TEMPI DURI. Anche per Barack Obama. Vorrebbe più salute per tutti, ma il suo piano di salute globale non è ancora stato approvato dal Congresso ed anzi il progetto incontra sempre più resistenze. A quelle, scontate, delle lobby assicurative e dei repubblicani, si sono aggiunte le obiezioni della fronda democratica (i blue collars) e dell’Osservatorio italiano sull’azione globale contro l’Aids (che denuncia un taglio di 6,6 miliardi di dollari). Persino i potenziali beneficiari della riforma sono incerti, temendo il probabile aumento delle tasse (causa crisi, il deficit federale è a quota 1,8 trilioni di dollari).
SOCIALISTA. Tra i contribuenti preoccupati, forse anche l’autore di un manifesto che tappezza Los Angeles e Atlanta. Obama truccato da Jocker (sì, quello di Batman) e una lapidaria didascalia: «socialista». Non importa che Jocker sia tutto tranne che socialista (è semmai un anarchico), ma tant’è. Forse non è razzismo, ma di sicuro non è un bel segnale. Tanto più che sono state addirittura messe in vendita delle magliette con l’Obama-Joker. Un bel «no comment» dallo staff di Obama (il quale ogni giorno si fa riprendere per il sito della Casa bianca, www.whitehouse.gov, mentre legge, nello studio ovale, dieci lettere di comuni cittadini).
C’È POSTA PER TE. Probabilmente le telecamere non riprenderanno il presidente mentre apre le diecimila missive recapitategli il giorno del suo compleanno. Hanno tutte la stessa sigla. Quella di Phil J. Berg, ex sostituto procuratore della Pennsylvania, il quale da un anno va affermando che Barack è nato sì il 4 agosto 1961 ma non alle Hawaii, bensì in Kenya. Non che sia una faccenda di lana caprina: così sostenendo i birthders (gli ultra conservatori che seguono Berg) contestano le recenti elezioni. Non essendo americano, Obama non avrebbe potuto essere eletto. Non hanno cambiato idea neanche davanti a otto cause, un pronunciamento del Congresso, uno della Casa Bianca, una proposta di legge, due dichiarazioni del governo delle Hawaii. Niente. I negazionisti continuano a negare e, ora, a scrivere («facci vedere il tuo vero certificato di nascita» recitano le diecimila lettere). «Ho visto i documenti del ministero della Salute: Barack Hussein Obama è cittadino americano per nascita», ha detto, inascoltata, la direttrice del ministero della Salute di Honolulu, Chiyome Fukino. «Neppure la prova del Dna riuscirebbe a placare chi nega che il presidente sia nato qui», commenta il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs. Fossi in lui, per stemperare i toni (e i deliri) mi rivolgerei al sito specializzato www.Dna111.com commissionando il ritratto artistico del Dna presidenziale e lo invierei, sempre per posta, ai birthders e a Berg.
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