Famiglia

La “Napoli sociale” che toglie ossigeno al non profit

Le coop sociali escluse dall'assistenza agli studenti disabili

di Francesco Dente

Il Comune ha deciso di gestire il servizio attraverso una spa costituita ad hoc. Risultato? Meno lavoro per le coop
e l’aumento dei costi per le casse pubbliche Ora che sono sotto le ali di una società pubblica lo stipendio arriva più o meno puntuale e i giorni in cui lavoravano nelle cooperative sociali e la paga arrivava con mesi di ritardo (a causa dei ritardi delle pubbliche amministrazioni) sembrano lontani. Con loro tirano un sospiro anche le famiglie dei ragazzi assistiti: pagamenti più regolari, meno scioperi del personale e dunque servizio più stabile. Forse sono gli unici ad averci guadagnato. Chi ci ha rimesso, invece, sono state le casse pubbliche e naturalmente il sistema cooperativo.

Il ruolo di Sviluppo Italia
Nell’anno scolastico appena chiuso, infatti, il Comune ha gestito direttamente il servizio di assistenza ai ragazzi disabili. La storia è quella di Napoli sociale spa, società per azioni del Comune guidato da Rosa Russo Iervolino, che ha internalizzato l’assistenza scolastica per i disabili. Ha assunto, cioè, nella spa comunale gli operatori che prima svolgevano il servizio presso le cooperative. La società partecipata da Palazzo San Giacomo, nata col sostegno di Sviluppo Italia, muove i primi passi nel marzo 2004. Obiettivo: dare occupazione stabile ai lavoratori socialmente utili. Sviluppo Italia sottoscrive il 40% del capitale sociale per 300mila euro ma ne esce nel 2007. Il Comune riacquista il pacchetto al costo di 644mila euro. Fino a metà del 2008, Napoli sociale offre solo il servizio di trasporto per i disabili.
A maggio dell’anno scorso, la svolta. Il Comune modifica lo statuto e amplia il raggio d’azione: assistenza e non più solo accompagnamento. L’obiettivo è trasformare Napoli sociale nel braccio operativo del Comune nel settore del welfare.

Il nuovo assetto
Un passaggio che, di fatto, apre la strada alla stabilizzazione del personale delle cooperative. E alla modifica dell’assetto iniziale. «Il progetto originario è stato snaturato», taglia corto l’ex presidente della spa, Domenico De Rosa. «Quando Napoli sociale è nata, occupava uno spazio – il trasporto dei disabili – non coperto dal terzo settore. Le cooperative infatti hanno difficoltà nell’accesso bancario necessario per l’acquisto di mezzi costosi. Mi chiedo: la cooperativa che ora non gestisce più l’assistenza scolastica che fa? Ha chiuso?». Il rischio, infatti, è di impoverire il tessuto sociale. Un timore infondato, invece, secondo l’attuale presidente, Pasquale Orlando. «Il nostro obiettivo», assicura, «è incentivare il ruolo della cooperazione, potenziare il servizio integrato e caratterizzarci come stazione appaltante». Restano, però, i dubbi del terzo settore. «È una società che ha un solo committente, il Comune, e non potrà ammortizzare i costi fissi, come ad esempio il cda, su un complesso di attività. Le società pubbliche, infatti, non possono gestire attività per conto di altre amministrazioni», osserva Sergio D’Angelo, presidente del Consorzio Gesco, una delle cooperative che curava l’assistenza scolastica. Quanto alla qualità del servizio, secondo Federico Minutillo del Comitato di gestione della Consulta H, a Napoli «si fa così poco per i disabili che tutto quello arriva è ben accetto dalle famiglie».

Questioni di portafoglio
Il capitolo più spinoso è, tuttavia, quello dei costi. Il terzo settore ritiene che si spendesse meno prima. Di diverso avviso il Comune. Questi i dati: quando il servizio lo gestivano le cooperative, Palazzo San Giacomo spendeva 4,2 milioni di euro (cifra massima) all’anno per nove mesi di scuola (elementare e media). Il Comune, puntualizza D’Angelo, non pagava però nel caso di assenza dell’alunno. Ora, invece, l’amministrazione Iervolino trasferisce a Napoli sociale 5,1 milioni per 12 mesi per elementari, medie e istituti comprensivi. Fatte le proporzioni, le somme appaiono più o meno equivalenti. Ora non è chiaro se gli operatori d’estate svolgano una quantità di prestazioni pari a quelle che forniscono durante l’anno. Nel contratto di servizio si fa riferimento solo all’assistenza a scuola e non si prevede cosa succede durante le vacanze. Inoltre non si parla del Piano di intervento individuale previsto invece nel contratto con le coop. Dubbi che fanno il paio con l’interrogativo di fondo: l’assunzione del personale delle coop in Napoli sociale è il modo più efficiente per dare stabilità all’assistenza ai disabili? Non sarebbe bastato velocizzare i pagamenti alle cooperative che sono arrivati anche a 18 mesi di ritardo?

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