Famiglia

Protezione totale. Parla il comandante Guido

Un bilancio a viso aperto, a quattro mesi dal cataclisma

di Riccardo Bonacina

Gestisce 50mila sfollati. Segue la costruzione delle new town. Monitora i danni del terremoto. La Protezione civile a L’Aquila non si è risparmiata niente. «Il rapporto con gli enti locali? Non posso farci niente se ai tavoli dei briefing non si fanno vedere. Le case? La soluzione migliore. Non potevamo riempire di container l’Abruzzo» Da oltre dieci anni la sua divisa d’ordinanza è una maglietta o una blusa, rigorosamente blu e con il logo della Protezione civile, sia che si trovi in una delle tante stanze del potere, sia che stia sul terreno ad affrontare un’emergenza. Mai una giacca e una cravatta. Di Bertolaso, Fiorello ha detto che ha 106 controfigure. In effetti, tutte le emergenze e gli eventi eccezionali che hanno coinvolto questo Paese sono stati affidati alle sue competenze.
59 anni, medico e alto funzionario dello Stato, Guido Bertolaso è stato il commissario di tutte le emergenze degli ultimi dieci anni, rifiuti campani compresi, ovviamente. Diventa per la prima volta capo del dipartimento della Protezione civile alla fine del 1996 (governo Prodi I). Dal 21 maggio 2008 (Berlusconi IV) è sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Il 6 aprile scorso è stato nominato commissario straordinario per l’Emergenza nella gestione del dopo terremoto che ha sconvolto l’Abruzzo. Da allora abita a Coppito, nella caserma ormai più famosa al mondo. Nella palazzina di Comando si è installato il quartier generale della Protezione civile, dove operano più di 700 persone. L’ufficio di Bertolaso è al secondo piano: da qui monitora la situazione nei 140 campi e negli oltre 500 alberghi abruzzesi dove sono ospitati gli sfollati, la stato dei cantieri del Piano C.a.s.e. (ovvero Complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili a L’Aquila) da lui fortissimamente voluto. E da qui si informa anche sull’esame di radiologia della figlia.
E monitorare non è una parola a caso. A qualsiasi domanda (nostra o di altri giornalisti) viene fornita ampia documentazione e report aggiornati: non c’è dubbio che la Protezione civile sia l’organismo statale al top della trasparenza e dell’informazione online (andate a vedere il suo sito: www.protezionecivile.it).
Vita: Via il G8, voi restate?
Guido Bertolaso: Beh, il G8 non è stato solo una scenografia temporanea. In questo periodo L’Aquila è diventata un brand globale, non c’è leader mondiale che non la citi, non c’è star, da Madonna a Bruce Springsteen, che non la ricordi nei concerti. Questo è un capitale che resterà qui e su cui si potranno innescare le politiche di ripresa in mano ai soggetti locali.
Vita: A proposito dei soggetti locali, soprattutto con il sindaco aquilano continua ad esserci tensione?
Bertolaso: Quando è stato fatto il decreto legge, a fine aprile, ci fu una serie di lamentazioni degli enti locali che dicevano di essere stati esautorati, commissariati. Per questo mi sono fatto promotore di un emendamento per cui ora nel decreto legge c’è scritto chiaro che sarà il sindaco a dover fare il piano per la ristrutturazione delle zone strategiche della città e quindi del centro storico. Da parte nostra ci siamo concentrati sull’assistenza alla popolazione, quasi 51mila sfollati, e sul Piano C.a.s.e.
Vita: D’accordo, sin qui il decreto legge e la divisione dei compiti, ma ci sono anche i doveri di un dialogo istituzionale che deve essere continuo. Vi siete dotati di strumenti istituzionali di consultazione?
Bertolaso: Qui accanto c’è lo spazio dove ogni giorno, alle 19.30, facciamo il briefing quotidiano con tutte le componenti che si occupano dell’emergenza dell’Abruzzo. C’è il prefetto, il sottoscritto, il comandante dei Carabinieri, della Guardia di finanza, il questore, la Croce Rossa, quelli che si occupano con me della gestione delle tendopoli, i militari che ci stanno facendo le strade, i vigili del fuoco che puntellano gli edifici, e il Comune dell’Aquila, la Provincia dell’Aquila, la Regione Abruzzo. Il primo mese venivano tutti. Il secondo mese hanno incominciato a mandare gli assessori. Il terzo mese qualcuno non c’è più. Se non vengono, che devo fare? Devo andare a prenderli? Quando io sto a Roma, tutte le sere alle 19.30 c’è il prefetto, che è il mio vicario. Se no, ci siamo tutte a due. Ma dove lo trova che dopo 120 giorni, un commissario, un sottosegretario e un prefetto stanno qui tutte le sere, sabato e domenica compresi? Sempre! Lei sa quanto ho in considerazione i sindaci e gli enti locali, non esiste nessuna ipotesi di ricostruzione senza di loro, in questi anni in tutte le situazioni in cui ho lavorato sono sempre partito da un alleanza con loro perché so che altrimenti dall’emergenza non si esce, o si esce male. Come Protezione civile noi possiamo prenderli per mano, accompagnarli, possiamo aiutarli a semplificare la burocrazia, ma poi ciascuno deve fare il suo. Qui ci sono ordinanze vecchie più di un mese che non vengono ancora applicate. Tra settembre e ottobre chiuderemo le tendopoli, la storia dell’Aquila e il suo futuro stanno tutti nelle mani degli aquilani. Non ci si può accusare di commissariare gli enti locali e poi chiedere che tutto sia fatto dalla Protezione civile.
Vita: A proposito di alloggi, parliamo di quella che sembra essere la vostra più grande scommessa, il Piano C.a.s.e.: 20 siti individuati, 11 cantieri giù operativi. Alla fine quante saranno le aree dell’intervento e per quante persone?
Bertolaso: Sappiamo che le persone a cui dare una casa non sono, come dicono autorevoli giornali, 70mila, e nemmeno 40mila. È solo il 30% del patrimonio immobiliare dell’Aquila che è stato seriamente danneggiato. L’altro 70% sono case che possono essere o usate subito o sistemate con pochi interventi e riutilizzabili entro un mese al massimo. Quindi il nostro obiettivo è stato, sin dal primo giorno, capire che cosa facevamo con le persone che non sarebbero tornate a casa. Non sapevamo, e ancora oggi non abbiamo la fotografia esatta di quante persone siano. Oggi, con i Comuni interessati, con gli uffici dell’anagrafe, stiamo per avere la fotografia definitiva. In ogni caso, anche con il nostro diretto intervento e aiuto, entro il 10 agosto avremo dati definitivi. Per questo, avevamo incominciato prevedendo case per 12mila persone, poi abbiamo detto: 12mila sono poche, facciamole per 15mila. Se poi il sindaco dell’Aquila ci dice che sono 20mila gli interessati, faremo case per 20mila persone. Ecco perché le 20 aree possono diventare 24 oppure 19.
Vita: Ma il Piano C.a.s.e è stato contestato anche nella sua idea di fondo, quella dei quartieri intorno alla città, le famose new town?
Bertolaso: Le domande che già poche ore dopo il terremoto, vista la gravità del danno, ci erano state chiare erano queste: che facciamo con questa gente, 15 o 20mila che siano? Dopo la tenda, che succede? Facciamo i container per 20mila? Significava diffondere i container da qui fino a Pescara. Con tutti i difetti dei container, e con il fatto che poi abbandoni lì le persone per 3-4 anni, in quegli spazi al massimo di 30 metri quadri quando va bene. Così come non si poteva metterli tutti nelle casette di legno tipo San Giuliano, perché là erano 1.100, qui sono 15-20mila. Significa fare almeno 8mila casette di legno: si rende conto che cosa significa con l’urbanizzazione? Ci si deve allargare in superficie per decine e decine di chilometri quadrati e quindi si va a fare una vera violenza ambientale. Per questo ci siamo detti: inventiamoci una terza via. Ed è quella dei quartieri costruiti sopra isolatori sismici, case di due o tre piani assolutamente piacevoli come estetica, sicure, autosufficienti da un punto di vista energetico – perché produrremo più energia elettrica di quanta ne serve – già arredate. Sono 164 edifici con appartamenti di 30, 50, 70 e 100 metri quadrati a seconda dei nuclei famigliari. Un progetto che fa muovere l’economia e insieme dà a chi ne avrà bisogno una casa. Che è il nostro primo impegno. A settembre avremo già 4mila appartamenti pronti, e poi ogni 15 giorni ne consegneremo degli altri. Quindi entro fine anno daremo una chiave a tutti quelli che hanno diritto a questi appartamenti, chiudiamo le tendopoli e poi lasciamo tutto alle autorità locali.
Vita: E il dialogo con il volontariato, con le forze sociali del territorio? C’è un momento di ascolto?
Bertolaso: Io parlo con tutti. Quando un volontario di qualche organizzazione del posto si lamenta, cerco di dargli spazio, di dargli una mano? Vede la nostra newsletter? Abbiamo dato una pagina ai Comitati che pure mi contestano. Per il resto abbiamo un Ufficio volontariato, che sta facendo un lavoro molto bello. Ogni settimana facciamo la riunione della Consulta nazionale del volontariato, li ho visti qualche giorno fa e mi sembravano soddisfatti, senza grossi problemi. Poi le questioni a livello locale sono più difficili da gestire, c’è il solito problema, di una abbondanza di volontari, di gente che si vuole rendere utile. Ma bisogna governare questo genere di fenomeni, perché non si può per far sentire utile un ragazzo compromettere la situazione della gente del posto, e poi ci vogliono i professionisti del volontariato, cioè ci vuole qualcuno che sa esattamente cosa fare in situazioni ancora delicatissime. Non si è mai vista una situazione di 50mila persone sfollate nel terzo millennio. È una situazione molto delicata che va gestita con grandissima attenzione e prudenza.
Vita: Non avete pensato, a fronte di una situazione così massiccia di sfollati, a degli animatori sociali, ad animatori di comunità?
Bertolaso: Ci sto pensando, è un bisogno vero quello degli animatori di comunità. L’ho detto anche al nostro responsabile dell’Ufficio volontariato: parliamo con le associazioni e vediamo di trovare dei gruppi e dei progetti capaci di animare una comunità nella diaspora.
Vita: L’Aquila ripropone una volta di più il tema della prevenzione.
Bertolaso: Ricorda quando io mi sgolavo per i piani comunali d’emergenza, quante volte l’ho detto? Però questa esperienza, questa lezione durissima la sfrutteremo anche per questo, per rilanciare la priorità della prevenzione. Quando faremo i programmi di educazione nelle scuole o per le città spero non ci sarà più nessuno che avrà il coraggio di rispondere di dire di no. Vede, la protezione civile è materia concorrente?
Vita: Cioè? Cosa vuol dire materia concorrente?
Bertolaso: Vuol dire che con la riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione ogni Regione e ogni Provincia autonoma si organizza la sua protezione civile come meglio crede perché non è più funzione dello Stato: la funzione che resta allo Stato è la gestione dell’emergenza. Ma “il prima” sono affari loro. Mi spiego: sSolo dopo, alle 3.32 e un secondo L’Aquila è diventata un nostro problema. Fino alle 3.32 io non potevo fare nulla se non mandare la commissione nazionale grandi rischi per valutare e studiare.

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