Non profit

5 per mille, pagatecelo con gli interessi

«È ora di renderlo stabile. E serve una messa a regime dei pagamenti. Il Libro bianco? Speriamo diventi qualcosa di più di un libro»

di Antonietta Nembri

«Il nostro tessuto sociale tiene perché ci sono le opere. In Italia c’è un tessuto sociale fatto di persone che sono riuscite ad autorganizzarsi. Basti pensare ai Centri di solidarietà, a chi aiuta a trovare lavoro. È un tessuto che nasce dalla società civile». Un tessuto che è in grado di fronteggiare la crisi, secondo Monica Poletto, presidente di CdO Opere sociali. I veri problemi, caso mai, sono altri: «Gli assurdi ritardi dei pagamenti da parte degli enti pubblici (vedi articolo pagina 8, ndr). E soprattutto la crisi del sistema del welfare, con il rischio di considerare «il non profit come il subfornitore degli enti pubblici» continua. «Per questo confidiamo nel fatto che il Libro bianco diventi più di un libro. Quando noi enfatizziamo il discorso della libertà di scelta, non lo facciamo per impugnare una bandiera. Il fatto stesso che chi usufruisce di un servizio non sia la persona che lo valuta è un meccanismo che ci penalizza, andare verso la libera scelta premia la qualità».
In questa ottica il 5 per mille è un tema che sta a cuore al mondo di Monica Poletto. «Vogliamo che diventi stabile. Ci piace tantissimo questa legge sussidiaria grazie alla quale il cittadino può identificare l’ente cui donare. È un’opportunità utile per tante piccole realtà». «Occorre fare un ultimo sforzo e trovare le risorse. Stiamo lavorando con l’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà», continua. «Culturalmente è passata l’idea che non è un’elemosina. L’assurdità è che occorrano tre anni per pagare. Serve una messa a regime per i pagamenti o che si riconoscano gli interessi dei ritardi».
Quanto all’inchiesta parlamentare sul non profit invocata da alcuni parlamentari del Pdl, Monica Poletto la liquida così: «Siamo ad agosto e per riempire le pagine si usano le eccezioni come se fossero la regola».
Sulla proposta di Federsolidarietà – lanciata da Vilma Mazzocco dalle pagine di Vita – di una revisione della legge sulla cooperazione sociale con un allargamento all’ambito sanitario, la presidente di CdO Opere sociali sottolinea l’importanza della presenza di tanti strumenti :«Non tutto è cooperazione. In una corretta pluralità di forme va bene anche questo. Purtroppo il mondo del non profit vive un problema di confusione legislativa. Occorrerebbe avere il coraggio di decidere un reale riordino, in fondo il nostro Codice civile è del 1942. La legge sull’impresa sociale è bella, ma manca di qualsiasi corredo agevolativo, non per le agevolazioni in sé, ma perché nel momento in cui riconosci in un soggetto l’utilità sociale lo tratti peggio di una spa e gli imponi più adempimenti».


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