Non profit
Feltri-Boffo, Cossiga dixit
Anche l'ex presidente dice la sua sulla vicenda che ha coinvolto il direttore di Avvenire
Ancora sulle prime pagine dei giornali il caso Feltri-Boffo, e dunque la rassegna di oggi registra con scrupolo le novità e le diverse prese di posizione, nella speranza che l’informazione italiana possa seriamente tornare a occuparsi delle notizie…
- E inoltre la rassegna stampa si occupa di:
- FRECCE TRICOLORI
- MIGRANTI
- MIGRANTI
- AMBIENTE
- INFLUENZA A
Il CORRIERE DELLA SERA sceglie un tono medio, in prima, collocando la vicenda di taglio: “Tettamanzi in difesa di Boffo” è il titolo, e in occhiello: “Il giudice di Terni: nel fascicolo nessuna nota sulle inclinazioni sessuali”, e in un asciutto sommario: “Il Vaticano ricorda il suo sostegno. Polemiche tra i Poli”. Ci si attenderebbe dunque al massimo un paio di articoli e invece il fatto viene sviluppato in tre pagine interne, dalla 12 alla 14. Il pezzo forte è l’intervista all’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, piena di ammiccamenti e di mezze rivelazioni. Dopo aver espresso solidarietà a Boffo, “un gesto nobile, essendo lo stesso Avvenire che nel ’91, allora come oggi al seguito di Repubblica, chiese le mie dimissioni da capo dello Stato”, Cossiga risponde così a una domanda insidiosa di Aldo Cazzullo: cosa pensano davvero i vescovi italiani di Berlusconi? “Alcuni lo considerano come il ricco epulone. Tenga conto che per molti prelati italiani la ricchezza è peccato più grave della dissolutezza”. E gli altri? Insiste Cazzullo. “La pensano allo stesso modo – ironizza Cossiga – Però pensano anche all’8 per mille, all’esenzione dall’Ici, alle scuole private. E ai limiti imposti dal centrodestra al divorzio breve, alla fecondazione assistita, alla pillola abortiva, al testamento biologico. Ma i vescovi devono stare attenti, perché nel Pdl i cattolici sono minoranza. Non vorrei che a destra prevalesse un istinto vendicativo, e la legge sul fine vita venisse insabbiata”. Nella sua Nota, Massimo Franco infatti conferma una tensione all’interno della Chiesa: “La sagoma di Silvio Berlusconi rimane come emblema delle tensioni con la Chiesa cattolica, amplificate dalla stampa internazionale – scrive l’editorialista politico del CORRIERE -. Ma viene affiancata da quelli che appaiono malintesi, se non contrasti, fra Cei e Segreteria di Stato vaticana. Le ultime ore accreditano un episcopato deciso nella difesa di Avvenire: al punto che lo stesso arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, si è schierato senza riserve col direttore, Dino Boffo. La distinzione fisiologica dei ruoli fra Tarcisio Bertone, «capo del governo» della Santa Sede, e la Cei di Angelo Bagnasco tuttora in buona parte «ruiniana», rischia però di incrinare questa immagine. Dietro si avverte l’eco non ancora spenta del dualismo fra Bertone e Camillo Ruini, teorico puntuto del primato dei vescovi nei rapporti con l’Italia. Si accentua di rimbalzo la figura di Bertone come sostenitore di un dialogo con il governo affidato al Vaticano, mentre la Cei di Bagnasco sceglie di fare quadrato, convinta di non avere alternativa”. Intanto Paolo Foschini racconta la scelta di Dino Boffo, direttore di AVVENIRE, di difendersi e contrattaccare in ben tre pagine del quotidiano della Cei, nello spazio dedicato alla posta dei lettori “la stessa da cui, poco più di un mese fa, lasciò partire in primo attacco a Berlusconi sui doveri di dirittura morale di un premier”. Infine il quotidiano diretto da de Bortoli (silenzioso sulla vicenda) affida a Lorenzo Salvia il pezzo di cronaca sui fatti: “Il gip: nelle carte non c’è nulla sulle inclinazioni sessuali”. In realtà adesso l’attesa si concentra sulla possibilità, sinora negata ai giornalisti, di accedere agli atti, per gettare luce sulle ombre di una vicenda, quella della denuncia per molestie e del relativo patteggiamento scelto da Dino Boffo, per tacitare la signora di Terni, destinataria delle telefonate provenienti dal cellulare del direttore di AVVENIRE.
“A Boffo la solidarietà del Papa”, titola in apertura la REPUBBLICA di oggi. La Cei intanto parla apertamente di «avvertimento mafioso», mentre il segretario di stato vaticano Tarcisio Bertone, ha espresso incoraggiamento e sostegno al direttore dell’AVVENIRE. I giudici intanto confermano che l’informativa non è loro, mentre Rutelli si dice pronto a discutere del caso al Copasir. Al tema, il quotidiano diretto da Enzo Mauro dedica due editoriali: “L’officina dei veleni” di Giuseppe D’Avanzo e “Le due chiese e il principe” di Adriano Prosperi. Scrive D’Avanzo: «dalla menzogna del Giornale di Berlusconi bisogna ripartire per comprendere il metodo e le minacce di un dispositivo politico che troverà – per ordine del potere che ci governa – nuovi bersagli contro cui esercitarsi». Prosperi: «Da quella intervista (al direttore dell’Osservatore Romano, pubblicata sul Corriere di ieri, ndr.) ricaviamo un giudizio severo: ma non sull’aggressione del quotidiano berlusconiano al dottor Boffo che il cardinal Bagnasco ha definito disgustoso, bensì sulle critiche che il quotidiano diretto da Boffo aveva avanzato nei confronti del berlusconismo immorale». I servizi interni alle pagine 2 e 3 si aprono sotto un titolo che richiama quello della cover (“A Boffo la solidarietà di Benedetto XVI). Ad Attilio Bolzoni spetta invece il compito di ricostruire il caso dell’informativa su Boffo. Nel pezzo (“Il gip di Terni: Nessuna nota sulle inclinazioni sessuali”) si riportano le parole di Pierluigi Panariello, giudice per le indagini preliminari che sta decidendo se rendere pubblico o meno il fascicolo: «Dentro non c’è assolutamente nessuna nota che riguardi le inclinazioni sessuali di Dino Boffo».
Le prime otto pagine de IL GIORNALE di oggi sono sul caso Boffo-Feltri, con un’intervista sparata in prima a Silvio Berlusconi e all’interno interventi di Francesco Cossiga (che scrive per criticare la scelta del direttore), Vittorio Sgarbi (che attacca i vescovi per aver criticato il premier per una condotta «sessualmente regolare» e «offerto solidarietà al direttore di Avvenire le cui inclinazioni sessuali sono certamente trasgressive e difformi dalle indicazioni della Chiesa»). In prima pagina IL GIORNALE pubblica affiancate la lettera al direttore del vescovo di Como Monsignor Diego Coletti e la risposta di Vittorio Feltri. Il primo fa due domande: Se un patteggiamento non significa colpevolezza perché tirare subito le conseguenze definitive su Boffo? Come mai tirare fuori proprio adesso una vicenda che, a dire de IL GIORNALE, girava già da tempo? Durissimo il tono della risposta di Feltri, che nel contenuto ribadisce che «una condanna non è una questione privata» che «Il Giornale non ha lapidato nessuno». L’intervista a Silvio Berlusconi si apre con una domanda sul caso Feltri-Boffo alla quale il premier non risponde («Ho già detto tutto quello che dovevo dire. E davvero non vorrei aggiungere altro») e prosegue su altri temi: la visita a Tripoli, che il premier difende sottolineando i vantaggi per le imprese italiane degli accordi commerciali con la Libia; l’Aquila (conferma la consegna delle prime case ai terremotati per il 15 settembre a Onna); la crisi economica («è necessario essere ottimisti»). In coda due domande su Repubblica: Berlusconi precisa di aver avviato una causa civile e non una querela e dice della linea del quotidiano di Scalfari: «Se vogliono continuare a perdere lettori e credibilità facciano pure».
Quest’oggi AVVENIRE passa al contrattacco. Dino Boffo sceglie, per la sua autodifesa, la linea soft in prima pagina, e poi dà al tema ben tre pagine, quelle dedicate al dialogo con i lettori, le stesse riservate un mese fa alle osservazioni sulla condotta di Berlusconi. In prima pagina quindi, taglio basso, si dà notizia di come dal Gip di Terni sia arrivata la «smentita al Giornale», poiché «nel fascicolo conservato al Tribunale di Terni non c’è assolutamente alcuna nota che riguardi le inclinazioni sessuali del direttore di “Avvenire”» e si anticipa la «pioggia di messaggi di solidarietà a Dino Boffo». Nelle tre pagine finali, AVVENIRE pubblica a tutta pagina il pdf del certificato del casellario giudiziario di Boffo, «spacciato come sentenza», e dell'”allegato B”, ovvero l’informativa anonima che fa riferimento alla omosessualità di Boffo. Scrive il direttore: «Mai avrei creduto di pubblicare una lettera anonima, ma è diventato inevitabile. La pubblico così come è arrivata (anche solo l’idea di trascriverla a me e ai miei colleghi fa ribrezzo). Bisogna che i lettori sappiano che cosa è in realtà la “sentenza giudiziaria” maneggiata come un manganello da Vittorio Feltri. La presunta sentenza è uno sconclusionato e sgrammaticato distillato di falsità e di puro veleno, costruito a tavolino per diffamare». Boffo poi si chiede come mai tale allegato B sia ieri sparito dal Giornale, se non per «dissimulare la loro vergognosa operazione, cercando di far sparire quella che dimostra quanto sporco dia il gioco che stanno conducendo». Un pezzo di Nello Scavo entra nei dettagli di questa «paccottaglia venduta per sentenza», evidenziando come la lettera informativa non abbia né intestazione né provenienza e di come il riferimento ai dati sessuali sia senza attinenza con il reato contestato: dati che fanno facilmente capire che non si tratta di documenti ufficiali. E come «giallo nel giallo», questa pena assai lieve non avrebbe dovuto essere menzionata nel casellario giudiziario pubblico, ma solo in quello accessibile a figure istituzionali, tramite password. Pubblicato anche lo stralcio di un pezzo di Pino Nicotri, giornalista dell’Espresso, che parla di come avesse avuto questa notizia già nel 2006, chiamò Boffo e lui chiarì che le telefonate partivano dal suo ufficio: «qualcuno ha usato il mio telefono, approfittando delle mie assenze». I messaggi di solidarietà poi occupano la gran parte delle tre pagine: tra tutti spicca quello del cardinal Tettamanzi, che parla di «stima e gratitudine» per il lavoro svolto dal direttore di Avvenire, «che lettere anonime – di cui si parla e che a suo tempo anche io ho ricevuto e in quanto tali, come mio costume, non ho preso in considerazione – non possono vanificare».
IL MANIFESTO dedica le pagine 6-7 alle questioni legate a Chiesa & dintorni. In maggiore evidenza la nota di censura del Vaticano contro i 41 preti e religiosi che cinque mesi fa firmarono un appello per la libertà sul fine vita promosso dalla rivista Micromega (“Il Vaticano punisce i preti pro-Eluana”). Al caso Boffo è dedicato un articolo di Iaia Vantaggiato, che dà spazio alle dure di dichiarazioni di monsignor Domenico Mogavero, presidente del consiglio Cei per gli affari giuridici: “Contro Boffo avvertimento mafioso, Berlusconi deve cambiare stile di vita”. Mogavero conferma di aver ricevuto anche lui la nota anonima sulle inclinazioni sessuali di Boffo, che il Giornale aveva affermato fosse allegata al fascicolo giudiziario (ma ieri il Tribunale di Terni ha smentito): «Anch’io ho ricevuto quella lettera e come molti altri vescovi l’ho cestinata». Si tratta, secondo il prelato «di spazzatura maleodorante, un affaraccio brutto e inquietante». In un boxino IL MANIFESTO dà un retroscena abbastanza credibile: dopo la difesa di oggi del direttore su Avvenire, dopo la fiducia arrivata da tutta la Cei, per Boffo ci sarebbe solo la strada delle dimissioni «per il bene della Chiesa». Si parla già di un vicedirettore del Sole 24 Ore in arrivo. La spalla politica (“Il Pdl santifica Feltri: con lui milioni di italiani”) segnala che nel Pd starebbe prendendo quota l’idea di una manifestazione per la libertà di informazione.
“Per Boffo solidarietà e attacchi” titola il SOLE 24 ORE a pagina 16, e oltre alla cronaca della giornata di ieri (fatta di smentite e accuse) c’è una mappa grafica del potere CEI e della crescita del «grande centro» che fa capo, secondo il SOLE, al cardinale Tarcisio Bertone (con Bagnasco) mentre alle due ali – sinistra e destra – ci sono rispettivamente Tettamanzi e Ruini. In un altro pezzo si analizza poi il cambiamento in corso in Vaticano ad opera sempre di Bertone, che ora è libero finalmente di accentrare su di sé i poteri di trattativa con il governo e le istituzioni italiane, togliendoli alla Cei, che invece con Ruini aveva un ruolo preminente.
Grazie a Feltri l’anti-berlusconiano Mogavero chiede la testa di Boffo. E’ la tesi dell’editoriale intitolato “Ha vinto il vescovo anti-Cav” scritto del direttore di ITALIA OGGI Franco Bechis. Il direttore del quotidiano dei professionisti riprende una notizia battuta ieri dalle agenzie sulla richiesta avanzata da Mons. Domenico Mogavero, vescovo del comune di Mazara del Vallo e presidente del consiglio Cei per gli affari giuridici, che ieri ha ipotizzato un «passo indietro» di Boffo per il «bene del giornale e della Chiesa». E’ proprio il caso di dirlo: non tutte le polemiche vengono per nuocere. Anzi, spesso sono anche degli assist. Scrive Bechis:«Ironia della sorte, è proprio lui, che accusava Boffo di eccessiva morbidezza nei confronti del premier, a schiacciare la palla alzata da Vittorio Feltri». Ma c’è di più. La polemica innestata da Feltri, sostiene l’editoriale di Bechis, ha anche incontrato il compiacimento di Mons. Mogavero in quanto ha fatto annullare l’incontro tra Berlusconi e il cardinale Bertone all’Aquila.
Ancora Bechis: «Il 24 giugno scorso sempre Mogavero chiedeva al premier italiano le dimissioni che oggi ventila per Boffo». Anche allora, ricorda Bechis, Mogavero disse:«Non escudo un passo indietro del presidente del Consiglio».
“Boffo: «Voglio uscire a testa alta». Ma in Vaticano crescono le pressioni perché il direttore di Avvenire si dimetta”: titolo e occhiello della pagina 9 de LA STAMPA. Il fondo di Fabio Martini che descrive un Dino Boffo «molto provato, che per la prima volta ha preso in considerazione (alfine scartandola) l’idea di mollare tutto», dopo che dietro le quinte si è aperto «un braccio di ferro fra opposte correnti curiali». Sia pure «con le rotondità del linguaggio curiale», risultano però «insolitamente aspre le osservazioni del direttore dell’Osservatore romano Giovanni Maria Vian, che rimprovera ad Avvenire qualche scelta imprudente. Più esplicito monsignor Domenico Mogavero, il «ministro della giustizia» della Cei, secondo cui Boffo dovrebbe valutare le dimissioni per «il bene della Chiesa e del giornale». Una richiesta condita di espressioni come: «Se Boffo accettasse anche di passare per un disgraziato pur di non nuocere alla causa del giornale, farebbe la cosa giusta». In realtà, secondo quanto dice l’autore del pezzo, le pressioni su Boffo corrispondono ad una «forte (e riservatissima) dialettica già da tempo in corso fra Vaticano e Cei per il primato sulla politica italiana»: insomma giochi di potere, su chi deve gestire i rapporti con le istituzioni politiche e Avvenire era l’ultimo avamposto della «gestione Cei». In appoggio all’articolo, un’intervista a Monsignor Mogavero dal titolo piuttosto eloquente: “«Questo attacco sembra un messaggio mafioso”» . Il presidente del consiglio per gli Affari giuridici, «numero tre della Cei nell’era Ruini» conferma che tre mesi fa, quando l’informativa è girata, i vertici della Cei ne hanno chiesto conto a Boffo e hanno ritenuto la sua spiegazione plausibile. Quindi, se oggi lui si dimettesse per “senso di responsabilità” agli occhi della Chiesa non sarebbe affatto un’ammissione di colpe. Ma il tentativo di non trascinare il quotidiano in queste polemiche che lo distolgono dalle battaglie finora portate avanti. Ma forse neppure questo basterebbe, perché «l’attacco a Boffo sembra un avvertimento mafioso e fa indignare qualunque coscienza libera». E ancora: «Violando la legge qualcuno probabilmente ha fotocopiato documenti, mettendo mano in un casellario giudiziario di una procura. La citazione dei cardinali Ruini e Tettamanzi è sintomatica. Sembra una rappresaglia, un’intimidazione». E aggiunge: «non credo proprio che Berlusconi fosse all’oscuro della vicenda».
E inoltre sui giornali di oggi:
FRECCE TRICOLORI
CORRIERE DELLA SERA – Il giornale apre così: “Frecce tricolori, un caso in Libia”. Tripoli chiede il fumo verde. Gli italiani: così non voliamo. Si è rischiato l’incidente diplomatico fra l’Italia e l'”amico” Gheddafi, che pretendeva un’esibizione del tutto particolare dalla pattuglia acrobatica militare italiana, ossia un getto di fumo solo verde, il colore della bandiera libica, a suggello della grande festa per l’anniversario della Rivoluzione. Nello stesso giorno Gheddafi attacca Israele: “Dietro le guerre in Africa”. Difficilmente oggi le Frecce Tricolori solcheranno il cielo di Tripoli se non per un semplice sorvolo. Missione rientrata.
MIGRANTI
REPUBBLICA – “Immigrati, la Ue chiede chiarimenti”. La Ue ha chiesto all’Italia informazioni sull’ultimo respingimento, in base al principio che «Ogni uomo ha diritto di chiedere lo status di rifugiato». Alla vicenda REPUBBLICA dedica l’intera pag 9. Il ministro Maroni ha però già detto che i respingimenti continueranno. Protesta dell’Unhcr con la portavoce italiana Laura Boldrini: violata la convenzione di Ginevra, molti dei migranti avevano diritto all’asilo politico. Sulla questione Luciano Nigro ricostruisce le ragione della nascita del nuovo asse Fini-D’Alema in funzione anti Lega. Lo spunto lo dà l’organizzazione congiunta delle fondazioni (Fare futuro e Italianieuropei) che fanno capo ai due leader di un incontro che mette al centro l’integrazione dei nuovi italiani. Fra i temi sul tappeto la cittadinanza rapida e l’introduzione dello studio della cultura islamica nelle scuole.
IL GIORNALE – “Maroni: i respingimenti andranno avanti”. Una pagina di cronaca che dà spazio soprattutto alle dichiarazioni del ministro Roberto Maroni dopo che la Commissione dell’Unione europea ha chiesto chiarimenti sull’ultimo barcone rimandato in Libia. In un box la notizia sulle condizioni dei bambini immigrati nei centri per l’immigrazione in Gran Bretagna: il caso è venuto fuori grazie alle associazioni dei diritti dei minori che hanno chiesto i dati sulle condizioni dei figli dei migranti finiti con le loro famiglie nei centri di detenzione temporanea del Regno Unito, dati che poi sono stati pubblicate dal “Guardian”. Il quadro è preoccupante: la maggior parte dei bambini, rinchiusi anche per periodi superiori a 28 giorni, hanno meno di cinque anni. Gli addetti ai lavori dicono che i bambini, al termine dell’esperienza, soffrono spesso di disturbi comportamentali e stress acuto.
IL MANIFESTO – “Made in Italy” è il titolo di apertura del giornale, su una foto di un barcone di disperati. Il reportage da Tripoli di Stefano Liberti (“Il diritto d’asilo finisce nel centro di detenzione”) raccoglie le testimonianze di alcuni degli eritrei respinti nei giorni scorsi: «Noi abbiamo chiesto soccorso. Loro sono arrivati, ci hanno presi e riportati indietro». Richard, per esempio, che «se fosse arrivato in Italia, avrebbe ottenuto in modo pressoché automatico il diritto d’asilo, in Libia è invece oggi in un centro di detenzione colpevole di aver tentato di lasciare il paese clandestinamente».
LA STAMPA – Il caso del barcone intercettato domenica a 24 miglia da Capo Passero, e respinto in Africa, sta facendo rumore e fa sorgere qualche dubbio sull’efficacia dei controlli in mare aperto. L’accusa è che ad essere stati respinti siano somali richiedenti asilo e imploranti di non essere rimandati in Libia. Ad affermarlo l’Unhcr e Bruxelles attende le spiegazioni alla lettera procedurale inviata a Roma e a La Valletta. I 75 respinti affermano di aver chiesto asilo in inglese e in italiano. Un somalo che collabora con la Bbc a Roma conferma di aver ricevuto una chiamata con il satellitare proprio dai somali bloccati dagli italiani. «Da fonti autorevoli del Viminale trapela un certo nervosismo, anche rispetto ai chiarimenti chiesti all’Unione europea», perché: «Non c’è nessuna direttiva dell’Onu o della Ue che pretende che venga concesso asilo politico a una popolazione indistinta. Al comandante di una motovedetta di soccorso è attribuita una funzione consolare. Noi rispettiamo la convenzione Onu di Palermo contro la tratta e il traffico di clandestini. La convenzione stabilisce che uno stato deve intervenire nei confronti di una nave, di un battello, di un gommone della nazionalità sconosciuta e con a bordo presumibilmente dei clandestini, e deve riconsegnarli ai paesi di proveniezna», si sfoga la fonte de LA STAMPA.
BADANTI
AVVENIRE-Parte oggi l’emersione di colf e badanti. La novità di ieri è l’accordo firmato tra Anci e Ministero del Welfare: per aiutare gli anziani in difficoltà con la procedura informatizzata, i Comuni mettono in campo – volontariamente – sportelli dedicati e operatori a domicilio.
AMBIENTE
AVVVENIRE-Oggi la Chiesa italiana celebra la Giornata per la salvaguardia del creato, dedicata quest’anno in particolare alla tutela dell’aria. In prima pagina l’editoriale è affidato a Pierangelo Sequeri, acuto come sempre: la questione ambientale non può ridursi allo smaltimento dei rifiuti, ma serve un «nuovo umanesimo dell’habitat», con il coraggio di giudicare e lasciarsi giudicare per il modo in cui consumiamo, coltiviamo (o non coltiviamo) la terra, come educhiamo a entrambe le cose. «Il mondo non fu creato per funzionare da solo», Dio immaginò «la responsabile custodia di uomo e donna»: chiediamo la grazia, anche con parole laiche, di «non perdere, per noi e per i nostri figli, la dignità di interlocutori del destino dell’uomo e del mondo», bisogna recuperare «l’orgoglio di rendere testimonianza alla concreta possibilità di rendere più bella la terra, mostrando che è realmente possibile togliere aria al consumismo tecno-nichilistico, restituendo ossigeno all’umano desertificato».
INFLUENZA A
REPUBBLICA – In R2 Umberto Veronesi risponde alla domanda se dobbiamo avere paura del virus. «Io penso», dice Veronesi, «che il panico è da escludere. La prudenza no. Tutti i virus influenzali causano una lieve mortalità, in media attorno all’1 per mille dei contagiati. Al momento questo nuovo virus non sembra discostarsi sostanzialmente da questa percentuale, anche se dobbiamo tenere conto che, in caso di dati mondiali, i numeri relativi al contagio sono di difficile interpretazione, con strutture sanitarie meno avanzate, numerosi casi non vengono identificati e neppure segnalati».
SOLE24ORE – Arriva la pandemia, e il SOLE pubblica i consigli per le aziende che potrebbero essere paralizzate dai dipendenti (e dirigenti) malati. Eccoli: proteggere i manager (per esempio non facendoli viaggiare insieme), salvaguardare i rapporti con i fornitori pur riducendo i contatti diretti, introdurre il telelavoro, valutare lo stato di salute dei dipendenti (come?). Alcune aziende poi si stanno attrezzando in autonomia: Eni per esempio avvierà a breve un programma di vaccinazione volontaria per tutti i dipendenti; Fiat è in costante contatto con l’ospedale Amedeo di Savoia di Torino, con cui discuterà il da farsi in caso di emergenza; Coop ed Esselunga – ovviamente molto preoccupate dal contatto con il pubblico – stanno mettendo a punto misure di prevenzione che verranno discusse anche a livello di Federdistribuzione in un incontro di metà settembre.
LA STAMPA – È il tema d’apertura de LA STAMPA (“Influenza A, c’è il piano ma è scontro sul vaccino”). In un vertice a Palazzo Chigi il governo ha fissato i punti chiave del piano d’emergenza che prevede la vaccinazione di almeno 8 milioni di italiani ed esclude il rinvio delle aperture delle scuole. In un’intervista a LA STAMPA il vice ministro della Salute Ferruccio Fazio assicura che è tutto sotto controllo (è vero che il peggio deve ancora venire, ma in termini numerici e non per gravità dei sintomi. Mentre su un’eventuale chiusura delle scuole dice: sarebbe inutile, tanto i giovani starebbero comunque coi giovani e l’influenza si diffonderebbe lo stesso), ma il farmacologo Silvio Garattini, invitando a non creare allarmismi, replica: «il vaccino non esiste finché non viene testato». Anche secondo lui l’apertura posticipata delle scuola non ha senso, anche perché stando alle previsioni di picco dovrebbe rimanere chiusa fino alla fine dell’anno se non oltre. Piuttosto si può pensare a una chiusura mirata, di qualche scuola particolarmente esposta.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.