Cultura

I respingimenti favoriscono la tratta delle nigeriane

La denuncia di Fortress Europe: il sistema di protezione delle ragazze è a rischio

di Martino Pillitteri

Secondo il sito Fortress Europe,, l’osservatorio sulle vittime dell’immigrazione, sulle coste siciliane nel 2007 sono sbarcate 166 donne nigeriane. Nei primi otto mesi del 2008 gli arrivi sono stati 1128. E’ impossibile sapere quante di loro saranno vittime di prostituzione.

L’Italia vanta un sistema di protezione per le vittime di tratta all’avanguardia. L’articolo 18 del testo unico sull’immigrazione prevede il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale alle donne che decidono di uscire dal giro. Tra il 2000 e il 2006, le donne che l’hanno ottenuto sono state 5673.

L’allarme che Fortress Europe lancia è che questo sistema oggi è rischio. Lo è per le vittime di tratta che viaggiano sulle barche dirette a Lampedusa che da maggio l’Italia respinge sistematicamente in Libia. Da questo paese infatti, le ragazze vengono rimpatriate in Nigeria, dove rischiano di tornare nelle mani dei trafficanti che sul loro corpo hanno investito migliaia di euro.

 

LE VIE DELLA TRATTA

Ci sono anche delle donne nelle squadre che vanno a reclutare le giovani nigeriane apparenti alle fasce più disagiate. Secondo il dossier presentato la scorsa settimana (Esperienza di sostegno a donne nigeriane trattenute presso il Cie Ponte Galera e trafficate attraverso la Libia) redatto dalla Cooperativa sociale contro tratta violenze discriminazione BEfree, «i reclutatori e le reclutatici irretiscono queste donne con false promesse di una vita migliore, arrivando a pagare le spese del viaggio che poi saranno costrette a restituire sotto forma di debito una volta giunte in Italia».

In alcuni casi, hanno raccontato le donne nigeriane allo sportello che Befree ha aperto al Centro Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria alle porte di Roma, a circuirle sono addirittura i loro compagni e i loro familiari. I trafficanti sono intermediari. Il reclutamento e la logistica nel paese di destinazione è svolto da una figura chiamata maman. Gli uomini invece sono soprannominati brothers. I ruoli dei trafficanti e le fasi del viaggio  sono ben spiegati nel dossier che Befree ha prodotto sulla base di decine i interviste effettuate a donne nigeriane:«La Maman prende contatti con il trafficante, generalmente un uomo nigeriano, la cui funzione è di condurre le ragazze fio alla Libia. La maman paga quindi il trafficante nigeraino per portare le ragazze fino a Tripoli e farle imbarcare alla volta dell’Italia. Accordatasi la maman rientra in Italia con l’aereo mentre il trafficante nigeriano inizia il viaggio verso la Libia con le ragazze. In atri casi, le donne sono reclutate direttamente dai trafficanti che le scortano nel viaggio fino alla Libia, per poi costringerle a prostituire una vola arrivate a pagare il debito di viaggio accumulato per gli spostamenti. In questi casi capita che siano gli stessi trafficanti, che gestiscono le case di prostituzione a Tripoli, a contattare la maman in Italia per proporle l’affare. Così dopo un periodo di sfruttamento in Libia, se la maman si dimostra interessata ed invia il denaro pattuito, i trafficanti le inviano le ragazze facendole imbracare alla vola delle coste italiane».

E’ un viaggio molto lungo. Nigeria, Niger, Chad e Libia. A volte in macchina o stipate in container. In Libia capita che la polizia le arrestano e poi, sotto corruzione, vengono  consegnate ai trafficanti. Corrotti sono anche gli agenti di frontiera in Nigeria, Niger, Chad che fanno passare i camion stipati di gente da un paese all’altro.

Durante il viaggio, le ragazze non si rendono ancora conto del futuro che le aspetta. E’ in Libia che i trafficanti rivelano la vera natura delle proprie intenzioni: che per risarcire il debito del viaggio le ragazze di devono prostituire anche fino a 5 anni.

«Le tariffe erano o fisse» ha detto una delle ragazze a Befree. «1 dinar e mezzo ( un euro) con il preservativo che doveva essere fornito dal cliente, due dinar senza. Non potevamo rifiutarci di avere di avere rapporti non protetti, se lo facevamo venivamo prese a calci e picchiate violentemente con catene ed oggetti vari. Le violenze erano comunque all’ordine del giorno». Ma anche torture come far camminare e far sedere le ragazze sul petrolio bollente.

BEfree, Cooperativa sociale contro tratta, violenze, discriminazioni nasce nel 2007 per volontà di un gruppo di operatrici con grande esperienza nell’accoglienza e nel sostegno a vittime di soprusi, abusi, maltrattamenti, traffico di esseri umani maturata presso altre strutture del privato sociale, in ottica improntata al genere.

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