Welfare
CARCERE. Il parroco di Rebibbia: il piano di Alfano è inutile
Don Piersandro Spriano: «Serve una depenalizzazione dei reati»
di Redazione
Il nuovo piano carceri annunciato nei giorni scorsi dal ministro della Giustizia Angelino Alfano non risolvera’ nulla, la costruzione di nuove carceri non e’ una priorita’. E’ questa la presa di posizione del parroco del penitenziario della Rebibbia, don Piersandro Spriano, in merito a quanto affermato dal Guardasigilli che aveva chiesto i fondi dell’Ue per l’edificazione di nuovi penitenziari. ”Io credo – ha detto don Spriano ai microfoni della Radio Vaticana – che sia anche questa una misura che non contrasta nulla: per costruire carceri, lo sappiamo tutti, ci vogliono anni e anni; ne abbiamo gia’ costruiti e sono li’, come monumenti inutili, perche’ poi non ci sono i soldi per riempire le carceri delle strutture necessarie, per riempire le carceri di personale di custodia, di operatori dei trattamenti, eccetera”. ”E quindi – ha aggiunto – se non si mette mano al Codice penale, alla depenalizzazione dei reati, a non immaginare che tutto debba essere semplicemente ‘punito’ con il carcere, io credo che potremmo costruirne 100 all’anno e non risolveremmo il problema!”. Don Spriano sottolinea che proprio sul Codice penale ”in questi anni si sono fatte mille commissioni ma non si e’ mai arrivati ad una riforma; parlo del fatto di praticare delle misure alternative che invece diventano sempre piu’ strette: pensi che su Roma abbiamo circa 2.500 detenuti e ne abbiamo 50 in semi-liberta’; e poi piu’ del 50% dei detenuti non sono ancora condannati in maniera definitiva, non dovrebbero stare nemmeno in carcere, pero’ stanno li”’. Ancora sulla condizione vita carceraria a Rebibbia, don Spriano racconta: ”La maggior parte dei detenuti attualmente sono in una situazione di apatia perche’ capiscono che non si vuole andare da nessuna parte se non detenerli e basta. A Rebibbia, si stanno comportando in maniera dignitosa, perche’ a fronte di innumerevoli privazioni, la vita dentro – nonostante questi numeri esagerati – e’ una vita accettabile. Non ci sono risse, litigi eccetera. Si chiede che non si pensi a ‘sicurezza uguale carcere”’. ”E poi, – osserva ancora il prete – io chiederei a noi cittadini liberi, e poi a noi cristiani, di provare ad aprire la nostra mentalita’ per accogliere queste persone nel momento in cui – per esempio – escono. La gran parte di quelli che escono automaticamente sono pressoche’ costretti a tornare in carcere perche’ non trovano piu’ alcun tipo di accoglienza da parte di nessuno”.
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