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Gli sfollati sulla costa: «Il mare? Lo odiamo»

A Roseto degli Abruzzi sono circa 5mila i terremotati ospitati in albergo

di Redazione

Nelle stesse stanze spesso convivono tre generazioni, dai nonni ai nipoti. Paolo divide la camera con la moglie da cui si stava separando: «Va a finire che dai di matto». Simona ha deciso di non tornare a L’Aquila: «La nostra casa sta nella zona dei morti».
Le spiagge? «E chi ci va?
A noi mancano montagne» Roseto degli Abruzzi, l’estate dopo il terremoto. Il lungomare si sveglia di notte, brilla di luci e insegne, scoppia di suoni, musica, risate, rumore. L’Aquila è lontana anni luce. «Siamo gente di montagna, ci manca il fresco e la tranquillità di casa», dice la signora Gina, 74 anni, ospite all’hotel Mion da aprile. E si sfoga: «Non ne possiamo più di stare al mare!».
Roseto è il comune della costa che ha accolto il maggior numero di sfollati, con un picco di 6.700 persone. Oggi sono circa 5mila. Agnese Vardanega, docente all’università di Teramo, li definisce in «vacanza non turistica». Vivono una situazione di vuoto e smarrimento. «Il vero terremoto inizia adesso», continua Roberta Galeotti, giornalista aquilana de il capoluogo.it. «Ci sentiamo abbandonati, dopo l’incredibile slancio di solidarietà e generosità iniziale. I miei figli di 2 e 6 anni cominciano a dare problemi ora. Da giugno abbiamo dovuto cambiare stanza e albergo più volte e al trauma si è aggiunto trauma. Prima stavamo vicino a mia suocera, che mi aiutava con i bambini, ora siamo in un residence con altre dieci famiglie e non c’è relazione tra noi». «Da un momento all’altro, di notte, ci siamo trovati ad affrontare l’emergenza», racconta Mirella Lelli, addetta stampa del Comune di Roseto. E continua: «La risposta delle associazioni di volontariato e dei singoli cittadini è stata straordinaria. Si è creato un tavolo di coordinamento, abbiamo organizzato molte iniziative, dalla Messa di Pasqua a uno spazio gioco per i bambini, uno sportello di consulenza psicologica per le famiglie».
Volontari senza slancio
Ma ora questo slancio sembra spegnersi piano piano, mentre l’emergenza diventa normalità e le tensioni crescono. «A distribuire alimenti e vestiti eravamo in 400 volontari, ora siamo rimasti in 30. È più dura adesso, perché il grande rischio è l’indifferenza, se non addirittura l’intolleranza verso persone che alcuni considerano in vacanza gratis», dice Marco Massetti, presidente del Banco Alimentare di Roseto. Secondo la convenzione tra Federalberghi e la Protezione civile, la pensione completa in un hotel tre o quattro stelle costa 55 euro al giorno a persona, il 15% in più da quando è iniziata la stagione. Nei campeggi e alberghi a una o due stelle il costo è 49 euro. Nella stessa stanza spesso convivono tre generazioni, dal nonno al nipote. Paolo, impiegato a L’Aquila, divide la camera con la moglie da cui si stava separando e i due figli ultraventenni: «Sono 6.600 euro al mese! Ma perché non ci danno mille euro per un appartamento in affitto? Così non è vita. Va a finire che dai di matto». È esasperato.
Albergatori, enti locali, volontari, sfollati nelle province di Teramo, Chieti, Pescara e Ascoli Piceno, fanno tutti riferimento al Centro operativo intercomunale della Protezione civile di Giulianova. Il responsabile, Lorenzo Alessandrini, afferma: «L’operazione è andata bene, un modello esportabile in caso di terremoto. Abbiamo decongestionato la città sgomberando metà della popolazione, che in più ha potuto stare al mare». Ma in acqua non ci vanno in molti. Basta guardare le spiagge semideserte davanti agli alberghi che ospitano gli sfollati. Ulisse guarda fisso a terra. È depresso.

Gli anziani hanno “mollato”
Molti anziani si stanno lasciando andare, non ci stanno più con la testa e i decessi aumentano. Simona Iannini, 40 anni, racconta che ha avuto un crollo fisico e psicologico quando è uscita dall’ospedale e si è trovata a Montesilvano. Ma poi ha deciso di iscrivere il figlio a scuola qui, ha troppa paura di tornare e poi la sua casa non verrà neppure ricostruita. «Sta nella zona dei morti», dice. A L’Aquila Simona aveva un laboratorio di merletti al tombolo. Ma la sua attività non è finita, ripartirà a Pescara nella sede dell’associazione “Il Cenacolo degli Angeli”. «Ci occupiamo della valorizzazione di antichi mestieri, ma siamo in prima linea per l’aiuto ai terremotati, anche perché io sono aquilana e dalle macerie ho tirato fuori pure mia madre», dice la presidente, Maria Paola Monaco. E prosegue: «Vogliamo dare una mano alle persone a rifarsi una vita, ma ci sentiamo bloccati. Tutte le decisioni sono prese dall’alto. Non si muove foglia senza che lo decida la Protezione civile».

«Ce la faremo»
A Roseto è nato il movimento “Un nuovo respiro per L’Aquila”. «Chiediamo di essere ascoltati e informati su come vengono spesi i soldi della ricostruzione. Vorremmo anche il dialogo con chi sta nelle tendopoli, che ci considera vigliacchi», dice un portavoce, Vincenzo Colorizio, medico in pensione. Si riuniscono due volte alla settimana nel Palazzo del mare oppure al residence Felicioni, che ospita 300 sfollati. «È vero, in tenda si sta peggio, ma almeno non ci si sente così lontani da casa», dicono.
Al residence il punto di riferimento è Alessandra, aquilana insegnante a Roma, un vulcano di energia. Quando può accompagna gli anziani a pranzo o cena, li sta ad ascoltare, li conforta. Altre volte dà ripetizioni ai bambini. «Noi abruzzesi siamo tosti. Sono convinta che riusciremo a ricostruire la nostra città, ma ci vorranno anni», dice sorridente. Adolfo Scimia, 35 anni, è un esempio di questa tenacia. Il Magoo, la sua birreria rimasta sotto le rovine in centro a L’Aquila, è rinata sul lungomare di Roseto, almeno per l’estate, con lo stesso staff. «Il futuro è un’incognita, ma intanto non ci siamo buttati giù e siamo ripartiti con la nostra vita», dice Adolfo, serio, nel chiasso del locale.

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