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La class action che non piace ai consumatori
La nuova versione bocciata dalle associazioni
«Non sarà di alcuna utilità nell’accrescere la tutela dei consumatori contro le furbizie, i raggiri e le truffe» (Adiconsum). «Una manovra contro chi viene truffato ed un aiuto a chi ha volutamente e pervicacemente truffato» (Federconsumatori). «È evidente come i nostri politici e i nostri governanti abbiano ceduto alle pressioni di Confindustria, che ne ha influenzato fortemente le scelte» (Codacons). «Un testo annacquato» (Altroconsumo). «Le modifiche hanno peggiorato un testo che già presentava aspetti controversi» (Movimento Consumatori).
Sono solo alcune delle reazioni delle associazioni dei consumatori all’approvazione del ddl sviluppo che contiene, al suo interno, anche l’avvio della class action a partire dal 1 gennaio 2010. Con una prima sostanziale modifica rispetto al testo originale: la non retroattività. «La legge consente ai cittadini di promuovere cause collettive per ottenere il risarcimento di danni», spiega una nota di Altroconsumo, «ma soltanto i danni futuri alla pubblicazione della legge: questo vuol dire che ne sono esclusi tutti i cittadini che hanno avuto bollette Telecom gonfiate, le vittime dei crac Cirio e Parmalat (oltre 4.000 quelli che si sono rivolti ad Altroconsumo), chi non ha potuto esercitare gratuitamente la surroga del mutuo… anche inpresenza di condanne dell’Antitrust».
«Non tutti i mali vengono per nuocere», ha commentato Massimiliano Dona, Segretario generale dell‘Unione Nazionale Consumatori. Il rinvio al 2010 permette «di ripensare meglio questa norma se vogliamo evitare che alla lunga attesa segua una beffa peggiore, cioè quella di ritrovarsi tra le mani uno strumento inutile per difendere i diritti collettivi dei consumatori», spiega Dona. «Il serrato impegno della lobby confindustriale ha condotto ad un ultimo testo insoddisfacente perché riscrive i fondamenti della class-action italiana spogliando le Associazioni dei consumatori del potere di agire in via risarcitoria in caso di danni seriali. Secondo la versione recentemente approvata, infatti, le rappresentanze dei consumatori, non potranno attivarsi in nome proprio, ma dovranno sperare che qualche singolo consumatore danneggiato prenda l’iniziativa di caricare sulle sue spalle la tutela di interi gruppi di interessati e ciò è impensabile nella pratica».
Il Codacons, addirittura invita il Parlamento a non introdurla nel nostro ordinamento perché i consumatori preferiscono rinunciare ad una class action così. «È evidente come i nostri politici e i nostri governanti abbiano ceduto alle pressioni di Confindustria, che ne ha influenzato fortemente le scelte», attacca il presidente Carlo Rienzi. «Semmai si volesse proseguire nello sciagurato proposito di introdurre questa class action difettata e da terzo mondo, consigliamo di introdurne la decorrenza solo a partire dall’anno 2043, così da non creare fino a tale data problemi alle imprese».«Dal canto nostro – conclude il Presidente Codacons – proseguiremo a intentare migliaia di cause individuali contro le imprese, e tanto peggio per loro che saranno costrette a sostenere costi ben più elevati rispetto alle cause collettive”».
Per Adoc sta diventando un gioco che va a danneggiare i consumatori e a premiare le imprese scorrette. «Il vero problema della norma sulla class action è la sua applicabilità», dichiara Carlo Pileri, Presidente dell’Adoc, «la versione precedente non era proprio quello che auspicavamo, ma questa è ancora più limitativa. Praticamente un passo indietro, per le Associazioni dei consumatori non è previsto alcun ruolo nell’avvio dell’azione risarcitoria collettiva, benché il nostro coinvolgimento sarebbe stato una garanzia per il buon esito dell’azione. I continui rinvii, inoltre, stanno trasformando la class action in un gioco pericoloso per i consumatori che vengono, ancora una volta, defraudati di un prezioso e fondamentale strumento di tutela giuridica a difesa dei loro diritti. A tutto vantaggio delle imprese che operano in modo scorretto sul mercato e a danno anche delle imprese oneste e virtuose».
Spiega Monica Multari, legale del Movimento Consumatori. «È grave che il Governo, autore dell’emendamento non abbia considerato in alcun modo le proposte delle associazioni e abbia licenziato un testo che rischi di diventare inapplicabile».
Secondo Adiconsum questa class action non è di alcuna utilità nell’accrescere la tutela dei consumatori contro le furbizie, i raggiri e le truffe. Questo giudizio così drastico è dovuto al fatto che, sintetizza Adiconsum:
– la possibilità di attivare la procedura dell’azione collettiva è riservata ai consumatori e non alle associazioni consumatori riconosciute dal Ministero stesso come negli altri Paesi;
– la possibilità di ricorso è limitata ad interessi identici, restringendolo quindi a casi eccezionali, poiché nella realtà non esistono interessi identici, ma omogenei;
chi attiva la procedura corre il rischio di risarcire l’impresa nel caso in cui l’azione collettiva non sia ammessa dal giudice (il c.s. danno punitivo);
– i consumatori devono farsi carico di tutte le spese di pubblicità (e non di informazioni) stabilite dal giudice;
– una procedura che ha come conseguenza la paralisi dei tribunali, poiché ogni consumatore coinvolto dovrà depositare lì la propria documentazione probatoria;
– infine, se il risarcimento verrà ammesso dal giudice questo sarà correlato a quanto previsto dalle c.d. Carte dei servizi che prevedono solo risarcimenti simbolici
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