Economia

A rischio chiusura la coop dell’educatrice a luci rosse

Il Comune di Milano intenzionato a tagliare i rapporti con la Diapason

di Daniele Biella

Compatto il fronte del terzo settore: non può finire così un’esperienza con quasi
25 anni di storia.
La giovane accusata di
aver violentato un ragazzo
(fuori dall’orario di servizio) comunque è stata
già licenziata Un appello per salvare 60 posti di lavoro e una rete di servizi per minori e disabili che è attiva a Milano dal 1985. È quello che la sezione lombarda del Cnca, Coordinamento nazionale comunità d’accoglienza, ha rivolto al sindaco di Milano, Letizia Moratti, una volta resa nota l’intenzione della sua amministrazione di sospendere il rapporto di lavoro con la cooperativa sociale Diapason dopo l’arresto dell’educatrice 30enne sorpresa, lo scorso 21 luglio, in atteggiamenti più che intimi con un utente 13enne. «Questo increscioso fatto, per altro non avvenuto in orario di servizio, non può cancellare con un colpo di spugna i 25 anni di lavoro efficace svolto da Diapason in città», si legge nella petizione promossa dal Cnca. «Nel corso di questa lunga storia, molti bambini e ragazzi in difficoltà, con le loro famiglie, sono stati affiancati con professionalità e dedizione. Riteniamo per questo inopportuna l’intenzione espressa dal Comune di Milano». Tra i primi firmatari del documento si ritrovano anche molte sigle della cooperazione sociale lombarda, come le sezioni regionali di Arci, Acli, Auser e del Forum terzo settore, e una serie di associazioni e coop del territorio. Con lo stesso fine, un educatore di un’altra cooperativa milanese, Demetrio Conte della Comunità progetto, ha lanciato ai suoi colleghi un ulteriore appello per «stringersi attorno al dramma umano e professionale che i nostri colleghi della Diapason stanno vivendo in queste ore».
«Siamo riconoscenti per i molti attestati di solidarietà che ci arrivano. Ma per ora, complice il periodo di ferie, non siamo riusciti a incontrare l’assessorato competente per trovare una soluzione comune», spiega Paolo Cattaneo, 43 anni, dal 1997 presidente di Diapason, coop aderente a Confcooperative. «Ci sentiamo abbattuti sia per il dolore dell’accaduto, sia per l’atteggiamento del Comune, che ha preannunciato l’interruzione della nostra collaborazione in un comunicato a cui per ora non è seguito alcun atto formale». Per tutelarsi, la cooperativa è ora corsa ai ripari: «Abbiamo interessato due avvocati, un penalista e uno di diritto amministrativo», precisa Cattaneo, «ci hanno confermato che lo stop immediato del rapporto lavorativo è illegittimo, in quanto la responsabilità del caso è individuale, non della cooperativa. Questo ci tranquillizza, per ora». Nel frattempo, il centro educativo diurno Azimut -dove lavorava la ragazza (che Diapason ha licenziato e si trova ora agli arresti domiciliari) – con altri tre educatori e un coordinatore,è rimasto chiuso sino a fine luglio. «L’impressione è che ogni decisione verrà presa solo dopo la pausa di agosto», prevede Cattaneo, «speriamo in bene».


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