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CRISI. Un contribuente su sette a rischio povertà
Le maggiori criticità nei piccoli capoluoghi sardi e al Centro-Nord
di Redazione
Un contribuente italiano su sette rischia di non arrivare a fine mese. E le situazioni più critiche si registrano nei piccoli capoluoghi sardi e al Centro-Nord. Sono i risultati di una ricerca del Centro Studi Sintesi di Venezia sul rischio povertà locale, realizzata sull’elaborazione dei dati 2006 Istat e Mef-Dipartimento delle finanze.
L’indice del rischio di povertà locale esprime la percentuale di contribuenti che dichiara un reddito inferiore a una determinata soglia critica: tale soglia è variabile in base ai differenti livelli di costo della vita che si registrano nella Penisola, oscillando dai 12.406 euro annui di Milano ai 7.660 di Matera.
Entrando nel dettaglio dei risultati, è Villacidro, comune della nuova provincia sarda del Medio Campidano, la città più esposta, con oltre il 30% dei contribuenti di reddito inferiore alla soglia di povertà locale.
Al secondo posto Rimini, con il 26,3%. Dopo la città romagnola, si posizionano altre due province sarde, Sanluri (Medio Campidano) con il 24,8% e Tortolì (Ogliastra) con il 23,0%; al quinto posto Brescia (21,7%), seguita da Cesena (20,7%), Verbania (20,3%), Frosinone (19,9%), Massa (19,4%) e Como (19,3%).
I tassi di rischio più bassi si riscontrano, invece, ad Avellino (6,6%), Potenza (6,8%), L’Aquila (7,1%) e Matera (7,2).
Restringendo l’osservazione alle grandi città, Torino, con il 19,1% dei contribuenti con livello di reddito inferiore alla soglia di povertà locale, si attesta all’11ma posizione, e risulta in una situazione più rischiosa di Napoli (16,4%), che occupa la 36ma posizione. Inoltre, Roma (11,5%) con l’80ma posizione sembra stare meglio di Milano (19,1%) che si attesta alla 12ma posizione, mentre Genova (13,9%) al 57mo posto appare più tranquilla rispetto a Venezia (17,4%), al 26mo.
«Tra le 20 città con gli indici di povertà locale più elevati – affermano i ricercatori del Centro Studi Sintesi – ben 15 appartengono alle regioni del Centro-Nord. I contribuenti del Settentrione, però, non sono più poveri in assoluto rispetto a quelli del Sud: l’analisi è in termini relativi e tali risultati sono quindi «imputabili al maggiore costo della vita riscontrabile nei comuni settentrionali, che erode il reddito delle persone fisiche in proporzione maggiore di quanto non avvenga al Sud».
«Disporre di un reddito in linea con la media nazionale di per sé – concludono i ricercatori -non mette i cittadini al riparo dal rischio povertà», poiché molto dipende dal costo della vita della città in cui si vive e si lavora.
Scarica il rapporto:
L’indice del rischio di povertà locale
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