi o direttori sanitari delle unità sanitarie locali:
a) coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, a
pena detentiva non inferiore ad un anno per delitto non colposo
ovvero a pena detentiva non inferiore a sei mesi per delitto non
colposo commesso nella qualità di pubblico ufficiale o con abuso dei
poteri o violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione,
salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 166 del codice
penale;
b) coloro che sono sottoposti a procedimento penale per delitto
per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza;
c) coloro che sono stati sottoposti, anche con provvedimento non
definitivo ad una misura di prevenzione, salvi gli effetti della
riabilitazione prevista dall’articolo 15 della legge 3 agosto 1988,
n. 327, e dall’articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55;
d) coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza detentiva o a
libertà vigilata.
12. Il consiglio dei sanitari è organismo elettivo dell’unità
sanitaria locale con funzioni di consulenza tecnico-sanitaria ed è
presieduto dal direttore sanitario. Fanno parte del consiglio medici
in maggioranza ed altri operatori sanitari laureati – con presenza
maggioritaria della componente ospedaliera medica se nell’unità
sanitaria locale è presente un presidio ospedaliero nonché una
rappresentanza del personale infermieristico e del personale tecnico
sanitario. Nella componente medica è assicurata la presenza del
medico veterinario. Il consiglio dei sanitari fornisce parere
obbligatorio al direttore generale per le attività tecnico-sanitarie,
anche sotto il profilo organizzativo, e per gli investimenti ad esse
attinenti. Il consiglio dei sanitari si esprime altresì sulle
attività di assistenza sanitaria. Tale parere è da intendersi
favorevole ove non formulato entro il termine fissato dalla legge
regionale. La regione provvede a definire il numero dei componenti
nonché a disciplinare le modalità di elezione e la composizione ed il
funzionamento del consiglio .
13. Il direttore generale dell’unità sanitaria locale nomina i
revisori con specifico provvedimento e li convoca per la prima
seduta. Il presidente del collegio viene eletto dai revisori all’atto
della prima seduta. Ove a seguito di decadenza, dimissioni o decessi
il collegio risultasse mancante di uno o più componenti, il direttore
generale provvede ad acquisire le nuove designazioni dalle
amministrazioni competenti. In caso di mancanza di più di due
componenti dovrà procedersi alla ricostituzione dell’intero collegio.
Qualora il direttore generale non proceda alla ricostituzione del
collegio entro trenta giorni, la regione provvede a costituirlo in
via straordinaria con un funzionario della regione e due designati
dal Ministro del tesoro. Il collegio straordinario cessa le proprie
funzioni all’atto dell’insediamento del collegio ordinario.
L’indennità annua lorda spettante ai componenti del collegio dei
revisori è fissata in misura pari al 10 per cento degli emolumenti
del direttore generale dell’unità sanitaria locale. Al presidente del
collegio compete una maggiorazione pari al 20 per cento
dell’indennità fissata per gli altri componenti.
14. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale
coincide con quello del comune, il sindaco, al fine di corrispondere
alle esigenze sanitarie della popolazione, provvede alla definizione,
nell’ambito della programmazione regionale, delle linee di indirizzo
per l’impostazione programmatica dell’attività, esamina il bilancio
pluriennale di previsione ed il bilancio di esercizio e rimette alla
regione le relative osservazioni, verifica l’andamento generale
dell’attività e contribuisce alla definizione dei piani programmatici
trasmettendo le proprie valutazioni e proposte al direttore generale
ed alla regione. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito
territoriale non coincide con il territorio del comune, le funzioni
del sindaco sono svolte dalla conferenza dei sindaci o dei presidenti
delle circoscrizioni di riferimento territoriale tramite una
rappresentanza costituita nel suo seno da non più di cinque
componenti nominati dalla stessa conferenza con modalità di esercizio
delle funzioni dettate con normativa regionale.

Art. 3-bis.

Direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario.

1. I provvedimenti di nomina dei direttori generali delle unità
sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono adottati
esclusivamente con riferimento ai requisiti di cui al comma 3.
2. La nomina del direttore generale deve essere effettuata nel
termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza
dell’ufficio. Scaduto tale termine, si applica l’articolo 2, comma
2-octies.
3. Gli aspiranti devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) diploma di laurea;
b) esperienza almeno quinquennale di direzione tecnica o
amministrativa in enti, aziende, strutture pubbliche o private, in
posizione dirigenziale con autonomia gestionale e diretta
responsabilità delle risorse umane, tecniche o finanziarie, svolta
nei dieci anni precedenti la pubblicazione dell’avviso.
4. I direttori generali nominati devono produrre, entro diciotto
mesi dalla nomina, il certificato di frequenza del corso di
formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e
gestione sanitaria. I predetti corsi sono organizzati ed attivati
dalle regioni, anche in ambito interregionale ed in collaborazione
con le università o altri soggetti pubblici o privati accreditati ai
sensi dell’articolo 16-ter, operanti nel campo della formazione
manageriale, con periodicità almeno biennale. I contenuti, la
metodologia delle attività didattiche, la durata dei corsi, non
inferiore a centoventi ore programmate in un periodo non superiore a
sei mesi, nonché le modalità di conseguimento della certificazione,
sono stabiliti, [entro centoventi giorni dall’entrata in vigore del
presente decreto, che modifica il decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, e successive modificazioni,] con decreto del Ministro
della sanità, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano. I direttori generali in carica alla data di entrata in
vigore del presente decreto producono il certificato di cui al
presente comma entro diciotto mesi da tale data.
5. Le regioni determinano preventivamente, in via generale, i
criteri di valutazione dell’attività dei direttori generali, avendo
riguardo al raggiungimento degli obiettivi definiti nel quadro della
programmazione regionale, con particolare riferimento alla
efficienza, efficacia e funzionalità dei servizi sanitari. All’atto
della nomina di ciascun direttore generale, esse definiscono ed
assegnano, aggiornandoli periodicamente, gli obiettivi di salute e di
funzionamento dei servizi, con riferimento alle relative risorse,
ferma restando la piena autonomia gestionale dei direttori stessi.
6. Trascorsi diciotto mesi dalla nomina di ciascun direttore
generale, la regione verifica i risultati aziendali conseguiti e il
raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 5 e, sentito il parere
del sindaco o della conferenza dei sindaci di cui all’articolo 3,
comma 14, ovvero, per le aziende ospedaliere, della Conferenza di cui
all’articolo 2, comma 2-bis, procede o meno alla conferma entro i tre
mesi successivi alla scadenza del termine. La disposizione si applica
in ogni altro procedimento di valutazione dell’operato del direttore
generale, salvo quanto disposto dal comma 7.
7. Quando ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una
situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o del
principio di buon andamento e di imparzialità della amministrazione,
la regione risolve il contratto dichiarando la decadenza del
direttore generale e provvede alla sua sostituzione; in tali casi la
regione provvede previo parere della Conferenza di cui all’articolo
2, comma 2-bis, che si esprime nel termine di dieci giorni dalla
richiesta, decorsi inutilmente i quali la risoluzione del contratto
può avere comunque corso. Si prescinde dal parere nei casi di
particolare gravità e urgenza. Il sindaco o la Conferenza dei sindaci
di cui all’articolo 3, comma 14, ovvero, per le aziende ospedaliere,
la Conferenza di cui all’articolo 2, comma 2-bis, nel caso di
manifesta inattuazione nella realizzazione del Piano attuativo
locale, possono chiedere alla regione di revocare il direttore
generale, o di non disporne la conferma, ove il contratto sia già
scaduto. Quando i procedimenti di valutazione e di revoca di cui al
comma 6 e al presente comma riguardano i direttori generali delle
aziende ospedaliere, la Conferenza di cui all’articolo 2, comma 2-bis
è integrata con il sindaco del comune capoluogo della provincia in
cui è situata l’azienda.
8. Il rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore
amministrativo e del direttore sanitario è esclusivo ed è regolato da
contratto di diritto privato, di durata non inferiore a tre e non
superiore a cinque anni, rinnovabile, stipulato in osservanza delle
norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile. La regione
disciplina le cause di risoluzione del rapporto con il direttore
amministrativo e il direttore sanitario. Il trattamento economico del
direttore generale, del direttore sanitario e del direttore
amministrativo è definito, in sede di revisione del decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri 19 luglio 1995, n. 502, anche
con riferimento ai trattamenti previsti dalla contrattazione
collettiva nazionale per le posizioni apicali della dirigenza medica
e amministrativa.
9. La regione può stabilire che il conferimento dell’incarico di
direttore amministrativo sia subordinato, in analogia a quanto
previsto per il direttore sanitario dall’articolo 1 del decreto del
Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484, alla frequenza
del corso di formazione programmato per il conferimento dell’incarico
di direttore generale o del corso di formazione manageriale di cui
all’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 10
dicembre 1997, n. 484 o di altro corso di formazione manageriale
appositamente programmato.
10. La carica di direttore generale è incompatibile con la
sussistenza di altro rapporto di lavoro, dipendente o autonomo.
11. La nomina a direttore generale, amministrativo e sanitario
determina per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa
senza assegni e il diritto al mantenimento del posto. L’aspettativa è
concessa entro sessanta giorni dalla richiesta. Il periodo di
aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di
previdenza. Le amministrazioni di appartenenza provvedono ad
effettuare il versamento dei contributi previdenziali ed
assistenziali comprensivi delle quote a carico del dipendente,
calcolati sul trattamento economico corrisposto per l’incarico
conferito nei limiti dei massimali di cui all’articolo 3, comma 7,
del decreto legislativo 24 aprile 1997, n. 181, e a richiedere il
rimborso di tutto l’onere da esse complessivamente sostenuto
all’unità sanitaria locale o all’azienda ospedaliera interessata, la
quale procede al recupero della quota a carico dell’interessato.
12. Per i direttori generali e per coloro che, fuori dei casi di
cui al comma 11, siano iscritti all’assicurazione generale
obbligatoria ed alle forme sostitutive ed esclusive della medesima,
la contribuzione dovuta sul trattamento economico corrisposto nei
limiti dei massimali previsti dall’articolo 3, comma 7, del decreto
legislativo 24 aprile 1997, n. 181, è versata dall’unità sanitaria
locale o dall’azienda ospedaliera di appartenenza, con recupero della
quota a carico dell’interessato.
13. In sede di revisione del decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri 19 luglio 1995, n. 502 si applica il comma 5 del
presente articolo.
14. Il rapporto di lavoro del personale del Servizio sanitario
nazionale è regolato dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,
e successive modificazioni. Per la programmazione delle assunzioni si
applica l’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e
successive modificazioni.
15. In sede di prima applicazione, le regioni possono disporre la
proroga dei contratti con i direttori generali in carica all’atto
dell’entrata in vigore del presente decreto per un periodo massimo di
dodici mesi.

Art. 3-ter.

Collegio sindacale.

1. Il collegio sindacale:
a) verifica l’amministrazione dell’azienda sotto il profilo
economico;
b) vigila sull’osservanza della legge;
c) accerta la regolare tenuta della contabilità e la conformità
del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili,
ed effettua periodicamente verifiche di cassa;
d) riferisce almeno trimestralmente alla regione, anche su
richiesta di quest’ultima, sui risultati del riscontro eseguito,
denunciando immediatamente i fatti se vi è fondato sospetto di gravi
irregolarità; trasmette periodicamente, e comunque con cadenza almeno
semestrale, una propria relazione sull’andamento dell’attività
dell’unità sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera
rispettivamente alla Conferenza dei sindaci o al sindaco del comune
capoluogo della provincia dove è situata l’azienda stessa.
2. I componenti del collegio sindacale possono procedere ad atti di
ispezione e controllo, anche individualmente.
3. Il collegio sindacale dura in carica tre anni ed è composto da
cinque membri, di cui due designati dalla regione, uno designato dal
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
uno dal Ministro della sanità e uno dalla Conferenza dei sindaci; per
le aziende ospedaliere quest’ultimo componente è designato
dall’organismo di rappresentanza dei comuni. I componenti del
collegio sindacale sono scelti tra gli iscritti nel registro dei
revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia,
ovvero tra i funzionari del Ministero del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica che abbiano esercitato per almeno tre
anni le funzioni di revisori dei conti o di componenti dei collegi
sindacali.
4. I riferimenti contenuti nella normativa vigente al collegio dei
revisori delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende
ospedaliere si intendono applicabili al collegio sindacale di cui al
presente articolo.

Art. 3-quater.

Distretto.

1. La legge regionale disciplina l’articolazione in distretti
dell’unità sanitaria locale. Il distretto è individuato, sulla base
dei criteri di cui all’articolo 2, comma 2-sexies, lettera c),
dall’atto aziendale di cui all’articolo 3, comma 1-bis, garantendo
una popolazione minima di almeno sessantamila abitanti, salvo che la
regione, in considerazione delle caratteristiche geomorfologiche del
territorio o della bassa densità della popolazione residente,
disponga diversamente.
2. Il distretto assicura i servizi di assistenza primaria relativi
alle attività sanitarie e socio-sanitarie di cui al successivo
articolo 3-quinquies, nonché il coordinamento delle proprie attività
con quella dei dipartimenti e dei servizi aziendali, inclusi i
presidi ospedalieri, inserendole organicamente nel Programma delle
attività territoriali. Al distretto sono attribuite risorse definite
in rapporto agli obiettivi di salute della popolazione di
riferimento. Nell’ambito delle risorse assegnate, il distretto è
dotato di autonomia tecnico-gestionale ed economico-finanziaria, con
contabilità separata all’interno del bilancio della unità sanitaria
locale.
3. Il Programma delle attività territoriali, basato sul principio
della intersettorialità degli interventi cui concorrono le diverse
strutture operative:
a) prevede la localizzazione dei servizi a gestione diretta di
cui all’articolo 3-quinquies;
b) determina le risorse per l’integrazione socio-sanitaria di cui
all’articolo 3-septies e le quote rispettivamente a carico dell’unità
sanitaria locale e dei comuni, nonché la localizzazione dei presidi
per il territorio di competenza;
c) è proposto, sulla base delle risorse assegnate e previo parere
del Comitato dei sindaci di distretto, dal direttore di distretto ed
è approvato dal direttore generale, d’intesa, limitatamente alle
attività socio-sanitarie, con il Comitato medesimo e tenuto conto
delle priorità stabilite a livello regionale.
4. Il Comitato dei sindaci di distretto, la cui organizzazione e il
cui funzionamento sono disciplinati dalla regione, concorre alla
verifica del raggiungimento dei risultati di salute definiti dal
Programma delle attività territoriali. Nei comuni la cui ampiezza
territoriale coincide con quella dell’unità sanitaria locale o la
supera il Comitato dei sindaci di distretto è sostituito dal Comitato
dei presidenti di circoscrizione.

Art. 3-quinquies.

Funzioni e risorse del distretto.

1. Le regioni disciplinano l’organizzazione del distretto in modo
da garantire:
a) l’assistenza primaria, ivi compresa la continuità
assistenziale, attraverso il necessario coordinamento e l’approccio
multidisciplinare, in ambulatorio e a domicilio, tra medici di
medicina generale, pediatri di libera scelta, servizi di guardia
medica notturna e festiva e i presidi specialistici ambulatoriali;
b) il coordinamento dei medici di medicina generale e dei
pediatri di libera scelta con le strutture operative a gestione
diretta, organizzate in base al modello dipartimentale, nonché con i
servizi specialistici ambulatoriali e le strutture ospedaliere ed
extraospedaliere accreditate;
c) l’erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale,
connotate da specifica ed elevata integrazione, nonché delle
prestazioni sociali di rilevanza sanitaria se delegate dai comuni.
2. Il distretto garantisce:
a) assistenza specialistica ambulatoriale;
b) attività o servizi per la prevenzione e la cura delle
tossicodipendenze;
c) attività o servizi consultoriali per la tutela della salute
dell’infanzia, della donna e della famiglia;
d) attività o servizi rivolti a disabili ed anziani;
e) attività o servizi di assistenza domiciliare integrata;
f) attività o servizi per le patologie da HIV e per le patologie
in fase terminale.
3. Trovano inoltre collocazione funzionale nel distretto le
articolazioni organizzative del dipartimento di salute mentale e del
dipartimento di prevenzione, con particolare riferimento ai servizi
alla persona.

Art. 3-sexies.

Direttore di distretto.

1. Il direttore del distretto realizza le indicazioni della
direzione aziendale, gestisce le risorse assegnate al distretto, in
modo da garantire l’accesso della popolazione alle strutture e ai
servizi, l’integrazione tra i servizi e la continuità assistenziale.
Il direttore del distretto supporta la direzione generale nei
rapporti con i sindaci del distretto.
2. Il direttore di distretto si avvale di un ufficio di
coordinamento delle attività distrettuali, composto da rappresentanti
delle figure professionali operanti nei servizi distrettuali. Sono
membri di diritto di tale ufficio un rappresentante dei medici di
medicina generale, uno dei pediatri di libera scelta ed uno degli
specialisti ambulatoriali convenzionati operanti nel distretto.
3. L’incarico di direttore di distretto è attribuito dal direttore
generale a un dirigente dell’azienda, che abbia maturato una
specifica esperienza nei servizi territoriali e un’adeguata
formazione nella loro organizzazione, oppure a un medico
convenzionato, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, da almeno dieci
anni, con contestuale congelamento di un corrispondente posto di
organico della dirigenza sanitaria.
4. La legge regionale disciplina gli oggetti di cui agli articoli
3-quater, comma 3 e 3-quinquies, commi 2 e 3, nonché al comma 3 del
presente articolo, nel rispetto dei princìpi fondamentali desumibili
dalle medesime disposizioni; ove la regione non disponga, si
applicano le predette disposizioni.

Art. 3-septies.

Integrazione socio-sanitaria.

1. Si definiscono prestazioni socio-sanitarie tutte le attività
atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni
di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni
sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche
nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di
riabilitazione.
2. Le prestazioni socio-sanitarie comprendono:
a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività
finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione,
individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o
invalidanti di patologie congenite e acquisite;
b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le
attività del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la
persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di
emarginazione condizionanti lo stato di salute.
3. L’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 2, comma
1, lettera n), della legge 30 novembre 1998, n. 419, da emanarsi,
[entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto,] su proposta del Ministro della sanità e del Ministro per la
solidarietà sociale, individua, sulla base dei princìpi e criteri
direttivi di cui al presente articolo, le prestazioni da ricondurre
alle tipologie di cui al comma 2, lettere a) e b), precisando i
criteri di finanziamento delle stesse per quanto compete alle unità
sanitarie locali e ai comuni. Con il medesimo atto sono individuate
le prestazioni socio-sanitarie a elevata integrazione sanitaria di
cui al comma 4 e alle quali si applica il comma 5, e definiti i
livelli uniformi di assistenza per le prestazioni sociali a rilievo
sanitario.
4. Le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria
sono caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità
della componente sanitaria e attengono prevalentemente alle aree
materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e
dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da HIV
e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità conseguenti a
patologie cronico-degenerative.
5. Le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria
sono assicurate dalle aziende sanitarie e comprese nei livelli
essenziali di assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate
dalla vigente normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai
progetti-obiettivo nazionali e regionali.
6. Le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria sono di competenza
dei Comuni che provvedono al loro finanziamento negli ambiti previsti
dalla legge regionale ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112. La regione determina, sulla base
dei criteri posti dall’atto di indirizzo e coordinamento di cui al
comma 3, il finanziamento per le prestazioni sanitarie a rilevanza
sociale, sulla base di quote capitarie correlate ai livelli
essenziali di assistenza.
7. Con decreto interministeriale, di concerto tra il Ministro della
sanità, il Ministro per la solidarietà sociale e il Ministro per la
funzione pubblica, è individuata all’interno della Carta dei servizi
una sezione dedicata agli interventi e ai servizi socio-sanitari.
8. Fermo restando quanto previsto dal comma 5 e dall’articolo
3-quinquies, comma 1, lettera c), le regioni disciplinano i criteri e
le modalità mediante i quali comuni e aziende sanitarie garantiscono
l’integrazione, su base distrettuale, delle prestazioni
socio-sanitarie di rispettiva competenza, individuando gli strumenti
e gli atti per garantire la gestione integrata dei processi
assistenziali socio-sanitari.

Art. 3-octies.

Area delle professioni socio-sanitarie.

1. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il
Ministro per la solidarietà sociale e con il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, sentito il Consiglio
superiore di sanità e la Conferenza permanente per i rapporti fra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto è
disciplinata l’istituzione all’interno del Servizio sanitario
nazionale, dell’area socio-sanitaria a elevata integrazione sanitaria
e sono individuate le relative discipline della dirigenza sanitaria.
2. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il
Ministro per la solidarietà sociale, sentito il Ministro per
l’università e la ricerca scientifica e tecnologica [rectius:
dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica] e
acquisito il parere del Consiglio superiore di sanità, sono integrate
le tabelle dei servizi e delle specializzazioni equipollenti previste
per l’accesso alla dirigenza sanitaria del Servizio sanitario
nazionale, in relazione all’istituzione dell’area socio-sanitaria a
elevata integrazione sanitaria.
3. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il
Ministro per la solidarietà sociale, sono individuati, sulla base di
parametri e criteri generali definiti dalla Conferenza unificata di
cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, i
profili professionali dell’area socio-sanitaria a elevata
integrazione sanitaria.
4. Le figure professionali di livello non dirigenziale operanti
nell’area socio-sanitaria a elevata integrazione sanitaria, da
formare con corsi di diploma universitario, sono individuate con
regolamento del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri
dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e per la
solidarietà sociale, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400; i relativi ordinamenti didattici sono
definiti dagli atenei, ai sensi dell’articolo 17, comma 95, della
legge 15 maggio 1997, n. 127 sulla base di criteri generali
determinati con decreto del Ministro dell’università e della ricerca
scientifica e tecnologica, emanato di concerto con gli altri Ministri
interessati, tenendo conto dell’esigenza di una formazione
interdisciplinare, adeguata alle competenze delineate nei profili
professionali e attuata con la collaborazione di più facoltà
universitarie.
5. Le figure professionali operanti nell’area socio-sanitaria a
elevata integrazione sanitaria, da formare in corsi a cura delle
regioni, sono individuate con regolamento del Ministro della sanità
di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le
provincie autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell’articolo 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; con lo stesso decreto
sono definiti i relativi ordinamenti didattici.

Art. 4.

Aziende ospedaliere e presidi ospedalieri.

1. Per specifiche esigenze assistenziali, di ricerca scientifica,
nonché di didattica del Servizio sanitario nazionale, nel rispetto
dei criteri e delle modalità di cui al comma 2, possono essere
costituiti o confermati in aziende, disciplinate dall’articolo 3, gli
istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto
pubblico, con le particolarità procedurali e organizzative previste
dalle disposizioni attuative dell’articolo 11, comma 1, lettera b)
della legge 15 marzo 1997, n. 59; le aziende di cui all’articolo 6
della legge 30 novembre 1998, n. 419, secondo le specifiche
disposizioni definite in sede di attuazione della delega ivi
prevista; le aziende ospedaliere di rilievo nazionale o
interregionale, alle quali si applicano, salvo che sia diversamente
previsto, le disposizioni del presente decreto relative alle unità
sanitarie locali. Sino all’emanazione delle disposizioni attuative
sugli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ad essi si
applicano le disposizioni del presente decreto relative alla
dirigenza sanitaria, ai dipartimenti, alla direzione sanitaria e
amministrativa aziendale e al collegio di direzione. Le disposizioni
del presente decreto, salvo quanto in esso diversamente disposto, non
si applicano ai policlinici universitari e alle aziende ove insistono
le facoltà di medicina e chirurgia prima della data indicata dalle
disposizioni attuative della delega prevista dall’articolo 6 della
legge 30 novembre 1998, n. 419; ove tale data non sia prevista, dette
disposizioni si applicano a partire dal 1° aprile 2000.
1-bis. Nell’ambito della riorganizzazione della rete dei servizi
conseguente al riordino del sistema delle aziende previsto dal
presente decreto, le regioni possono proporre la costituzione o la
conferma in aziende ospedaliere dei presidi ospedalieri in possesso
di tutti i seguenti requisiti:
a) organizzazione dipartimentale di tutte le unità operative
presenti nella struttura, disciplinata dall’atto di cui all’articolo
3, comma 1-bis, in coerenza con l’articolo 17-bis;
b) disponibilità di un sistema di contabilità economico
patrimoniale e di una contabilità per centri di costo;
c) presenza di almeno tre unità operative di alta specialità
secondo le specificazioni di cui al decreto del Ministro della sanità
29 gennaio 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1°
febbraio 1992, e successive modificazioni;
d) dipartimento di emergenza di secondo livello, ai sensi
dell’atto di indirizzo e coordinamento approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992 e successive modificazioni, secondo
le specificazioni contenute nell’Atto di intesa tra Stato e regioni
di approvazione delle linee guida sul sistema di emergenza sanitaria
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 114 del 17 maggio 1996;
e) ruolo di ospedale di riferimento in programmi integrati di
assistenza su base regionale e interregionale, così come previsto dal
Piano sanitario regionale ed in considerazione della mobilità
infraregionale e della frequenza dei trasferimenti da presidi
ospedalieri regionali di minore complessità;
f) attività di ricovero in degenza ordinaria, nel corso
dell’ultimo triennio, per pazienti residenti in regioni diverse,
superiore di almeno il dieci per cento rispetto al valore medio
regionale, salvo che per le aziende ubicate in Sicilia e in Sardegna;
g) indice di complessità della casistica dei pazienti trattati in
ricovero ordinario , nel corso dell’ultimo triennio, superiore ad
almeno il venti per cento del valore medio regionale;
h) disponibilità di un proprio patrimonio immobiliare adeguato e
sufficiente per consentire lo svolgimento delle attività
istituzionali di tutela della salute e di erogazione di prestazioni
sanitarie.
1-ter. I requisiti di cui alle lettere c) e d) non si applicano
agli ospedali specializzati di cui al decreto ministeriale 31 gennaio
1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 2 giugno 1995.
In ogni caso, non si procede alla costituzione o alla conferma in
azienda ospedaliera qualora questa costituisca il solo presidio
ospedaliero pubblico presente nella azienda unità sanitaria locale.
1-quater. Le regioni, [entro sessanta giorni dalla data di entrata
in vigore del presente decreto], trasmettono al Ministro della sanità
le proprie indicazioni ai fini della individuazione degli ospedali di
rilievo nazionale o interregionale da costituire in azienda
ospedaliera avuto riguardo a quanto previsto dal comma 1-bis. [Entro
novanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, che
modifica il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive
modificazioni], il Ministro della sanità, attenendosi alle
indicazioni pervenute dalle regioni previa verifica dei requisiti e,
in mancanza, sulla base di proprie valutazioni, formula le proprie
proposte al Consiglio dei ministri, il quale individua gli ospedali
da costituire in azienda ospedaliera. Entro sessanta giorni dalla
data della deliberazione del Consiglio dei ministri, le regioni
costituiscono in azienda, ai sensi del comma 1, i predetti ospedali.
1-quinquies. Nel predisporre il Piano sanitario regionale, e
comunque dopo [tre anni dall’entrata in vigore del presente decreto],
la regione procede a verificare la permanenza dei requisiti di cui al
comma 1-bis e a valutare l’equilibrio economico delle aziende
ospedaliere costituite nel suo ambito territoriale. In caso di grave
disavanzo nel triennio considerato, oppure di perdita dei requisiti
di cui al comma 1-bis, la costituzione in azienda viene revocata,
secondo le procedure previste per la costituzione medesima, e la
regione individua l’unità sanitaria locale subentrante nei relativi
rapporti attivi e passivi .
1-sexies. I presìdi attualmente costituiti in aziende ospedaliere,
con esclusione dei presìdi di cui al comma 6, per i quali viene
richiesta la conferma e che non soddisfano i requisiti di cui al
comma 1-bis, possono essere confermati per un periodo massimo di [tre
anni dall’entrata in vigore del presente decreto, che modifica il
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive
modificazioni], sulla base di un progetto di adeguamento presentato
dalla regione, con la procedura di cui al comma 1-quater. Alla
scadenza del termine previsto nel provvedimento di conferma, ove
permanga la carenza dei requisiti, le regioni e il ministero della
sanità attivano la procedura di cui all’ultimo periodo del comma
1-quinquies; ove i requisiti sussistano, si procede ai sensi del
comma 1-quater.
1-septies. Le regioni definiscono le modalità dell’integrazione
dell’attività assistenziale delle aziende di cui al comma 1 nella
programmazione regionale e le forme della collaborazione con le unità
sanitarie locali in rapporto alle esigenze assistenziali dell’ambito
territoriale in cui operano, anche ai sensi dell’articolo 3-septies.
1-octies. Ai progetti elaborati dalle regioni e finanziati ai sensi
dell’articolo 1, comma 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662,
e successive modificazioni, hanno titolo a partecipare anche gli enti
e gli istituti di cui al comma 12.
2. Possono essere individuati come ospedali di rilievo nazionale e
di alta specializzazione quelli che dispongono di tutte le seguenti
caratteristiche:
a) Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della
sanità, sentito il Consiglio superiore di sanità e la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le re

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