Cultura

MEETING. Tony Blair «Mi sembra di tornare a casa»

Ieri l'ex premier britannico ha raccontato la sua conversione e sulla globalizzazione ha detto che «solo grazie alla Chiesa potremo governarla e non esserne schiavi»

di Redazione

da Rimini

Ieri ad ascoltare Tony Blair, già premier britannico e oggi presidente della Tony Blair Faith Foundation e inviato per la pace in Medio Oriente su mandato di Onu, Ue, Usa e Russia erano in 15mila.
Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, nell’introdurre l’incontro dopo aver ricordato l’attività di Blair e l’importanza della sua attività nel riformare e migliorare i servizi pubblici britannici e nel contesto internazionale (fondamentale il suo ruolo per la fine del conflitto nell’Irlanda del Nord) ha sottolineato che «è un grande onore poterla ospitare, questo è uno dei più importanti incontri di questi trent’anni di Meeting».
L’ex primo ministro ha svolto un intervento nel quale non ha risparmiato affermazioni molto coraggiose e delicate, raccontando molti episodi della sua esperienza personale inerenti alla sua attività politica ed al suo rapporto con la fede e con la Chiesa. «Per me è un privilegio partecipare al famoso Meeting di Rimini, un onore essere qui con voi ed essere associato a Comunione e Liberazione», ha esordito. «Sono un neofita nella Chiesa cattolica, ma da quando ho iniziato il mio percorso di conversione mi sembra di ritornare a casa».

In merito al rapporto tra stato, individuo e comunità Blair ha osservato che «lo stato funziona meglio quando sostiene e supporta gli sforzi degli individui, non quando si sostituisce a essi. Lo stato deve organizzare i servizi pubblici, ma non necessariamente li deve gestire tutti direttamente». Su questo tema l’ex premier ha raccontato la sua esperienza personale: «Il welfare state degli inizi del ventesimo secolo oggi è inadeguato per rispondere ai bisogni degli individui. Occorre un equilibrio tra una concezione dello stato opprimente e un mercato incontrollato ed è quello che ho cercato di fare io in quella concezione di organizzazione dei rapporti tra stato e mercato definita “terza via”. Inoltre è molto importante il ruolo del volontariato e della società civile, e in questo ringrazio il professor Vittadini e la Fondazione per la Sussidiarietà per il suo prezioso lavoro».
Nel cuore del suo intervento, Blair si è soffermato sul ruolo pubblico della fede: «Perché una società funzioni armoniosamente, non bastano il ruolo dello stato, della persona e della comunità, occorre che ci sia un posto anche per la fede». Secondo Blair, «la crisi finanziaria dimostra come la ricerca del profitto a dispetto del bene comune è dannosa per l’individuo, così come una concezione materialistica ed edonistica della persona e, quindi, della comunità. Proprio qui entra in gioco la fede, perché senza Dio l’uomo non sa più né chi è né dove deve andare».
Blair ha poi affermato che «solo grazie alla Chiesa potremo governare e non essere schiavi della globalizzazione». E sul dialogo con le altre culture e religioni «è importante confrontarsi con rispetto reciproco, ma senza diventare tutti la stessa cosa». Di qui quella che il relatore stesso ha definito la sfida del ventunesimo secolo: «Fede e ragione sono alleate, non in contraddizione. Per questo la voce della Chiesa deve essere sempre ascoltata con fiducia e attenzione».
Rispondendo a Giorgio Vittadini l’ex premier inglese sui tratti più innovativi che hanno caratterizzato le trasformazioni vissute dalla Gran Bretagna in questi ultimi anni ha detto: «Avevamo la convinzione di dover riformare i servizi alla persona. Li abbiamo quindi liberalizzati, in modo che il cittadino avesse la libertà di scelta qualora non si sentisse soddisfatto. Poi abbiamo lavorato sul Welfare state, in modo che le persone vedessero lo Stato come un aiuto e non come un ostacolo». Il concetto fondamentale è che «lo Stato non deve mai sostituirsi alla persona».

Sulla conversione, Blair scherza: «È colpa di mia moglie». Poi racconta di quando – non riconosciuto – fu invitato a presentarsi ai fedeli in una chiesa giapponese, cosa che non mancò di fare con un informale: «Salve, mi chiamo Tony e vengo da Londra». Ma il tono dell’ex leader britannico si fa serio quando afferma che nella Chiesa cattolica si sente a casa, «non solo per il suo magistero, ma per la natura universale della Chiesa».
Al presidente della Fondazione per la sussidiarietà che gli chiede come si fa a costruire una società multiculturale. La risposta è chiara: «Ognuno deve conservare la sua identità, ma tutti si devono riconoscere in valori condivisi». E tra questi rientrano «le radici giudaico-cristiane dell’Europa: dobbiamo essere orgogliosi di questo».
L’ultima domanda è sul Medio Oriente. Blair spiega che a «Israele deve essere garantita la sicurezza e i palestinesi deve essere riconosciuta la dignità di Stato. Ma per realizzare tutto ciò serve fiducia reciproca».

 

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