Welfare

Disabile sì, ma solo se precario

Il boom dei contratti a tempo determinato

di Maurizio Regosa

Nel 2007 meno del 50% dei lavoratori con disabilità aveva un contratto fisso. E con la crisi le cose rischiano di peggiorare: i tempi dell’inserimento definitivo si allugheranno ancora Il prossimo autunno, che molti temono “caldo”, rischia di essere rovente per i disabili che cercano un impiego. Il difficile sentiero che dovrebbe far convergere lavoro e disabili, infatti, è sovente interrotto dall’ostacolo della precarietà. Una flessibilità per così dire pre-determinata, connaturata al percorso di inserimento lavorativo. E questo da prima della crisi.
Se si scava negli ultimi dati disponibili, relativi al 2007, si vede infatti che su 768.394 iscritti agli elenchi unici provinciali di collocamento obbligatorio, sono stati avviati al lavoro 31.535 disabili (erano 27.454 nel 2006). Il contratto a tempo indeterminato, però, è stato un traguardo raggiunto solo da 15.535 persone (nemmeno il 50%), mentre gli altri si sono dovuti “accontentare” di un tempo determinato (12.839) e di varie tipologie contrattuali (2.189). Risultati in linea con il 2006.
«Va sottolineato», premette Maddalena Rosano, che si occupa di diritto del lavoro alla Luiss ed è fra gli autori di Disabilità e lavoro (Ediesse, a cura di Carmen La Macchia), «che il sistema delle convenzioni ha prodotto diversi effetti positivi. Se nel 2004 ci sono state 11mila assunzioni tramite convenzione, tre anni dopo sono diventate 14.653, mentre sempre nel 2007 gli avviamenti con chiamata numerica sono stati 2.714 e quelli con richiesta nominativa 12.650». Ma, dato a Cesare quel che è di Cesare, va pur detto che i tempi dell’inserimento definitivo possono allungarsi anche di molto. Tre anni di convenzione più la possibilità di altri 24 mesi fanno 1.825 giorni. E non è detto sia finita: il soggetto obbligato ad assumere personale anche disabile (ovvero le imprese con più di 50 dipendenti) può decidere di stipulare un’altra intesa, riaprendo così i giochi dell’attesa.
La conferma giunge da Claudio Messori dell’Agenzia per il lavoro dell’Anmil: «Le convenzioni su chiamata nominativa spesso danno luogo a contratti a tempo determinato, che sono rinnovati per più anni. Quanto ai risultati delle nuove possibilità di convenzioni, introdotte nel 2007, ancora non si conoscono: i decreti attuativi non sono mai stati scritti».
Tornando alla crisi, se dopo la pausa estiva le già piccole e medie imprese nostrane si ridimensioneranno in massa e in molte scenderanno sotto i 50 dipendenti, sarà ancora inferiore il numero delle aziende obbligate ad assumere disabili. La già bassa percentuale della loro occupazione potrebbe quindi ulteriormente scendere. Una preoccupazione che non riguarda solo l’Italia (dove a ottobre sarà costituito, presso il ministero guidato da Maurizio Sacconi, l’Osservatorio sulla disabilità). Di recente Hans Vrind, presidente di Workability Europe (che raccoglie quaranta datori di lavoro e servizi d’impiego per oltre un milione e mezzo di persone con disabilità in 23 diversi Paesi), ha scritto al presidente della Commissione Europea, José Barroso, sollecitando una particolare attenzione per la salvaguardia dei posti di lavoro delle persone con disabilità. Tra le soluzioni suggerite, impieghi protetti e sostenuti, imprese sociali e programmi di formazione e reinserimento.


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