Non profit

Donne di montagna. Ornica, le case hanno porte aperte

di Redazione

da pag. 17
SocialJob: Partiamo dall’inizio. Che problema aveva Ornica?
Cinzia Balestra: Lo stesso di ogni piccolo borgo rurale italiano: poco lavoro, antichi saperi che si perdono, giovani che se ne vanno in città, la comunità che si fa sempre più vecchia e più isolata. Nel giro di un paio di generazioni Ornica è passata da mille a cento abitanti. Non aveva più ricettività turistica, solo un ristorante e un negozio di alimentari. Semplicemente, stava morendo. Di fronte a questo ci siamo detti che bisognava reagire, che anche un piccola barricata avrebbe significato qualcosa, avrebbe dato a chi resisteva una ragione per cambiare.
SJ: E avete pensato alla strategia dell’albergo diffuso.
Balestra: Siamo andati a studiarla in Friuli, a Sauris e Lauco, dove l’avevano messo in pratica per risorgere dal terremoto. Abbiamo capito che da noi poteva essere realizzato anche senza i fondi pubblici grazie a un impegno collettivo: Comune, parrocchia e privati avevano diversi appartamenti sfitti. Loro li hanno messi a disposizione quasi a fondo perduto, noi li abbiamo arredati e ristrutturati e inseriti nella nostra offerta di ospitalità diffusa. Nel centro ci sono a disposizione circa 60 posti letto, cui si aggiungono le 5 baite sopra il paese, chiamate «calecc», fino alla baita della Val d’Inferno, a 1.800 metri, in cui sperimentare l’emozione della vita d’alpeggio.
SJ: Perché una cooperativa di sole donne?
Balestra: Per ragioni storiche e pratiche. Che partono dalla mia stessa famiglia: mia suocera ha “tenuto la posizione” per anni quando mio suocero è emigrato a lavorare in Francia. Tante altre come lei sono rimaste a Ornica con i bambini, a gestire il bestiame e a seguire la fienagione. Anche se quei mestieri stanno scomparendo, molte donne oggi restano in paese dividendosi faticosamente tra bambini e lavoro. Noi le abbiamo coinvolte in una proposta che potesse tenerle ancora più vicine a casa, aiutandole a mettere in campo le loro capacità: c’è chi è brava a cucinare, chi è perfetta per il rapporto con il pubblico, chi sa fare la guida turistica o l’animazione.
SJ: Cosa deve aspettarsi un turista che arriva ad Ornica?
Balestra: Deve voler vivere un’autentica esperienza di vita contadina di montagna. Ci saranno attività per tutte le stagioni: la tosatura delle pecore, la fienagione, la raccolta delle erbe spontanee per la cucina, la scoperta dei fiori, la vita d’alpeggio, la mungitura e la produzione del formaggio, escursioni lungo le antiche vie di frontiera verso la Valtellina, l’attività del norcino e la conoscenza degli animali di montagna insieme ai cacciatori. Nella nostra proposta è compresa anche un’esperienza didattica aperta a tutte le scuole, dagli alunni dell’asilo alle superiori.
SJ: Come ha reagito la comunità?
Balestra: Invece di chiudersi, si è mobilitata. Il primo evento pubblico è stata la tosatura delle pecore, nel mese di maggio, ed è successo che diversi anziani si siano presentati a raccontare la loro storia di contadini e a spiegare come gestire il bestiame. Adesso abbiamo sacchi pieni lana cardata con cui realizzeremo presto calze e piccoli indumenti. La nascita della cooperativa ha creato molti altri spin off imprenditoriali: abbiamo uno spaccio dove acquistare formaggi, salumi e frutti di bosco; c’è un artigiano che ha aperto una bottega di manufatti di legno; una socia che sta pensando di creare un’azienda agricola sul posto; una signora inglese, che si è trasferita a vivere qui, ora vorrebbe aprire un bed&breakfast. Ma la cosa più bella sono i giovani volontari: una quindicina di ragazze e ragazzi di tutte le famiglie del paese, che si sono mobilitati per accompagnare e orientare i turisti durante gli eventi. È su di loro, i nostri figli che crescono in questa terra di confine tra il passato e il futuro, che scommettiamo per far rivivere Ornica.

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