Non profit
Vacanze di nicchia? Ma se piacciono a 500mila italiani!
Le cifre in grande crescita del turismo sociale
di Luca Zanfei
Viaggi di gruppo, contatto diretto con la comunità locale, strutture ricettive che puntano tutto sui valori relazionali. Per la cooperazione sociale il turismo è una scommessa sempre più importante.
Chi l’ha vinta, ci racconta
la sua esperienza
Forse non servivano le fredde statistiche per attestare la crescita del turismo sociale, fatto sta che il primo Rapporto sul settore condotto dall’Isnart – Istituto nazionale ricerche turistiche ha sorpreso un po’ tutti. Perché a balzare agli occhi è il grande interesse degli italiani, che per una volta hanno deciso di abbandonare alberghi e villaggi turistici per abbracciare la filosofia delle vacanze sostenibili. Così nel solo 2008, oltre 500mila connazionali avrebbero speso più di 700 euro pro capite per vacanze organizzate da Cral, associazioni ecclesiastiche e cooperative sociali. Per un giro di affari superiore al miliardo di euro. Se a questo si aggiunge quel buon 60% della popolazione che secondo il Cisv-Comunità dice di apprezzare il turismo sociale, è sempre più difficile ignorare la crescente popolarità di un settore non più di nicchia.
Un successo dovuto alla varietà e soprattutto alla caratteristica dell’offerta. Perché se per il Cral – ancora leader del settore con fatturato vicino ai 500 milioni di euro – il turismo sociale vuol dire principalmente viaggi di gruppo a prezzi competitivi, per la cooperazione l’obiettivo è spostato sul contatto con la comunità e sullo sviluppo locale. Formula che gradualmente sta ottenendo consensi, tanto da spingere numerose cooperative ad aprire i battenti. Coerentemente con i dati dell’Isnart, anche per la cooperazione il 2008 ha dato segnali confortanti. «Dalla nascita ad oggi siamo riusciti a raddoppiare il nostro fatturato e quest’anno la domanda ha superato la capacità ricettiva», spiega soddisfatto Massimo Giugler, presidente della Ombre con l’Acca, che gestisce una casa per ferie indirizzata a gruppi di ragazzi nel piccolo centro di Champorcher in Valle D’Aosta. «Siamo strutture piccole e il cliente è di solito fidelizzato perché sensibile a certi temi», aggiunge Annafranca Mascia, presidente di Villaggio Carovana, cooperativa che gestisce un agriturismo familiare in provincia di Cagliari.
Ma cosa spinge il turista a scegliere la cooperazione sociale? Per Ombre con l’Acca è stato principalmente il contatto diretto con la comunità locale. Specializzata nella prevenzione del disagio giovanile, la cooperativa ha fatto da centro di aggregazione per i ragazzi del piccolo villaggio aostano, coinvolgendoli nella stessa organizzazione dell’offerta turistica. Oggi, anche grazie al suo attivismo, la cooperativa ha richiamato l’attenzione dei turisti, muovendo l’economia del luogo.
Per altri ad attrarre è la stessa mission dell’impresa. Come nel caso della cooperativa di tipo b La tana libera tutti, in provincia di Perugia, che gestisce un ostello, un ristorante e organizza visite guidate ed escursioni grazie all’apporto di disabili. «Ci piaceva l’idea che persone spesso escluse potessero ora accogliere i turisti, occupandosi di attività a stretto impatto relazionale», spiega la presidente Sonia Sorci. Ma c’è anche Villaggio Carovana, nato dall’esperienza di Servizio civile internazionale, che ha proprio nell’interscambio culturale la propria ragion d’essere. «Nel nostro agriturismo convivono a stretto contatto i turisti e le famiglie socie della cooperativa», spiega Annafranca Mascia. «Insieme si organizzano le attività come escursioni e anche visite alle diverse aziende agricole e di produzione locale». Diverse anime per un’offerta diversificata, ma non a basso costo. «Da noi spesso si spende anche di più rispetto ai normali b&b e agriturismi», spiega la Sorci. «D’altronde si deve pensare che la cooperativa ha dei costi sociali che altre imprese non hanno. Essendo per la maggior parte cooperative di tipo b, si deve garantire continuità all’inserimento e quando gli altri abbassano i prezzi in bassa stagione noi li dobbiamo tenere uguali e diventiamo poco concorrenziali».
Ecco perché, per sopravvivere e realizzare buone prospettive di sviluppo, diventa necessario sviluppare percorsi di rete. «Uno dei principali obiettivi è quello di riuscire a ottenere economie di scala, così da poter offrire pacchetti a basso prezzo», spiega Giugler. «Ma finora la cooperazione sociale ha inteso la rete esclusivamente per scambiare esperienze e non per impostare percorsi imprenditoriali».
Un primo tentativo di cambiare rotta è il progetto Passepartout (www.passepartout-abn.it), una sorta di rete tra cooperative del settore, pensata per garantire un’offerta più completa e variegata. «Questo ci ha permesso di differenziare i nostri pacchetti», spiega la Sorci.
Più indirizzata all’abbattimento dei costi è invece la proposta del consorzio toscano Coeso. Il suo fiore all’occhiello è Xenia Tour, un tour operator che organizza pacchetti turistici tra cultura e sapori del territorio, mettendo in rete strutture ricettive e di assistenza. «Fin dall’inizio abbiamo fissato degli standard qualitativi e questo ci ha permesso di gestire più facilmente le attività abbattendo i costi per ogni struttura e, di conseguenza, per il cliente», spiega Shlomo Gimel, il coordinatore delle attività turistiche per il consorzio. «Ma la vera innovazione è stata coinvolgere anche le piccole cantine e aziende a cui abbiamo offerto assistenza e consulenza per il marketing. Il futuro del turismo sostenibile è quello di coinvolgere e coordinare più soggetti possibili».
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