Giulio Riccio, 39 anni, iscritto a Giurisprudenza, esponente di Rifondazione comunista, è assessore alle Politiche sociali, Sperimentazione del Bilancio partecipato e Politiche giovanili della giunta Iervolino del Comune di Napoli.
Vita: Assessore, perché la scelta di assumere in Napoli sociale il personale delle cooperative che curava il servizio di assistenza scolastica ai disabili?
Giulio Riccio: Due i motivi principali. Il primo è dar vita a un intervento organico sul ciclo della disabilità, in particolare per i ragazzi in età scolastica, che dia stabilità al servizio di accompagnamento e assistenza. Abbiamo dato un segnale alle famiglie: il servizio è sotto la responsabilità dell’amministrazione. Il secondo motivo: introdurre degli elementi di regolazione del mercato e dei rapporti con il privato sociale. Su determinati servizi di rilevanza sociale il Comune non può essere ostaggio di ricorsi amministrativi che, in omaggio al proverbio «una sospensiva non si nega a nessuno», bloccano le attività di assistenza.
Vita: Ma non crede che così si rischia di svuotare il terzo settore?
Riccio: Nient’affatto. Il contratto con Napoli sociale rappresenta solo il 5% del totale delle somme destinate all’inclusione dal Comune di Napoli. La parte restante è gestita dal terzo settore. Le cooperative sono un mondo interessante ma anche portatore di interessi. La nostra intenzione è esaltare la sussidiarietà attraverso una funzione di regia e di controllo. Il punto è che, purtroppo, col tempo la sussidiarietà orizzontale è diventato un modo per sottrarre risorse alle politiche sociali. Per noi il welfare è un investimento non una spesa.
Vita: Il Comune di Napoli guadagna gestendo direttamente il servizio?
Riccio: Sì. In termini di costi e di qualità del servizio. Contano sia il risparmio che la soddisfazione degli utenti. Le politiche sociali non si misurano a metro.
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