Non profit

Le multinazionali e la guerra

Uno choccante report di Global Witness Limited svela i retroscena del conflitto congolese che dura da 12 anni

di Lorenzo Alvaro

In molte aree delle province dei Kivu, gruppi armati ed esercito congolese controllano il commercio di stagno, oro, coltan e altri minerali. Questi gruppi hanno accesso illimitato ai minerali e sono in grado di stabilire reti commerciali redditizie, e sostenere quindi questa guerra sanguinosa. Questa dunque in breve la tesi sulla provenienza dei massicci proventi che alimentano il conflitto nel Congo orientale sostenuta dall’ultimo rapporto, «Faced with a gun, what can you do?», redatto dalla Ong internazionale Global Witness Limited e pubblicato il 20 luglio.
Secondo Global Witness, la militarizzazione delle attività estrattive sta logorando il paese da oltre 12 anni. Il rapporto descrive come tutte le parti coinvolte nel conflitto siano responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, tra cui l’uccisione di civili, violenze sessuali, torture, saccheggio e reclutamento di bambini soldato oltre allo sfollamento forzato intere comunità.
Ma c’è di più, Global Witness rilancia sostenendo che nessuno può sottrarsi alla condanna per ciò che sta accadendo in Congo: ribelli, forze armate, compagnie straniere e governi. Questo rapporto pone in evidenza come a volte i ribelli e i gruppi militari si dividano i profitti, negoziando di fatto il controllo sulle diverse aree e il transito attraverso il territorio nemico. Il rapporto riporta inoltre interviste in cui commercianti ammettono come tutti i loro colleghi acquistino minerali estratti illegalmente, quali che siano le conseguenze. Questi minerali vengono poi venduti alle multinazionali che a loro volta sono pienamente consapevoli della loro provenienza, oltre che delle conseguenze delle proprie azioni. Ecco dunque come neanche o sopratutto l’occidente possa sentirsi estraneo a questa barbarie.
Sebbene siano ben documentate da anni le sofferenze provocate dallo sfruttamento illecito delle risorse minerarie infatti, non è stata intrapresa alcuna azione efficace «per porre termine a questo commercio assassino». Al contrario, le parti in conflitto hanno consolidato le proprie basi economiche e si sono sempre più radicate nel territorio.
Global Witness ha scoperto, scrivendo a più di 200 compagnie, che la maggior parte non prevedevano alcun tipo di controllo sull’ingresso di approvvigionamento di minerali legati alla situazione del conflitto. Dal rapporto si scopre poi che governi, tra cui quelli del Regno Unito e del Belgio, stanno addirittura sabotando la propria assistenza per lo sviluppo e gli sforzi diplomatici intesi a porre fine al conflitto ormai in corso da 12 anni, pur di evitare il fallimento delle proprie compagnie nazionali.

(Allegate in alto a sinistra uno slideshow di foto che documentano gli orrori)


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