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Bolt: «Sono figlio del dolore»

Ecco la storia dell'uomo più veloce del mondo

di Redazione

«Quella è la nostra origine. Siamo figli del dolore», dice di se stesso Usain Bolt. All’inizio dell’Ottocento a Trelawny, la sua città natale in Giamaica, si contavano più di 30.000 schiavi, che lavoravano nelle piantagioni di canna da zucchero. Così Gianni Merlo, sulla Gazzetta dello Sport racconta la storia dell’uomo più veloce del mondo: «Un numero enorme per l’epoca. Ma in quel fazzoletto di terra il predicatore battista William Knibb, che odiava la discriminazione e voleva ogni uomo libero, piantò il seme della rivolta. Era il 1832. Divampò quella che fu chiamata la Baptist War. Gli schiavi si ribellarono, perché era corsa voce fra di loro che erano stati liberati, ma la novità era stata nascosta dai loro padroni. Knibb fu imprigionato e spedito in esilio in Gran Bretagna. Molti schiavi furono impiccati, ma sei anni dopo arrivò la liberazione. A poco a poco le piantagioni persero lavoratori e l’economia dell’area conobbe un tracollo. Gli ex schiavi fondarono nuovi villaggi non lontano da Falmuth».
Bolt è nato e cresciuto a Sherwood Contents, uno dei villaggi costruiti dopo l’integrazione. La terra è ondulata. Ci sono delle collinette. La modesta casa della sua famiglia è nel verde. Forse mille anime vivono sparsi qua e là. Gli abitanti, dopo i trionfi di Usain a Pechino, hanno spedito una lettera al Governo, chiedendo che mettessero a posto la strada disastrata che li collega a Falmuth per avere la possibilità di festeggiare nel modo dovuto il loro figlio veloce. Qualcuno ha aggiunto anche la richiesta di portare l’acqua corrente in certe case, che sono strette parenti di quelle messe in piedi alla fine della schiavitù.

L’allenatore che lo ha scoperto

Usain è un ragazzo inquieto e incontenibile. Come tutti i suoi coetanei corre, perché correre è il divertimento dei giamaicani. È il loro pallone. Nel 2001 vince la sua prima medaglia sulla distanza dei 200 metri nel campionato scolastico, con un tempo di 22″04. Nello stesso anno partecipa alla sua prima competizione a livello nazionale (i Carifta Games, destinati ai giovani fino a 17 anni di età della comunità caraibica), ottenendo una medaglia d’argento sui 400 metri piani (tempo: 48″28).
Il 2005 è un anno fondamentale per Bolt. Il nuovo coach è il giamaicano Glen Mills. Mills decide di far cambiare l’approccio mentale che Bolt ha nei confronti dello sport: così, dieci giorni prima del suo diciannovesimo compleanno, Bolt fa registrare il tempo di 19″99 sui 200 metri, diventando il primo atleta a scendere sotto i 20″ in questa distanza in un torneo juniores. Sfortunatamente, durante i Campionati del Mondo del 2005, si infortuna durante la gara ed arriva ultimo con un tempo altissimo (26″27).
Tra il 2005 e il 2006 entra nella top 5 del ranking mondiale. Nel 2006 migliora il suo record personale nei 200 metri: corre la distanza in 19″88 al Grand Prix di Losanna, ottenendo una medaglia di bronzo (dietro gli americani Xavier Carter e Tyson Gay).

Un premio molto speciale
Tra i vari titoli Bolt ha vinto anche il Laureus World Sportsman of the Year Award 2009 (Campione dell’anno), grazie agli straordinari risultati ottenuti lo scorso anno alle Olimpiadi di Pechino. A Pechino, Bolt era diventato il primo uomo della storia a vincere i 100 metri piani (9,69 secondi), i 200 metri piani (19,30 secondi) e la staffetta 4×100 metri, discipline in cui detiene anche i record mondiali, tutti stabiliti nella stessa edizione dei Giochi Olimpici.  Nei 200 metri Bolt ha battuto il record di 19,32 secondi, conquistato da Michael Johnson, membro della Laureus World Sports Academy, alle Olimpiadi di Atlanta del 1996. Lo stesso  Michael Johnson, membro della Laureus World Sports Academy, ha dichiarato: «Senza alcun dubbio, la prova nei cento metri di Usain è stata la più spettacolare che abbia mai visto. Le sue prestazioni sportive, negli ultimi due anni, sono state eccezionali e si merita completamente il riconoscimento Laureus World Sportsman of the Year. Di tanto in tanto vi sono atleti che entrano nella storia, e penso che Usain Bolt sia uno di questi. Per me fu nel 1996, per Carl Lewis nel 1984 e per Jesse Owens nel 1936; ora è il momento di Usain.  Non vuole solamente vincere gare e medaglie ma desidera mettere alla prova i limiti delle capacità umane. Sono felice per lui e gli faccio i complimenti per aver battuto il mio record mondiale nei 200 metri. Tuttavia non posso ancora dire che sia il più grande sprinter che abbia mai visto. Affinché diventi il migliore, dovrà vincere l’oro a un’altra Olimpiade o a un Mondiale, per dimostrare coerenza e longevità sportiva. Ma non ho alcun motivo di pensare che non riuscirà nell’impresa».

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