Cultura

Un’indagine romana sulle orme di Gadda

Nuova avventura per il commissario Ponzetti

di Redazione

Una luminosità particolare rimane costantemente sullo sfondo nel romanzo di Giovanni Ricciardi, come il precedente I gatti lo sapranno ambientato nella capitale, dove si muovono le indagini del commissario Ottavio Ponzetti. Un’atmosfera insolita per un racconto a tinte noir o giallo (definizione che stanno strette al libro di Ricciardi), ben costruito, con una scrittura agile e letteraria insieme, con momenti anche comici, ambientato nel mondo della scuola, per scoprire cosa si nasconde dietro la scomparsa di un professore e la fragilità e i tormenti di una adolescente e della sua famiglia nel quartiere proverbialmente alto borghese dei Parioli.
Se il modello dichiarato, con tutta umiltà, ovviamente, dall’autore resta l’indagine dolorosa di Carlo Emilio Gadda nella Roma del pasticciaccio indistricabile, alla rabbia dell’imperfezione e dell’incompiutezza, del dominio del male sulla «debilitata ragione umana» che angoscia il commissario Ingravallo, si sostituisce la coscienza-elogio dell’imperfezione umana di Ponzetti, la reiterata capacità di ammettere i propri errori ascoltando gli altri e, soprattutto, il riconoscimento, sempre sull’orizzonte degli accadimenti, che qualcosa di inaspettato possa sempre capitare, come nella sorpresa del finale, legata proprio a quel senso di inizialità e di chiarore, come di mattina presto, per cui il male, che pure percorre l’esistenza, e più ancora quella di un commissario di polizia, possa non essere nera disperazione o, peggio, rassegnazione.
Così, se le voci di dentro e le voci di carta – titoli rispettivamente della prima e della seconda parte – «portavano dunque ad un vicolo cieco», risolutiva la terza voce, la più sottile, la più piccina della grande tradizione di accoglienza del popolo romano. «Tanti secoli fa, racconta la tradizione, una giovane pellegrina che era venuta a Roma aveva smarrita la strada al calar del sole e fu presa dal terrore delle tenebre che avanzavano. Ma poi, nel suo abbattimento, udì da lontano la voce di una piccola campana, e seguendo quella ritrovò la strada. Da allora, tutti i giorni, la sperduta, la più piccola campana di Santa Maria Maggiore, alle nove della sera suona da sola per far ritrovare la via a chi si è smarrito».

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