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Riforma Giovanardi buone idee senza impegno

Via libera dalla Consulta nazionale

di Redazione

Il testo del sottosegretario passa a maggioranza l’esame dell’organo di rappresentanza degli enti: «Ma manca ancora l’indicazione della quota minima di avvii» Aluglio del 2008 il sottosegretario Giovanardi annunciò alla Consulta aznionale per il Servizio civile (Cnsc) l’intenzione di rivedere la legislazione del Servizio civile nNazionale.
A un anno esatto di distanza ha sottoposto alla Cnsc la bozza di legge delega.
La bozza su cui si è espressa la Consulta conferma alcuni elementi di fondo che sono stati anticipati in questi mesi. Il Servizio civile nazionale è un autonomo istituto repubblicano finalizzato all’adempimento del dovere di difesa della Patria di cui all’art. 52 della Costituzione, da realizzare mediante attività che concorrano al perseguimento della pace, dell’uguaglianza sostanziale e del progresso sociale e alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani, attraverso modalità di difesa non armata e nonviolenta in ambiti definiti e coerenti con la suddetta finalità. Viene fissato il principio che sia l’accreditamento che i progetti devono prevedere, accanto alla mission originaria dell’ente, l’accettazione dell’impegno a formare i giovani per quelle funzioni generali a cui sono funzionali i singoli settori di impiego.
Si aprono quindi le potenzialità di fare del Scn quello che la Corte costituzionale aveva stabilito già nel 1984 per quello degli obiettori: l’altra modalità, alternativa al servizio militare, per la costruzione della pace.
Nello stesso tempo la formazione civica, attraverso l’imparare facendo e il protagonismo giovanile, riceve un impulso rilevante, che se integrato con il percorso scolastico e sostenuto da coerenti esempi nei comportamenti degli adulti, in primo luogo di chi ha ruoli rappresentativi, può concorrere alla soluzione della questione giovanile. In coerenza con questo impianto si prevede l’instaurazione di uno specifico rapporto di servizio civile in nessun modo assimilabile ad un rapporto di lavoro, né dipendente né autonomo, chiarendo almeno sul piano legislativo gli equivoci attuali. Altre disposizioni recepiscono le richieste di maggiore flessibilità nella durata dei progetti e soprattutto nell’orario settimanale. Sul piano del riparto delle funzioni fra istituzioni statali e regionali si prevedono accordi bilaterali fra Stato e singole Regioni e Province autonome qualora queste ultime intendano concorrere all’attuazione di interventi specifici a cui vincolare loro risorse.
Se queste norme, al di là delle posizioni di merito, dimostrano una visione organica, altre disposizioni appaiono contraddittorie. Una di queste è quella che apre la porta a che vengano annualmente individuate le caratteristiche ed eventuali criteri di priorità per i progetti finalizzati all’assistenza di determinate categorie fisicamente svantaggiate. L’altra è l’assenza della fissazione di un contingente minimo annuo, coperto con i fondi pubblici, indebolendo quindi la richiesta di fondi aggiuntivi agli enti, ai privati e alle Regioni e Province autonome stesse.
Capitolo a sé è quello che riguarda l’apertura del Scn ai cittadini stranieri. Le seppur timide aperture per progetti sperimentali che prevedessero questa strategica opportunità sono scomparse.
Il risultato finale di queste norme, assieme alla necessità che si avvii il percorso parlamentare, già segnato dal deposito della proposta della Lega Nord, ha portato un’ampia maggioranza dei componenti della Consulta a esprimere parere favorevole, con due astensioni e un voto contrario, a condizione che nell’iter parlamentare siano riprese le questioni dell’accesso degli stranieri e del contingente minimo annuo.


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