Welfare

Rifugiati picchiati e rimpatriati

Cir e Unhcr denunciano violenze da parte delle autorità italiane. Coinvolti anche donne e bambini

di Lorenzo Alvaro

La ricostruzione del Cir (Consiglio Italiano per i Rifugiati) e di Unhcr (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) racconta fatti di una gravità assoluta. Il 1 luglio scorso infatti 82 rifugiati e migranti sono stati consegnati, in alto mare, dalla nave militare italiana «Orione» a navi militari libiche per essere respinti in Libia. 76 di questi sono eritrei, di cui 4 donne e 3 minori. 33 di queste persone erano già state precedentemente riconosciute rifugiate sotto il mandato delle Nazioni Unite. Tutti gli altri, subito ammessi in vari centri di detenzione in Libia, hanno richiesto all’Unhcr di essere riconosciuti rifugiati.


Secondo le dichiarazioni di queste persone, rilasciate separatamente in diversi centri di detenzione al personale del Cir e dell’Unhcr, operante in Libia. almeno 8 eritrei hanno subito violenza fisica da parte dei militari italiani, al punto che 6 di loro sono stati ricoverati in ospedale a Tripoli. Uno di essi, detenuto nel centro di Zuwarah, ha addirittura riportato ferite alla testa provocate da bastoni elettrici, documentate anche fotograficamente. A tutti sono stati arbitrariamente sequestrati cellulari, documenti personali e denaro. Non appena i migranti si sono resi conto che sarebbero stati consegnati alle forze libiche hanno opposto resistenza e costretti con la forza al trasbordo.


Secondo l’Unhcr oltretutto le autorità italiane a bordo della nave non hanno cercato di stabilire la nazionalità delle persone coinvolte né tantomeno le motivazioni che le hanno spinte a fuggire dai propri Paesi.
Il Cir ricorda come, per ironia della sorte, negli ultimi anni migliaia di rifugiati e migranti sono stati salvati nel Mediterraneo da forze militari italiane, e che proprio la nave «Orione» si è distinta per particolare impegno e coraggio in operazioni di salvataggio.


La richiesta avanzata dalle associaizoni umanitarie è che sia fatta immediatamente un’indagine per chiarire gli eventi della notte tra il 30 giugno e il 1 luglio e che i responsabili di eventuali reati siano identificati.
«La politica di respingimento di rifugiati e richiedenti asilo verso la Libia deve subito cessare» ha dichiarato Christopher Hein, direttore del Cir. «Non è tollerabile che il Canale di Sicilia diventi una zona franca in cui nessuna legge è rispettata. Attraverso interviste con gli interessati in territorio libico, si è infatti evidenziato che le operazioni di respingimento delle ultime settimane hanno colpito principalmente persone bisognose di protezione internazionale».


I racconti hanno spinto L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati a scrivere una lettera al governo italiano per avere chiarimenti.

Le reazioni politiche.

Dura la dichiarazione del ministro per le Politiche europee Andrea Ronchi, che ha sottolineato come «la cosa che lascia maggiormente perplessi è che l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati abbia diramato un comunicato e lo abbia fatto senza procedere ad alcuna preventiva verifica con le autorità italiane delle versioni raccolte. Si tratta di accuse avventate, false, demagogiche, offensive e ripugnanti che offendono le nostre forze armate che nel mondo dimostrano ogni giorno la loro moralità, la loro dedizione, umanità, competenza e sacrificio». Altrettanto dura la replica di Livia Turco, capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera: «È una vergogna che all’Italia sia stata fatta richiesta di chiarimento sul rispetto dei diritti umani degli immigrati. È il governo della destra che espone l’Italia a questa umiliazione con le scelte fatte in materia di immigrazione, basate sulla paura e sulla creazione di un capro espiatorio.
Questa maggioranza non ha niente a che fare con la tradizione italiana di accoglienza che conosce bene i fenomeni dell’immigrazione e dell’emigrazione. Il governo chiarisca al più presto».


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