Leggi

il cordone lo tengo per me

Le richieste di "autoconservazione" del sangue cordonale hanno superato le donazioni

di Sara De Carli

Per le mamme la partita è chiusa: ha vinto il privato, con o senza legge. Ma le associazioni di donatori di sangue non ci stanno e mandano una lettera a Montecitorio In questa statistica il dato che conta è quello dei desideri. E stando a quelli, nel 2008, per la prima volta in Italia c’è stato il sorpasso. Sono infatti 12.348 le neomamme che hanno chiesto di conservare per il proprio figlio il cordone ombelicale, mandandolo all’estero in una banca privata, e 11.517 le mamme che invece il cordone lo hanno donato. Di fatto poi solo 10.458 mamme hanno ottenuto il necessario nulla osta ministeriale, ma questo fa il paio con il dato che, di fatto, solo 3.167 cordoni donati sono risultati idonei alla conservazione e quindi sono stati effettivamente imbancati. Ad aprile 2009 le domande per l’espatrio erano già 4.955. A livello di intenzioni, di immaginario collettivo e di cultura, il privato ha vinto.
Ha vinto anche da noi, la notizia è questa, un Paese con una fortissima tradizione nella donazione del sangue, in un’ottica solidaristica; perché nel mondo la partita è già chiusa, con 300mila unità cordonali catalogate nelle banche pubbliche, a disposizione di tutti (ne servirebbe il triplo per garantire la ragionevole certezza di trovarne una compatibile in caso di necessità), contro le 800mila già messe in cassaforte in banche private.

Sette sorelle
È su questo sfondo che sono scese in campo le “sette sorelle”. L’immagine presa in prestito da Mattei non indica ovviamente le sette più ricche compagnie petrolifere mondiali, ma le sette più importanti associazioni di volontariato impegnate nella donazione di sangue e affini: Avis, Fratres, Fidas, Croce Rossa Italiana-Donatori di sangue, Adisco-Associazione donatrici italiane sangue cordone ombelicale più Ail e Admo. Queste sigle hanno inviato una lettera alla commissione Affari sociali della Camera per difendere la donazione dei cordoni ombelicali contro la scelta di conservarli per il proprio figlio e per dire che di una nuova legge in materia «non vi è necessità alcuna».
Da qualche giorno infatti la commissione ha in calendario l’esame delle cinque pdl depositate a Montecitorio sul tema. La discussione, facile prevederlo, sarà calda: mentre infatti il governo Prodi aveva aperto alla conservazione autologa e alle banche private, il sottosegretario Eugenia Roccella ha fatto dietrofront e con l’ordinanza del 26 febbraio 2009 ha appoggiato in toto la donazione di sangue cordonale a fini solidaristici o per uso dedicato, vietando le banche private e dichiarando che la conservazione ad uso privato presenta «rilevanti incertezze scientifiche».
Le sette associazioni, con tutto il loro peso, hanno giocato d’anticipo. Nella lettera scrivono infatti che «plaudono all’iniziativa del sottosegretario Roccella volta a sostenere un uso appropriato e solidaristico delle cellule staminali da sangue cordonale», mentre sulla conservazione autologa «sottolineano che le massime autorità scientifiche internazionali la giudicano inutile e addirittura controproducente» e pertanto «se ne raccomanda la gestione esclusiva al Ssn».

La legge che non serve
Una presa di posizione impopolare, ma che le associazioni difendono con estrema convinzione. «Finalmente è stata imboccata in modo esplicito la strada che riconosce la validità scientifica della donazione», spiega la dottoressa Carolina Sciomer, presidente di Adisco, prima firmataria della lettera. «La scelta politica è chiara e dal punto di vista tecnico sono pronti da tempo i decreti ministeriali per l’attuazione della rete di banche prevista dalla legge 219/2005 e per l’attuazione della direttiva europea sulle norme di qualità e di sicurezza per la conservazione di tessuti e cellule umani: si attende solo il parere consultivo della Conferenza Stato-Regioni. A quel punto si arriverebbe a colmare definitivamente la carenza normativa: che bisogno c’è di ripartire daccapo a discutere una nuova legge?». Facile: per cambiarne la filosofia? «La nostra paura è che si intavoli una discussione politica che non tiene conto delle evidenze scientifiche», ammette la Sciomer, «e finisca per discriminare la donazione».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA