Società

Bambini senza sbarre, aperto uno Spazio Giallo anche a Matera

La Basilicata si aggiunge all'elenco delle regioni, le cui carceri ospitano questo luogo creato per accogliere il bambino del genitore detenuto. Il progetto, sostenuto da Enel Cuore, aiuta anche le famiglie e gli operatori

di Redazione

Nei giorni scorsi è stato inaugurato a Matera uno “Spazio Giallo” dell’ente di Terzo settore – Ets “Bambini senza sbarre”. Si tratta di un luogo creato dall’associazione che accoglie i bambini e li sostiene, per orientarsi e attenuare il loro impatto con un ambiente potenzialmente traumatico come il carcere quando devono incontrare il genitore detenuto. Il progetto è sostenuto da Enel Cuore, la Onlus del Gruppo Enel attiva al fianco delle realtà che intervengono a tutela dei bisogni di chi vive in condizioni di fragilità e disagio sociale. Si rivolge ai circa 100 minori che entrano ogni anno nel carcere di Matera per incontrare il proprio papà (in Italia sono 100mila i bambini che hanno un genitore detenuto, in Europa complessivamente due milioni). Figli che vivono in silenzio il loro segreto sul genitore recluso, nel tentativo di non essere stigmatizzati ed esclusi.

Nato a Milano nel 2007, lo Spazio Giallo di “Bambini senza sbarre” è diventato un modello e ora è attivo in rete nazionale in Lombardia, Piemonte, Marche, Toscana, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Quello di Matera è il primo aperto in Basilicata. È il luogo fisico e relazionale in cui i bambini e le loro famiglie si preparano all’incontro con il genitore che sconta una pena. Sono seguiti da operatori professionali che ne intercettano i bisogni e li accolgono in uno spazio a loro dedicato, attivando prese in carico dell’intero nucleo familiare con un focus primario sul bambino. È lo stesso spazio dove, dopo il colloquio, far decantare al bambino le conseguenze emotive della difficile separazione che sempre si verifica dopo l’incontro.

Lo staff che ha lavorato all’avvio del progetto a Matera

Lo Spazio Giallo di “Bambini senza sbarre” viene definito spazio psicopedagogico, nel senso che la sua natura e la sua missione non sono quelle della ludoteca bensì di un luogo dove, attraverso l’interlocuzione verbale coi bambini, si interloquisce anche con le famiglie che li accompagnano, e si imposta un paziente e delicato lavoro di relazione e di cura non solo dei bambini e dei loro familiari ma anche delle persone che vi lavorano, come gli operatori penitenziari. Questo porta alla scelta di una cura attenta e minuziosa dell’ambiente e di tutti gli elementi/segni/messaggi che lo definiscono come tale. Lo Spazio Giallo è parte del Sistema Spazio Giallo, che comprende 15 azioni portate avanti dentro e fuori il carcere, tra cui la “Partita con mamma e papà”, il “Telefono Giallo” e l’intervento nelle scuole. Al centro del Sistema Spazio Giallo si trova il bambino e i suoi diritti, riconosciuti nella “Carta dei diritti dei figli di genitori detenuti”, valida dal 21 marzo 2014 in tutte le carceri italiane, creata e voluta da “Bambini senza barre” e firmata dal ministero della Giustizia e dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, una Carta unica in Europa che riconosce formalmente il diritto di questi bambini al mantenimento del legame affettivo con il genitore detenuto in continuità con l’art.9 della Convenzione Onu sull’infanzia e l’adolescenza, e nel contempo ribadisce il diritto alla genitorialità delle persone detenute e impegna il sistema penitenziario in una cultura dell’accoglienza che riconosca e tenga in considerazione la presenza dei bambini che incontrano il carcere loro malgrado.

A rafforzare l’impatto della Carta – e il ruolo dell’Associazione a livello italiano ed europeo – si è anche imposta la Raccomandazione adottata ad aprile 2018 dal Consiglio d’Europa e rivolta al Comitato dei ministri dei 46 Stati membri. La Raccomandazione ha assunto come modello e come preciso riferimento proprio la Carta italiana. «L’Italia è il primo Paese che ha siglato questa Carta», sottolinea Lia Sacerdote, presidente dell’associazione. «Una firma e un segno forte per i 100mila figli di genitori detenuti, in sé è uno strumento radicale che ha trasformato i bisogni di questi minori in diritti, consentendo loro di non sentirsi più colpevoli e contrastando l’emarginazione sociale a cui sono esposti».


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